20 aprile 2024

Le storie di Ognissanti: ‘èl piuch e èl pülecch’ raccontate da Ferruccio Boari. Guarda il video

Alzi la mano chi conosce la storia ‘èl piuch e èl pülecch’. Mai sentita? Nessun problema, ci pensa Ferruccio Boari, che in questo terzo appuntamento col dialetto, ci leggerà questa simpatica storiella che parla appunto del piuch e èl pülecch, ossia il pidocchio e la pulce. Oggi Ferruccio, nipote dei gestori di quella che una volta era l’Osteria del Cavallo Bianco di Ognissanti, nato e cresciuto nella piccola frazione di Pieve San Giacomo, ci svela anche di essere il pronipote di Giovanni Lonati, celebre poeta dialettale cremonese di metà ‘800, autore del ‘Gazaboi’, vera e propria antologia del dialetto cremonese. Lo scopriamo perché proprio in casa di Ferruccio, tra tanti quadri e foto di famigliari ed antenati, troviamo un ritratto di Lonati che campeggia all’ingresso. 

Con il racconto di oggi, ci riporta indietro nel tempo a quando era un bimbetto e insieme agli altri ragazzini, passava i pomeriggi a giocare e stare insieme. In particolare ricorda questa storia strampalata e buffa, che si arricchisce di volta in volta di nuovi particolari diventando quasi una sfida alla memoria. «Ce la raccontava la Santa Gambarotti, che era una signora che veniva a ‘tendèr’ (intrattenere) noi bambini mentre le nostre mamme facevano cuocere i bombonini nel forno di mio papà».

Il Cavallo Bianco infatti era osteria, come detto poco sopra, ma era anche la bottega e l’unico forno a servizio di Ognissanti, delle altre frazioni di Pieve, ma anche Cella Dati, Torretta, San Lorenzo Mondinari. Il forno quindi diventava un grande punto di incontro di vivaci marmocchi dalle ginocchia sbucciate e i calzettoni tirati ben su, che seguivano le mamme sperando di sgranocchiare qualche biscotto appena sfornato. Naturalmente la paziente signora Santa (di nome e di fatto) per intrattenerli doveva ricorrere a qualcosa di divertente e stimolante e quindi tra le altre filastrocche, raccontava la storia del ‘piuch e èl pülecch’. Impossibile riassumerla in qualche riga perché, come tutte le storie e le filastrocche dialettali dei tempi passati, è un insieme di tante cose che apparentemente sono prive di senso, ma che raccolgono tutti gli oggetti, i mestieri, le abitudini della vita quotidiana, una vera e propria scuola anche per i più piccoli, oltre che, in questo caso, un ottimo esercizio di memoria. Ferruccio l’ha trascritta ricordandola ancora tutta proprio perchè l’ha imparata da bambino e si sa che, quello che entra nella testa da bambini, si impara più in fretta e non si dimentica più.  (3-continua, leggi qui la prima puntata e qui la seconda)

“Anche queste foto di Ognissanti sono state scattate dal dito indice di Lilluccio Bartoli”

Michela Garatti


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