Duecento anni fa la scomparsa dell'abate Luigi Bellò, suo il merito di aver portato a Cremona le 108 incisioni di Rembrandt conservate in Biblioteca
Il prossimo anno sarà il secondo centenario dalla scomparsa dell’abate Luigi Bellò (1750-1824), latinista, letterato, raffinato collezionista d’arte, maestro di più generazioni di cremonesi, benefattore della città. Bellò, nato a Codogno dal giureconsulto e notaio Ferdinando e da Antonia Rinaldi, all’età di quindici anni fu mandato a studiare nel collegio dei Gesuiti di Cremona.
Nel 1773, al momento della soppressione dell’ordine, ottenne la cattedra delle umane lettere al Ginnasio cittadino, diventano in seguito Reggente delle Pubbliche scuole. Aveva una vasta cultura letteraria e fu anche un buon scrittore, e inoltre si impegnò anche politicamente nell’amministrazione della sua città a partire dal 1796, soprattutto negli ultimi trent’anni di vita. Stimatissimo dai cremonesi, a lui si deve anche l’ampliamento della collezione della biblioteca, che Bellò riteneva insufficiente per le esigenze della città, e si adoperò dunque per far rimpinguare il suo patrimonio librario (anche se lo fece a spese della raccolta antica, parte della quale fu venduta: si trattava però di una prassi non biasimevole per la mentalità dell’epoca, poiché la vendita del nucleo antico era ritenuta necessaria per dotare gli studenti cremonesi di strumenti moderni e aggiornati). Unanimemente considerato al suo tempo come l’erede naturale del poeta latino del Rinascimento Marco Gerolamo Vida, assai apprezzato da Parini e da molti altri letterati ed insigni esponenti della cultura fra Lumi e Restaurazione, tradusse con fine perizia opere di Vincenzo Monti e di Alessandro Manzoni. Cultore delle belle arti, fu in contatto con importanti artisti e commercianti d’arte della sua epoca ed allestì una pregevole collezione in cui si segnalava il prezioso nucleo delle 108 incisioni di Rembrandt, oggi conservato presso la Biblioteca Statale di Cremona, che costituisce una delle più interessanti raccolte di stampe dell’artista olandese in Italia. Nonostante il suo talento letterario, per un’invincibile ritrosia che affondava le radici in complesse motivazioni di ordine psicologico, pubblicò solo una minima parte della sua produzione. Addirittura, prima di morire, decise di dare alle fiamme tutte le sue carte e di ordinare nel testamento la distruzione dei suoi scritti superstiti collezionati da amici e seguaci. Fortunatamente il suo dettato non fu seguito e parte significativa delle sue poesie e delle sue epigrafi è stata salvata, consentendoci un giudizio abbastanza sicuro circa le sue qualità di scrittore. Visse in un momento cruciale per la vita della città, dell’Italia e dell’Europa: lo spazio della sua esistenza si estese fra l’età dei Lumi, la Rivoluzione Francese, la tempesta napoleonica e la Restaurazione. Ciò rende il racconto del suo itinerario e l’indagine sulla sua opera particolarmente significativi nell’ottica dello studio della storia cremonese fra Sette e Ottocento.
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