Iniziati i lavori di restauro della Chiesa di San Siro e Sepolcro di via Aselli. Il parroco don Foglia: "Sarà un intervento conservativo". Termine lavori entro la fine dell'estate
Proprio nelle scorse ore sono inziati i lavoti di restauro della Chiesa di San Siro e Sepolcro di via Aselli. "Abbiamo in programma il rifacimento dell'intonaco esterno e il consolidamento esterno, sia sulla facciata che sul lato esterno di destra. - spiega il parroco Don Andrea Foglia - "Sarà un intervento di carattere conservativo. Si lavorerà anche sui canali di scolo e sulle gronde. Quando l'intonaco sarà ripristinato, si provvederà alla ritinteggiatura di giallo chiaro, come indicato dalla Sovrintendenza. La chiesa sarà pronta entro la fine dell'estate." ha commentato il sacerdote.
Alcuni storici farebbero risalire la fondazione della chiesa alla regina Teodolinda, moglie del re longobardo Agilulfo che nel 603 conquistò (e distrusse) parte della città. La regina, di fede cattolica, incoraggiò la ricostruzione di Cremona e favorì la nascita di nuove Basiliche. Fra queste anche quella appunto dedicata al patrono di Pavia, il protovescovo Siro, centro e capitale del regno longobardo. Un'altra teoria ne attribuirebbe invece la costruzione alla volontà del Diacono Siro, artefice anche di un ospdale dedicato al Santo Sepolcro. Motivo per cui nel 1451, quando questo pspedale venne annesso all'Ospedale Maggiore, si aggiunse alla chiesa la seconda intitolazione divenendo quindi "San Siro e Sepolcro". Nei secoli la chiesa ha subito diverse ricostruzioni, fino all'attuale conformazione che risale al 1614. Tra le molte opere ospitate è interessante segnalare la presenza di una statua attribuita al Bertesi dedicata a S.Eusebio. Il santo, un nobile cremonese allievo di San Girolamo vissuto nel IV secolo, è la prima testimonianza della diffusione del cristianesimo in città. Secondo alciuni storici, peraltro, proprio in prossimità dell'attuale ingresso della chiesa alcuni storici ipotizzano risiedesse Giovanni Baldesio. Salì agli onori delle cronache nella seconda metà del '700, tanto da convincere il chimico olandese Jan Ingeshouzs a studiarne il campanile per diversi mesi, dopo che rimase indenne da un fulmine che ne colpì la punta. I suoi appunti sul prodigioso campanile e su ciò che potrebbe aver evitato danni alla struttura vennero inviati niente meno che a Benjamin Franklin, fresco dell'invenzione del parafulmine (Leggi qui). Franklin rimase esaltato dalla chiesa cremonese.
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