21 settembre 2023

Dalla chiesa di San Siro al Cittanova, in quei 500 metri le storie cremonesi di grandi uomini: Franklin, Ingeshouzs, Jefferson, Adams

A volte i curriculum sono difficili da comprendere, così come sono difficili da scrivere. Camminando per la città si può faticare nel comprendere tutte quelle piccole parti di storia che fanno il curriculum di una città, ammesso che si voglia affrontare l'esercizio storico e sociale di creare una storia cittadina che sia diversa, magari integrante, a quella spesso più conosciuta.

La chiesa di San Siro e Sepolcro, in piazza Giovanni XXIII, dista in linea d'aria circa 500 metri da Palazzo Cittanova, per farlo, con il beneficio di una certa approssimazione, basta prendere una di quelle carte cittadine e, alla vecchia maniera come quando si andava a scuola, un righello. Si guarda la scala e si misura, in linea d'aria sono circa 500 metri, con un mezzo di trasporto che siano le gambe o altro, la distanza e il tempo per percorrerla cambia; a volte si dilata parecchio mentre altre . L'anno 1776 dista poco più dieci anni dal 1788, distanza abbastanza lunga se la si vuole percorrere camminando ogni giorno, estremamente breve se la si osserva come curriculum di una città millenaria. La storia di una città parte da queste due distanze, una in metri e l'altra in anni, perché queste due distanze, legate tra di loro, legano persone eccezionali alla storia della città. Jan Ingeshouzs era un chimico olandese, uno di passaggio, uno che conta poco se si esclude che è stato colui che ha scoperto il perché abbiamo bisogno delle piante e della luce per vivere. Jan conta poco e nessuno lo conosce eppure è stato colui che è riuscito a scoprire il legame tra la luce e la fotosintesi clorofilliana oltre scoprire il processo della respirazione cellulare delle piante. A margine di questo, che non è cosa esattamente “da poco”, fu colui che riuscì a rendere sicura la vaccinazione contro il vaiolo e a diventare quindi il medico di Maria Teresa d'Austria. Jan era a Cremona nel 1782 e non propriamente di passaggio, perché si fermò per mesi a studiare il campanile della chiesa di San Siro che era uscito indenne nonostante il fulmine che l'aveva colpito sulla punta nell'agosto del 1777. Scriveva lettere e descriveva il campanile di una chiesa cremonese il chimico olandese, le lettere attraversavano l'oceano Atlantico e finivano sulla scrivania di un altro scienziato quasi di passaggio, Benjamin Franklin, che aveva inventato il parafulmine e introdotto l'ora legale per “risparmiare sul consumo delle candele”. Benjamin era esaltato da quelle lettere e da quell'esperimento nato per caso a Cremona, casualità che poteva far capire molto sulla energia elettrica secondo i parametri di allora. Prendeva carta e penna e rispondeva a Jan con missive indirizzate a Cremona per tornare subito alla politica e, in quanto Padre Fondatore degli Stati Uniti, discuteva con Thomas Jefferson, fin dalla dichiarazione d'Indipendenza del 1776, sulla Costituzione degli Stati Uniti e sui rapporti da mantenere con i paesi europei. Thomas Jefferson, prima di diventare Presidente degli Stati Uniti, parlava con Benjamin per poi suonare il suo amatissimo violino cremonese, verosimilmente opera di Nicolò Amati, dal quale non si sarebbe mai separato per nulla al mondo, tanto da fare i debiti per poterlo riscattare da un banco dei pegni all'inizio della sua carriera. Ma Jefferson era affascinato dalla semina che aveva fatto nella sua villa a Monticello, era ammaliato dalla bellezza dei semi di lino cremonesi, unici al mondo secondo lui; costavano un po' più degli altri ma facevano nascere vegetali eccezionali dove il bellissimo colore azzurro del loro fiore era immediatamente riconoscibile tra infinite varietà. Da futuro Presidente degli Stati Uniti nel parlava con un altro presidente, tale John Adams che sarà il primo presidente, quello eletto dopo la fine dei due mandati di George Washington, a mettere piede alla Casa Bianca. Parlavano di Cremona i due Presidenti, parlavano di come si fosse sviluppato un pensiero di indipendenza politica tra la Città Nova e la Città Vecchia e i due discutevano animatamente su come venivano gestite a Cremona le alleanze tra il XII e il XV secolo, John vedeva a Cremona una Città Nova che doveva trovare prima di tutto un equilibrio con quella Vecchia per poi aprirsi all'esterno, Thomas pensava che alleanze con altre città avrebbero portato la Nova a sviluppare poi una posizione di maggior forza verso la Vecchia. Il Presidente Adams vi aveva scritto un testo mica da poco su quella Cremona e sulla storia di una indipendenza di popoli e idee, testo che aveva mandato in Francia, come monito per la corte di Luigi XVI che conosceva bene, nell'autunno del 1788. Quello che accadde pochi mesi è parte della storia. Per scrivere quel testo portò sempre con sé, anche al suo arrivo come primo inquilino alla Casa Bianca, il libro di Antonio Campi “Cremona Fedelissima”, libro che finì nella prima biblioteca dei Presidenti e che lesse anche suo figlio John Quincy Adams, poi divenuto il sesto Presidente degli Stati Uniti. C'è un curriculum eccezionale in 500 metri e poco più di dieci anni a Cremona, un curriculum da valorizzare fatto da uomini incredibili che, volente o nolente, si sono legati alla storia di una città. Un curriculum che raramente si può trovare in altre città. 

Nella foto Thomas Jefferson, John Adams, Benjamin Franklin e Jan Ingeshouzs

Marco Bragazzi


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti