8 aprile 2021

Nostalgia di Leonardo? Il codice Da Vinci nella Immacolata di Rivolta Il genio fiorentino ha lasciato il segno anche nel Cremonese

Se anche voi, dopo aver visto la miniserie televisiva “Leonardo” siete ora affetti da “leonardomania”, ed andate alla ricerca delle tracce lasciate dal grande genio fiorentino, fate un salto a Rivolta d’Adda. Guardando la facciata esterna dalle classiche linee tardogotiche quattrocentesche nessuno supporrebbe che l’interno della chiesa dell’Immacolata possa celare un’autentica rarità pittorica. Dopo l’interruzione dei restauri nel 1980 la piccola chiesa giace dimessa di fronte alla stupenda basilica di Santa Maria e San Sigismondo, uno dei gioielli del romanico lombardo. Ma la sua volta a botte interamente affrescata costituisce la più completa trasposizione del trattato leonardesco sulla pittura, ideato dal grande artista toscano tra il 1489 ed il 1490 con lo scopo di fornire ai propri allievi un supporto teorico sul quale fondare la propria arte. Fino a quel momento la decorazione delle volte nelle chiese lombarde era generalmente realizzata con ricorrenti motivi ornamentali, mentre già da un paio di secoli era diffuso l’uso di affrescare immagini sacre entro le finte finestre circolari lungo la navata delle chiese. Era poi un’usanza tipicamente lombarda quella di impiegare nei palazzi privati tavolette da soffitto con dipinte serie di figure maschili e femminili a mezzo busto nelle fogge del tempo, poste in corrispondenza con le travi del tetto spesso in posizione inclinata per favorirne la lettura.  In verità, già qualche anno prima nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Murano figure di santi e profeti a mezzo busto chiusi in un tondo erano già state utilizzate per una serie di pannelli quadrati che rivestivano il soffitto. E’ probabile che questo esempio fosse noto agli ideatori del ciclo di Rivolta, anche se in questo caso viene operata una scelta del tutto rivoluzionaria, lasciando perdere ogni richiamo ad immagini sacre, ma adottando invece una scelta decorativa del tutto svincolata da qualsiasi riferimento iconografico, con una soluzione che Giulio Bora definisce del tutto “profana”. Su questa straordinaria tavolozza è rappresentato nel modo più completo fino ad oggi conosciuto l’insegnamento rivoluzionario di Leonardo: “Li accidenti mentali muovono il volto de l’uomo in diversi modi, de’ quali alcuno ride, alcuno piange, altri si rallegra, altri s’atrista, alcuni mostra ira, altri pietà, alcuni si maraviglia, altri si spaventano, altri si dimostrano balordi, altro cogitativi e speculanti. E questi tali accidenti debbono accompagnare le ami col volto, e così la persona. Fa che i visi non sieno d’una medesima aria, come nei più si vede operare. ma fa diverse arie, secondo l’etadi e complessioni, e nature triste o buone”.

La nota di pagamento, datata 1506, del ciclo di affreschi, ha permesso di identificare quali autori del ciclo Martino Piazza e Giovan Pietro Carioni. I 104 tondi che costituiscono la decorazione della botte rappresentano un vero unicum per invenzione, originalità, sterminata varietà delle pose, espressioni, tipologie dei personaggi raffigurati. Per alcuni tondi il preciso riferimento ai disegni di Leonardo mette in evidenza la stretta dipendenza di questa decorazione pittorica dall’opera del maestro fiorentino nel suo primo soggiorno milanese tra il 1482 ed il 1499, dimostrando la precisa volontà dei frescanti di aggiornarsi sulle novità introdotte dal maestro fiorentino. Per le “Storie della Vergine” eistono confronti con opere coeve di ambito lodigiano. Ma perchè Rivolta? Il paese può vantare un rapporto intenso e proficuo con Milano sfruttando la sua posizione sulla Gera d’Adda fin dal 1339 quando Luchino Visconti concede privilegi di natura economica e politica con l’esenzione dal pagamento dei dazi, tasse e pedaggi in occasione dei mercati e delle principali fiere annuali. Rivolta non diventerà mai feudo camerale, ma avrà cancellieri inviati direttamente da Milano, che favoriranno, in piena autonomia, quella spinta all’intraprendenza e ad alla capacità imprenditoriale che diventerà una costante nella storia rivoltana. In quest’ottica vanno interpretate anche le manifestazioni artistiche, ad iniziare dalla particolarità della presenza di una volta a botte, sovrapposta alle originarie capriate. Questa è spiegabile come una citazione dell’analogo espediente architettonico utilizzato dal Bramante nella copertura di Santa Maria presso San Satiro a Milano, un’architettura dunque aggiornata sulle ultime mode lombarde che denota una committenza certamente informata. La decorazione, invece, costituisce un vero e proprio trattato di fisiognomica, rivoluzionario rispetto alla tendenza dominante  del bello ideale di derivazione quattrocentesca. E dietro questi personaggi che si affacciano dai tondi, così diversi fisicamente e psicologicamente gli uni dagli altri, c’è il genio del grande fiorentino. Ciò che colpisce nella botte è che in uno spazio architettonico limitato vi sia una così densa concentrazione di elementi figurativi e decorativi che creano l’effetto di una spazialità aulica.  L’eccezionalità di quest’opera sta nel fatto che qui ritroviamo una trasposizione letterale di quei precetti che Leonardo da Vinci infondeva ai suoi allievi in merito alla realizzazione di un’opera d’arte, contenuti nel suo ‘Trattato sulla pittura”. Leonardo consigliava ai suoi allievi di girare per le strade muniti di un taccuino in cui registrare la diversità di atteggiamenti, gesti, fisionomie, espressioni, fattezze ed età che rispecchiasse la complessità dei viventi. Non solo: suggeriva anche di ricercare in continuazione nuove tipologie, variandole ed elaborandone in  modo da fissarne tutte le sottigliezze anatomiche e chiaroscurali. Le esercitazioni sulla strada sarebbero poi servite come un repertorio iconografico da utilizzare nella realizzazione di dipinti. Chi affrescò la botte della chiesa di Santa Maria mostra di conoscere molto bene i dettami leonardeschi, e ciò potrebbe derivare da una frequentazione diretta del maestro fiorentino, e di metterli in pratica dando qui prova della sua abilità nello sperimentare soluzioni figurative sempre nuove.

I critici che se ne sono occupati hanno sempre interpretato i vari personaggi come profeti o sibille, Una chiave di lettura possibile potrebbe essere l’identificare i busti clipeati con personaggi ante litteram, fatto che consentirebbe di raggruppare tutti coloro che in un modo o nell’altro predissero la venuta di Cristo, poi rappresentata negli episodi sottostanti. Altra possibile ipotesi è che dietro alla decorazione della volta ci fosse una committenza colta che volesse rappresentare qui un tema squisitamente umanistico e attuale, quale la riconciliazione tra mondo antico e fede cristiana, che giustificherebbe la presenza di condottieri, eroi, imperatori. Tema questo che permetteva anche un esercizio puramente decorativo nell’invenzione dei singoli personaggi, nel variare le loro tipologie e fogge, mettendo in pratica i dettami leonardeschi”.

Fabrizio Loffi


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