Mentre a Cremona si discute ancora sul nuovo ospedale, Cucinella parla di "modello Cremona" da esportare anche a Bologna
Ancora aperto e divisivo il dibattito sul nuovo ospedale presentato pochi giorni fa dall'archistar Mario Cucinella. Mentre Cremona discute ancora sull'opportunità o meno di realizzarlo, sull'eventualità di ristrutturare quello esistente, fuori dai confini cremonesi si parla già di "Modello Cremona". E lo fa l'architetto Cucinella che, intervistato da "Il Resto del Carlino", ha solo parole positive sulle richieste ruotate attorno al bando per la progettazione del nuovo ospedale cremonese che unisce innovazione e sostenibilitò, sport e salute, contesto sociale e culturale. "Un edificio circolare e interconnesso di sette piani, immerso nel verde e con uno specchio d’acqua al centro, che non vanta solo servizi di diagnosi e cura, ma anche spazi di aggregazione, svago, cura della persona" si legge. "Anche a Bologna ci sono possibilità fantastiche, ma si continua a rimandare", puntualizza Cucinella.
La gara per realizzare il progetto cremonese se l’è aggiudicata MCA (Mario Cucinella Architects) in cordata con Artelia Italia, Milan Ingegneria e Land Italia: "Si è trattato di un bando ambizioso e visionario – racconta l'architetto –, perché non c’era solo l’esigenza di costruire un ospedale efficiente, ma si chiedeva un carattere architettonico forte. Aspetto non così comune. Un modello da prendere e replicare, insomma. Ma ci vuole coraggio...".
Nell'intervista si parla anche di città che cambiano, prendendo come termine di paragone Bologna e Copenghen, quest'ultima infatti ha un centro molto simile alla prima. "Per una pedonalizzazione completa ci sono voluti 25 anni. Perché è chiaro che i grandi cambiamenti non possono avvenire in cinque minuti: bisogna accompagnare la città. Un’operazione culturale che deve essere soprattutto graduale. - spiega Cucinella - Torno ancora una volta sul principio che è necessario avere una visione, per accompagnare i mutamenti sul medio-lungo periodo. Le città a cambiare ci mettono 30 anni: ci vogliono continuità politica, anche con sindaci di schieramenti diversi, e scelte condivise. Forse è la mancanza di quest’ultime la vera fragilità di Bologna".
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