26 gennaio 2024

La storia di Cecilia Roth, ebrea ad Auschwitz in fuga dal campo di Cremona e l'imbarco a La Spezia sulla Exodus. Le manifestazioni degli ex internati. Il suo racconto per il database sull'Olocausto

Il film Exodus è una pellicola girata nel 1960 che racconta la storia di una nave, la Exodus; la racconta tramite i suoi protagonisti principali, Paul Newman ed Eva Marie Saint oltre al premio Oscar, insieme alle varie candidature, che ricevette una volta presentato nelle sale cinematografiche.

La nave Exodus viene ricordata a livello storico perché nel 1947, partendo da La Spezia, tentò di forzare il blocco navale britannico per portare 4515 passeggeri di varie nazionalità, quasi tutti scampati all'Olocausto, in Palestina o, come viene ben spiegato nella pellicola, in Israele. Il blocco navale imposto dagli inglesi davanti alle coste del Mediterraneo orientale, proprio per non favorire l'accesso di profughi verso quelle terre, ebbe la meglio, la Exodus venne bloccata con la forza da parte di navi militari e i 4515 passeggeri arrestati e destinati verso altre mete.

Cecilia – o Celia - Roth parla per quasi 3 ore davanti ad una telecamera, ogni tanto il volto tradisce qualche emozione, la voce si intacca durante qualche passaggio e le serve un momento per riordinare le idee e i ricordi. Deglutisce la saliva e magari si esprime con una frase in tedesco invece che inglese, quasi come se la lingua natia servisse per far riaffiorare con lucidità i momenti che avevano scansionato la vita. L'intervistatrice, Donna Yankowitz, segue il ritmo con gentilezza; la Yankowitz, nella Cleveland degli anni '80, sta creando uno dei più corposi database sulle donne e l'Olocausto, e Cecilia Roth le sta raccontando la sua esperienza personale, drammatica come quella di altri milioni di donne, con il nazismo.

La storia di Cecilia sembra essere in linea con quella di altre sopravvissute allo sterminio, ma è una storia che raccoglie un passaggio ben differente che partiva da Cremona e che l'aveva accompagnata verso una seconda prigionia, cominciata nel 1947 dopo quella subita ad Auschwitz-Birkenau.

Cecilia nasce nel 1919 a Tiacevo, allora in Cecoslovacchia, zona che, nel marzo 1939, Hitler decise di invadere nonostante le rassicurazioni offerte ai vari leader europei soltanto 6 mesi prima, rassicurazioni che riguardavano il mantenimento e rispetto della sovranità dell'indipendenza del popolo cecoslovacco. E' il preludio della Seconda guerra Mondiale durante la quale, Cecilia, di origine ebraica, viene arrestata in Ungheria e separata dalla famiglia per poi venire spedita al campo di sterminio tristemente più famoso, Auschwitz. Il 27 gennaio del 1945 la Roth, da poco trasferita a Reichenbach per essere sottoposta a trattamenti medici sperimentali insieme ai pochi altri, apprende dell'abbattimento dei cancelli del tremendo campo di prigionia ad opera dell'Armata Rossa, dopo i primi aiuti dei medici statunitensi che arrivarono a Reichenbach per Cecilia comincia una nuova vita, percorso che, secondo le organizzazioni per i rifugiati, non poteva essere in Germania ma in un altro paese a scelta del singolo o di un nucleo familiare.

La fine della guerra arriva insieme alla scoperta che tutta la sua famiglia non esiste più, per la venticinquenne cecoslovacca comincia un nuovo percorso con il suo arrivo da clandestina a Milano, insieme ad un crescente numero di rifugiati, dove passerà cinque settimane prima di trovare una destinazione decisamente più stabile a Cremona. A Cremona la vita di Cecilia cambia, la narratrice racconta alla Yankowitz di come procedeva la quotidianità in quella città dove risiedeva temporaneamente; racconta di come, a suo vedere, l'area destinata ai rifugiati fosse, in tutto e per tutto, un kibbutz, in pratica una zona dove l'organizzazione del lavoro seguiva regole e responsabilità ferree, dove la comunità, che si ingrandiva progressivamente, vedeva a volte delle persone andarsene dalla città del Torrazzo, di solito verso gli Stati Uniti o qualche altro Stato dove potevano tentare di ritornare alla loro vita.

Cecilia resta a Cremona 14 mesi, all'inizio le strutture destinate ai profughi, in pratica l'area del parco dei Monasteri con la Caserma Pagliari, erano in condizioni non ottimali ma, con il passare del tempo, cominciarono ad arrivare le comodità per il ritorno ad una vita normale. La svolta arriva quando la ragazza decide di lasciare la città e di dirigersi verso la Palestina, per farlo si mette in contatto con il movimento clandestino che sta cercando di portare persone verso lo stato d'Israele, gli viene proposto di far parte del gruppo che partirà con la nave Exodus, Cecilia accetta.

La Roth lascia Cremona verso una città a lei sconosciuta e senza dichiarare la sua destinazione, arriva a La Spezia e sale sulla nave diventando una di quei 4515 passeggeri diretti verso il Mediterraneo orientale e diretta verso il blocco navale inglese. Verrà arrestata senza riuscire a mettere piede sulla terraferma e mandata, insieme ad altri, verso un campo di concentramento a Cipro. L'arresto la porta a dover decidere cosa fare, la sua scelta sarà quella di dirigersi verso gli Stati Uniti senza aver potuto raggiungere la Palestina a bordo della Exodus; riuscirà ad entrare in Israele solo dopo il 1948. Mentre Cecilia veniva arrestata a ridosso delle coste e internata a Cipro gli ebrei a Cremona scesero in piazza attraversando la città con cartelli di protesta nei confronti del governo britannico che aveva scelto il blocco navale per tutti i civili. Gli Stati Uniti rappresenteranno, fino alla sua scomparsa nel 2013, la destinazione definitiva di Cecilia dopo gli anni drammatici della sua seconda giovinezza partita con il suo arrivo a Cremona.

Nelle foto Cecilia Roth davanti alla telecamera e le manifestazioni degli ebrei a Cremona per chiedere di lasciar partire la Exodus per la Palestina

Marco Bragazzi


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