Lo straordinario libro del 1925 della "National Terra Cotta Society": cari architetti se volete abbellire gli edifici degli States ispiratevi al cotto di Cremona
Esiste una bellezza che non può essere raccontata del tutto, un po' perché si tramanda nei secoli e poi perché è così ampia da diventare quasi impossibile riuscire a viverla integralmente. Toccherebbe al susseguirsi tra le generazioni scoprirla ed apprezzarla per poi raccontarla passo per passo a coloro che verranno, perché si creerebbe una forma di apprendimento, unico nel suo genere, che parte da ciò che ci circonda e che è realmente da apprezzare nel miglior modo possibile. Dietro quella bellezza vi sono – così come vi erano – persone che l'hanno formata e resa parte di un patrimonio unico e invidiabile, patrimonio che, purtroppo, parte delle generazioni successive tendono a dissipare, se non a distruggerlo, invece di valorizzarlo. La famosa e ormai scontata “società che cambia” nasce soprattutto da quel bello che viene – spesso volutamente – abbandonato, sostituito con un qualcosa di così anonimo da durare pochi mesi invece che secoli, è una società quasi incapace di valorizzare quella bellezza ma perfettamente capace di perderla di vista lasciando sul terreno quei valori stessi che hanno rappresentato la storia e il lavoro di moltissime persone. Esattamente un secolo fa, anno più o anno meno, un signore di New York metteva piede a Cremona, viaggiava pesante l'architetto Arthur Frederick Adams, girava con svariate valigie tirandosi dietro macchina fotografica, libri e vestiti, un carico mica piccolo dato che avrebbe dovuto passare quasi tutta l'estate in Italia, immortalando e raccontando quella bellezza che, ai tempi, per moltissime persone era racchiusa soltanto nelle fotografie o nelle biblioteche. Arthur era specializzato in belle arti ma il suo viaggio non era soltanto di piacere, pochi mesi prima aveva ricevuto un mandato chiaro e preciso: vai in Italia e racconta la storia della terra cotta, fotografa, descrivi, racconta, poi torna a New York che dobbiamo sviluppare un progetto unico e stupendo. Il mandato di Arthur non arrivava da un gruppo di annoiati riccastri che avevano bisogno di pavoneggiarsi in qualche club sulla Fifth Avenue raccontando la storia del cotto italiano e cremonese, ma gli era stato offerto direttamente dalla National Terra Cotta Society, una tra le più importanti istituzioni storiche statunitensi in materia di arte italiana. In una società odierna che tende ad usare inglesismi anche per descrivere il gatto domestico fa specie sapere che ai tempi, ma anche oggi, istituzioni artistiche statunitensi utilizzavano il nome italiano perché l'unico realmente in grado di valorizzare il senso di una associazione. Arthur gira il nord Italia immortalando quel cotto che aveva studiato e apprezzato negli anni, gira le città trovando strutture e angoli da inserire all'interno del progetto, c'è buona parte della pianura Padana impressionata dentro i suoi rullini, del resto c'è moltissimo da vedere e da raccontare. Tutto bene tutto lineare, il suo viaggio sta procedendo secondo programma, ma una volta messo piede a Cremona Arthur dà di matto, ma mica per tutti i centri commerciali che la circondano oggi anzi, verosimilmente, non li avrebbe neanche visitati. La Cremona del 1923 era letteralmente diversa da quella che aveva studiato sulle classiche fotografie che aveva visto, era la città cotto per eccellenza, immersa quasi totalmente in quella bellezza che l'architetto avrebbe dovuto descrivere. Durante la sua visita in città manca poco e Arthur finisce ricoverato, corre come un pazzo tra le strade cittadine alla scoperta di particolari fatti di quel materiale che a Cremona la faceva da padrone, fa decine di fotografie ma si rende conto che fotografare il cotto cremonese è un po' come contare i chicchi di riso in un sacco da 20 chilogrammi. In città rompe le scatole a cittadini, commercianti o chiunque gli capitasse a tiro per ottenere immagini senza persone che si intromettessero davanti all'obbiettivo a volte senza riuscirci; scopre nuove angolazioni o una luce diversa dal solito per immortalare le opere, gli basta semplicemente camminare per trovare particolari e bellezza tutta da vivere e da descrivere. Nelle sue annotazioni affronta un tema spinoso ma stupendo per uno storico d'arte, “Cremona avrebbe bisogno di un libro a parte per descrivere la storia del suo cotto”, la città si apre alla sua macchina fotografica, non solo con il Torrazzo o palazzo Comunale, ma anche con via Geromini o vicolo Cortese, piccoli angoli spesso dimenticati dagli stessi cremonesi ma che entrano senza forzature, anzi a pieno titolo, nel mandato della National Terra Cotta Society. Nel 1925 la National Terra Cotta Society darà alle stampe un volume impressionante dedicato alla storia del cotto italiano, nel tomo risaltano le 200 immagini tutte arrivate dai rullini di Arthur, accompagnate dalle brevi descrizioni annotate dallo stesso architetto. Un lavoro ciclopico di studio accompagnato da un investimento corposo ma di certo fruttifero, come quasi tutti gli investimenti ragionati che accompagnano la bellezza della storia. L'opera, secondo il mandato voluto dalla associazione, non aveva un semplice valore ludico ma servirà per proporre agli architetti statunitensi dettagli o fonti d'ispirazione per il loro lavoro. Il concetto di bellezza e di abbellimento di edifici statunitensi aveva trovato nel lavoro di Arthur il suo perché, la National Terra Cotta Society avrebbe valorizzato e proposto piccoli pezzi della storia italiana, anche quella cremonese, da inserire negli schizzi o nei progetti che avrebbero disegnato il profilo degli Stati Uniti nella prima metà del XX secolo. Per raccontare il cotto cremonese la National Terra Cotto Society sarà costretta a fare una selezione delle immagini che arrivavano dalla città, troppe e, seppur in bianco e nero, di una bellezza quasi unica, quella bellezza che andrebbe raccontata e spiegata anche ad un secolo di distanza ma che oggi sembra sempre più abbandonata. Il lascito della National Terra Cotta Society non andrà perso, due tra le più importanti facoltà di architettura degli Stati Uniti hanno presentato il progetto per un monumento di terra cotta dedicato a quella associazione dal nome italiano che aveva trovato in Italia, e soprattutto a Cremona, quella bellezza forte del lavoro dell'uomo e di un piacere secolare in grado di offrire emozioni.
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