11 febbraio 2025

La scuola di balletto classico della maestra Margherita Diotti, da cui sono passate generazioni di bambine con il sogno di diventare Carla Fracci. Ricordo controcorrente della figlia Erma Savoca

Adesso, in città, le scuole di ballo sono una ventina. Cinque decenni fa, invece, erano giusto un paio e venivano indicate o con il nome della loro sede o con quello della titolare. In quel periodo, su Canale 5, non andava in onda “Amici” di Maria De Filippi ed Alessandra Celentano non era considerata la maestra più temibile della televisione italiana. Le adolescenti sognavano con i film “Fame”, “Flashdance”, “Footloose”, “Dirty Dancing” e, su RaiDue, non si perdevano una puntata della serie “Saranno famosi”. I veri appassionati erano però coloro che, nella bella stagione, verso mezzogiorno, rimanevano incollati alla tv, per seguire, su RaiUno, la rassegna “Maratona d’Estate”, a cura della critica Vittoria Ottolenghi, con lo scopo di ammirare le meravigliose performances di mostri sacri come Margot Fonteyn, Rudolf Nureyev, il “tartaro volante” e le raffinate coreografie firmate, tra gli altri, da Maurice Béjart. Era il momento d’oro di Carla Fracci, che, oltretutto, aveva vissuto a Volongo.

A Cremona, l’insegnante di balletto classico più conosciuta si chiamava Margherita Diotti: era stata lei la pioniera nel settore ed aveva avviato una sua attività, in via Cadolini. Intere generazioni di bambine cremonesi - qualcuna proveniva persino dai paesi del circondario e dal Piacentino - hanno frequentato le sue lezioni, che poi si sono trasferite al Circolo culturale Fodri (dove le subentrerà la “rivale” Lyda Bianchi), alle Canossiane, in via Ruggero Manna ed infine all’istituto Buon Pastore, in via Borghetto. Del resto, allora come oggi, per la fase “Sarò ballerina”, passavano più o meno tutte. In sala prove, Margherita indossava sempre un body verde acqua o fuxia, abbinato ad un gonnellino da danzatrice della medesima tonalità, così che, le rarissime volte in cui capitava di incrociarla in … borghese, si restava vagamente disorientati. Il viso minuto, il portamento aggraziato, il fisico asciutto, i capelli castano chiaro sempre tirati indietro, in un’impeccabile coda di cavallo, rimandavano ad un universo ben preciso, cui cercava di accompagnare, con piglio deciso, le sue scolare, di un’età compresa, approssimativamente, fra i tre ed i vent’anni. Erma Savoca, classe 1971, operaia, conferma: “Mia mamma respirava danza: per lei, praticarla era vita, disciplina. Ripeteva di aver studiato presso Anna, un’étoile ungherese, che abitava a Milano e che aveva conosciuto grazie a mia nonna, di origini magiare. Sono cresciuta ascoltando le opere di musicisti di fama internazionale, mentre le mie compagne erano fan di cantanti pop, di cui io ignoravo persino la faccia”. Margherita Diotti era piuttosto severa. Incantava quando, con un’espressione assorta e concentrata, si isolava dal mondo, per ripassare, marcare mentalmente i numeri, con lievi, impercettibili cenni del capo, del braccio, di una gamba o con lo spostamento di un piede. La scaletta dei due incontri settimanali, prevedeva un riscaldamento a terra – lo stretching, per effettuare gradualmente la spaccata -, la sbarra e gli esercizi, con l’accompagnamento musicale offerto da un mangianastri: port de bras, rond de jambe, pas de chat, plié, arabesque, sissonne, effacé, pirouette... Buona parte dell’impegno veniva riservata al paziente allestimento dello spettacolo, che si teneva, in Primavera, al teatro Ponchielli e, quando non fu più possibile, al Palazzetto dello Sport - il PalaRadi di Ca’ de’ Somenzi -, su pezzi intramontabili come lo “Schiaccianoci”, “Coppelia”, la “Barcarola”, “Il lago dei cigni”, “Giselle”, “Le Silfidi”. Le bimbe erano elettrizzate, perché finalmente potevano sfoggiare il mitico tutù, il dégas dal tulle svolazzante ed i costumi di scena, realizzati appositamente da una sarta; si acconciavano con uno chignon sormontato da una coroncina di fiori, fermata con mille forcine e venivano truccate: si trattava di minuscoli deragliamenti dalle regole e dalla quotidianità, che andavano a compensare il dolore provocato dalle scomodissime scarpette da punta. Erma spiega: “Ho iniziato a ballare al mio terzo compleanno e, in principio, amavo farlo proprio per l’abbigliamento, il trucco ed il parrucco. Poi, essere la figlia della docente si è trasformato in un inferno: mi era vietato pattinare o sciare con le mie amiche, perché avrei potuto farmi male. Non mi era neppure permesso di pettinarmi come mi piaceva. Dovevo essere un modello e mi sentivo in prigione. Ad un certo punto, mia madre fu costretta a chiudere, poiché, in prossimità del 1990, l’introduzione dei pomeriggi scolastici aveva reso difficile organizzare turni, con orari accettabili. Io ero quasi maggiorenne. Non andai nemmeno dalla parrucchiera: presi una forbice e mi feci la frangia. Ero libera! Che felicità! Davvero, non riesco ad essere obiettiva sull’argomento: ho sofferto troppo...”. Malgrado Erma sia arrivata ad odiarli, gli eventi conclusivi ideati da Margherita Diotti erano fantastici, in particolare i “secondi tempi”, in cui le alunne più esperte si esibivano in quadri di notevoli impatto e suggestione, nonostante il livello amatoriale delle giovani artiste. In tal senso, è diventata leggenda “La Bella Addormentata”, andata in scena alle 20:45 di Sabato 27 ed alle 15 di Domenica 28 Maggio 1978, con Monica Ravari nei panni della protagonista, vestiti, in passato, pure da Margherita. Il principe Desiderio en travesti fu Maria Grazia Teschi. I ruoli delle fate Amicizia e Lillà furono affidati, rispettivamente, a Giovanna Superti, che ora insegna Diritto ed Economia alle superiori e ad Elisabetta Reggiani, “la Betty”, che, per la Diotti, avrebbe dovuto proporsi alla “Scala”. L’intensa, drammatica Laura Fracassi fu una perfetta Carabosse, la strega: cattiva, ovviamente.

Sul quotidiano La Provincia del Martedì successivo, apparve una recensione anonima entusiastica, condita con un pizzico di retorica e corredata da una foto Faliva: “La signora Margherita Diotti che ha curato con la passione che ormai la contraddistingue e l’andamento didattico dei corsi e la preparazione finale, visibilmente commossa, non ha voluto rilasciare dichiarazioni se non il proprio personale compiacimento. Solo si è fatta scappare che ancora il giorno dopo è stata fatta segno di manifestazioni di simpatia da parte di spettatori che hanno visto in questo centro una palestra rigorosa ma validissima di educazione a una nobile arte”. L’articolo forse allude ad un grosso mazzo di rose, recapitato a sorpresa alla regista e coreografa, scomparsa nel 2013. Manco a dirlo, anche Erma Savoca interpretò la principessa Aurora nel “remake” del 1986 e, naturalmente, fu bravissima. Tuttavia, pare che per lei sia risultata ben superiore la soddisfazione di essersi tagliata, di netto e con le proprie mani, la frangetta che tanto aveva invidiato alle sue coetanee.

Fotografie: la Maestra Margherita durante la preparazione di uno spettacolo all’aperto; mentre dà indicazioni per una presa alla figlia Erma, nella parte di Aurora, ed a Valeria Lombardi, in quella del principe Desiderio en travesti (1986); in tutù bianco (1966); a terra, in una scena de “La Bella Addormentata”; in casacca verde - sulla destra -, con l’insegnante ed étoile ungherese Anna (1967), al termine di un saggio; ancora bambina, con il giovanissimo partner (1958). Le allieve della scuola al teatro Ponchielli (1977). Una classe alla sbarra (Erma è la prima a sinistra). Erma piccolina, con il dégas ed adulta, con uno dei suoi gatti.

Barbara Bozzi


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commenti


Erma

11 febbraio 2025 11:02

Ho le lacrime agli occhi, sarebbe piaciuto tantissimo a mia mamma. Grazie di cuore