Fotografi inglesi alla ricerca dei segreti della "casa del ragno" sul viale Po, un monumento straordinario ignorato dai cremonesi
Venerdì scorso, due fotografi inglesi (marito e moglie) sono stati diverso tempo a fotografare in viale Po 34 e 36, la cosiddetta "casa del ragno". Dopo due ore erano ancora alle prese con macchine e teleobiettivi per cogliere anche il particolare più piccolo di questa costruzione. Ovviamente abbiamo chiesto le ragioni di questo interesse per questa casa che molti cremonesi hanno ritenuto "bizzarra" e per certi versi inquietante. La definizione che loro hanno dato è stata: "un edificio fantastico, pieno di allegorie che meritano di essere conosciute e studiate". Ovviamente abbiamo chiesto cosa altro avessero fotografato a Cremona ma la risposta è stata: non siamo turisti ma fotografi professionisti. Quindi avete avuto un committente che vi ha chiesto le fotografie, Risposta. "Sì, ma il nome è top secret così come il progetto". E poi via agli ultimi scatti: al ragno, ai levrieri, al pavone con la coda aperta, alle quattro figure delle stagioni (autunno e inverno maschili, primavera ed estate femminili), alla torretta.
In attesa degli sviluppi riproniamo le foto e l'articolo che Antonio Leoni scrisse nel 2005 in occasione con il recupero di Villa Stuck a Monaco di Baviera collegandolo alla "casa del ragno".
Sicuramente la ristrutturazione di Villa Stuck suscita non poca invidia in noi cremonesi costretti a difendere a denti stretti (magari proprio con l’ausilio di una grande esperta tedesca) la grande opera razionalistica di Carlo Cocchia per Palazzo dell’Arte (altrove - lo abbiamo letto - si recuperano e si ricostruiscono persino i minimi dettagli, qui si vogliono alterare con vetro e corridoi sospesi, con ascensori e roof garden - letteralmente “giardino coperto” - le espressioni più significative del razionalismo di Cocchia, come il movimento delle ombre sui muri in cotto e la illuminazione, davvero straordinaria e attualissima, degli interni con luce naturale finché il giorno la consente: incredibile ma vero!).
Perché la casa del Principe monacense si collega alla Casa del Ragno come richiamano gli stessi e non inconsapevoli colleghi tedeschi?
Perché si riallaccia nobilmente, sia pure in diverse dimensioni e persino in un’altra epoca (ma non per ispirazione eclettica che proviene direttamente dal liberty e da conoscenze mitteleuropee) alla villa del principe Stuck.
La “Casa” di viale Po fu analogamente realizzata nel 1928 non da un architetto o ingegnere, ma da un artista, lo scultore cremonese Anselmi su suo progetto , disegni e sculture che trionfano in tutto l’esterno e nella straordinaria anticamera.
Non ebbe vita facile presso le autorità comunali che la consideravano una bizzarria di artista. In proposito, Ugo Gualazzini, il quale faceva parte della commissione edilizia dell’epoca, riferì che lo scultore venne addirittura preso in giro perché, nella sua inesperienza progettuale e tutto preso dalla furia creativa, aveva dimenticato le... scale!
Ma Anselmi era un artista deciso portò a termine il suo lavoro e consegnò la “Casa del Ragno” alla sua famiglia che la abitò fino agli inizi della seconda guerra mondiale. Venne poi occupata da un distaccamento dalle truppe tedesche che comportandosi ben diversamente di quanto non sia avvenuto a Monaco in questi anni, devastarono soprattutto la parte superiore della villa, in particolare la singolare torretta sulla quale installarono antenne di comunicazione radio. Ma era la Guerra e c’era l’occupazione.
In condizioni tutt’altro che felici, ma con tutto l’amore che evidentemente deriva da una profonda sensibilità, la villa fu acquistata alla fine del conflitto dalla famiglia Biazzi (ed ora è curata dall’esimio allergologo dott. Ernesto Biazzi). Gli attuali proprietari rimediarono ai danni soprattutto ai piani bassi e all’esterno, procedendo anche, abbastanza di recente, ad una ripulitura delle sculture esterne (dove forse si è esagerato con la copertura bianca abbacinante del gesso).
Cremona è rimasta abbastanza indifferente a tutto. Più una curiosità da mostrare ai bambini quando si faceva la passeggiata sul Viale che un esempio di invenzione architettonica.
Non così, invece, l’Associazione “In Arch” che agli inizi degli anni novanta indisse un convegno a Cremona, guidata dall’architetto Giuliano Guiducci e ispirata dal grande Zevi.
Su questa spinta, alcune riviste di settore si occuparano della “Villa del Ragno”.Ma i giudizi positivi non smossero più di tanto. A proposito di pareri, è pure significativo, per i giudizi che esprime, non del tutto condivisibili, ma assolutamente suggestivi, un libro del 1975, che riteniamo oggi introvabile, dal titolo “Graffiti del Ventennio” , (SugarCo edizioni, autore Plinio Ciani) che si occupa delle singolarità dell’architettura mussoliniana e dunque include tra le opere ispirate dalla volontà di dare l’impronta del regime alla architettura del periodo, anche la “Villa del Ragno” alla quale dedica alcune pagine illustrandone i particolari più curiosi o significativi.
Ciani si accorge peraltro che non si tratta di un architettura fascista: ed allora corregge il tiro parlando piuttosto di fantastica e dannunziana “casetta di Cremona, gravata da simbolismi oscuri, da pittoresche decorazioni e da bizzarri esotismi” (in particolare i richiami egiziani e l’ingresso, definito un “pronao le cui colonne gravano su una specie di sfinge e su un groviglio di irrequieti esseri umani”). Ciani insiste nel definirla “un’emanazione conclamata del gusto dannunziano. E scrive ancora:” Comunque sia, non ci sembra che vi sia in Italia monumento più tipico ed evocatore del gusto del ventennio: di quel gusto, per intenderci, non ancora funzionale e razionale, nudo fino all’eccesso, ma ancora ispirato all’eclettico e al liberty. Ma l’abbiamo già definita dannunziana » e abbiamo detto tutto o quasi tutto: solo le immagini, con il ragno tenebroso della porta (in realtà a mezza facciata... ndr), i viluppi simbolici - e di ben oscuri simbolismi - che si aggrovigliano ai pilastri della recinzione, le strane raffigurazioni aggrappate ai muri e che sembrano nascerne quasi spontaneamente come mostruose figliazioni e, last but not least , la pagodina assurdamente orientale che spicca sull’attico, potranno dare al lettore un’idea adeguata di questo monumento, ideato e concepito dallo stesso proprietario - il nonno dell’attuale (non è così, come abbiamo già precisato) - ed eseguito da non affatto ignobili artefici...”.
Più precisamente, - secondo noi - in uno studio sull’architettura fascista, si esprime brevemente Michele de Crecchio, il quale - ricordando che si tratta dell’ “opera unica di un artista singolarmente irrequieto” - afferma che la “Villa del Ragno” risente di numerosi e fecondi richiami al gusto viennese ed all’espressionismo.
Bisogna considerare che questi fenomeni e la stessa concezione del liberty, come spesso avviene in provincia ed a Cremona in particolare, possono essere stati digeriti e mutuati con notevole ritardo rispetto ad altri paesi e città europee, giustificando così il fatto che una simile opera sia sorte nel 1928, con un ritardo di qualche lustro rispetto a imprese del genere. Molto opportuno è comunque il richiamo, che giunge anche da Plinio Ciani, alla maestria degli artigiani che la realizzarono. i maestri muratori che eseguirono il muro a scarpa, gli splendidi mattoni di un impresa industriale in progresso, i decoratori e gli ebanisti furono tutti uniti verso un traguardo che definisce professionalità e manualità davvero sensazionali come purtroppo, salvo quasi introvabili eccezioni, a Cremona ed anche altrove non esistono più.
Certo, Villa Stuck è un’impresa ben più considerevole, anche per la risorse finanziarie del principe che la realizzò, il ricchissimo pittore Franz von Stuck, ma è assolutamente giustificato collegare la villa cremonese, come avviene a Monaco, alla temperie di un’epoca e a queste figure di artisti che si muovevano a tutto campo. E’ a questo scenario che il nostro Anselmi cercò di riunirsi con la sua personale e testarda impresa.
Dunque è in un’ottica storico - artistica di grande importanza che si deve godere e considerare la “Casa del Ragno”, oggetto - ci dicono - anche di una recente tesi di laurea della quale non siamo riusciti, purtroppo, ad individuare gli autori .
L’amore del dott. Ernesto Biazzi ci garantisce che la rinnovata attenzione non porterà ai danni da temere per il ritrovato Palazzo dell’Arte. In ogni caso, a questa casa va rivolta una attenzione che immeritatamente quasi tutti i cremonesi e i visitatori della città le hanno negato.
Antonio Leoni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
Giorgio
16 maggio 2022 12:36
Mi parlò della casa del ragno Nunzio Anselmi nipote dell'Anselmi artista e storico segretario del teatro Ponchielli nel '900. Il ragno secondo Nunzio doveva rappresentare il fascismo che aggredisce la farfalla simbolo di libertà. La storia si complica con il ricordo della famiglia committente che si trasferì in America ma che sfuma purtroppo negli anni.
Emanuela
17 maggio 2022 09:15
La casa del ragno, per chi nell’infanzia ha frequentato come me la scuola elementare Claudio Monteverdi, rappresenta il senso del mistero e un’arcana paura, come quella che deriva da un insondabile incubo. Noi bambini degli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento ne affrontavamo la presenza con riverito timore, perciò credo ne lèggessimo il significato della libera farfalla aggredita dalla realtà esterna del potere. Grazie a CremonaSera per la pubblicazione dell’articolo del2005 di Antonio Leoni e a Giorgio che ha scritto il commento precedente.
François
18 maggio 2022 19:24
È un miracolo che sia sopravvissuta alla "cultura" urbanistica degli anni '60/'70 che avrebbe visto di buon occhio un bel condominio simile a quelli che sorgono sullo stesso lato del viale...