4 maggio 2023

Partono le celebrazioni per i 150 anni della morte di Manzoni. Ma Cremona (nel 2016) ha distrutto il convento di Fra' Cristoforo

Partono oggi a Milano le celebrazioni dei 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni. Alla Pinacoteca di Brera dal 4 maggio fino all'8 luglio è stata allestita una grande mostra "Manzoni 1873-2023. La peste 'orribile flagello' tra vivere e scrivere". Purtroppo a Cremona resta solo la memoria di quello che poteva essere la base per un itinerario manzoniano: il vecchio convento dei Cappuccini dove si rifugiò fra' Cristoforo demolito nel 2016 e di cui non resta traccia se non una lapide all'incrocio tra via dei Cappuccini e via Mantova. Riproponiamo un articolo di Antonio Leoni, indimenticato giornalista, che insieme ad alcuni cremonesi si battè inutilmente per quattro anni perchè il convento venisse preservato, pubblicato su il suo Vascellocr insieme ad una grande quantità di documenti che testimoniavano come quella fosse la famosa "casa dell'ortolano" del convento citato nei Promessi Sposi.

La precipitosa corsa a distruggere ogni elemento della Casa dell'Ortolano della quale è rimasto in piedi pressochè nulla, non è però riuscita a cancellare tutto. Ecco il tratto di muro forse non eliminabile che parla disperatamente del presente e della insensibilità dell'uomo e nel contempo rivela il suo passato.

Un camino di antica foggia, gli archi e gli archetti, i resti delle volte che si notano alla base per quanto è consentito vedere al difuori del velo di cinta rigorosamente impenetrabile, giustificano ciò che ha sempre chiesto con garbo il comitato per il percorso manzoniano. Ovvero poter esaminare con accuratezza scientifica la Casa, senza discutere i diritti dell'impresa. 

Invece di affrontare questa richiesta, quando se ne è profilata l'eventualità l'impresa Persico ha raso al suolo con furia il fabbricato che molte testimonianze di ogni tipo, letterario, storico, urbanistico, toponomastico (via Mantova si chiamava via dei Cappuccini e via Cappuccini resta l'arteria laterale) individuava come il rifugio di uno straordinario, centrale personaggio dei Promessi Sposi, padre Cristoforo, ovvero il nobile di alto lignaggio Lodovico Picenardi passato al convento per il pentimento di aver ucciso un uomo nei pressi del suo palazzo, ben conosciuto dal letterato milanese che qui aveva frequentemente passato le sue ore cremonesi.

Si è già parlato ampiamente di questo passato che il Comitato Manzoniano cremonese vuole restituire alla città, percorrendo tutte le tracce del forte richiamo locale al capolavoro di Alessandro Manzoni,. Quest'ultima fotografia del cantiere distruttivo scattata nell'accaldata mattina di giugno, porta un ulteriore tassello a un impegno che purtroppo non viene accompagnato con altrettanta disponibilità, anzi sin qui con disinteresse reale, dal sindaco di Cremona.

Hanno demolito pietra su pietra l'ultima testimonianza cremonese del secolare convento dei Cappuccini di che destò l'attenzione di Alessandro Manzoni il quale nei Promessi Sposi ha descritto come una grande figura, Padre Cristoforo, di origine cremonese.

Chissà se potrà ancora dichiararsi ancora così dopo quel che è avvenuto con una vertiginosa velocità all'angolo di via Mantova e via Cappuccini (toh!).

IL CONVENTO CAPPUCCINO DEI SS. XII APOSTOLI IN CREMONA

La nuova famiglia francescana dei Cappuccini venne a Cremona nel 1566, poco dopo aver ricevuto la canonica approvazione della S. Sede.
Poco lontano dalla Porta Bresciana (oggi Porta Venezia) esisteva da tempo antico una chiesuola appartenente ai Monaci Benedettini, i quali vi avevano istituito un Priorato chiamato dei Santi XII Apostoli. Qui appunto vennero ad abitare i detti Padri.
Ma essendo la chiesetta quasi diroccata i nobili e il popolo di Cremona gareggiarono in offerte. Sorse il Convento e fu riedificata la chiesa che lo stesso Cardinale Vescovo Sfondrati, prima di salire al soglio pontificio, consacrò nel 1566 padre G Felice (Casati), l'eroe della peste manzoniana. .
Nel 1611 il P. Fra Fedele cappuccino istituì una farmacia per i poveri. Detta farmacia fu chiamata col nome di «Santa Corona Serafica», ed era posta vicino alla chiesa di S. Vincenzo. Tre nobili della città venivano eletti in gennaio perché amministrassero tale istituzione.

Nel 1630, anno luttuoso anche per Cremona, infieriva terribilmente la peste nelle contrade lombarde. Le cronache della città sono concordi nel tracciarne il quadro raccapricciante e nel dichiarare che i Padri Cappuccini nell'assistenza agli infermi furono sublimi. Del convento fu padre guardiano nel '600 padre Felice (Casati) l'eroe della peste manzoniana.

Nel secolo XVII le guerre vennero di nuovo a sconvolgere il territorio cremonese.
Le truppe francesi nel 1648 tennero assediata Cremona ben 83 giorni ed il Convento dei SS. Dodici Apostoli, data la sua ubicazione, era, come si esprime uno storico, tra due fuochi!
Più tardi, nel 1655, decretata la fondazione di nuove fortificazioni alle mura della città, furono abbattuti i borghi fuori dalle mura da Porta Bresciana ed i Cappuccini furono per un momento trepidanti, ma alla fine il loro convento fu per allora risparmiato. 

Non fu risparmiato però durante la guerra per la successione di Spagna. Nel 1705 per ordine del governatore francese di Milano, il governatore di Cremona concesse tre giorni di tempo ai Cappuccini per sgombrare il Convento, che fu subito dopo abbattuto col pretesto che avrebbe potuto giovare all'armata imperiale guidata da Eugenio di Savoia. A ricordare l'antico asceterio è rimasta la via intitolata al cappuccino immortalato dal Manzoni: «Via Padre Cristoforo Cappuccino», ora «Via Mantova». (Il Manzoni per questo personaggio si é ispirato ad un certo fra Cristoforo, Giovanni de Picenardi, nobile cremonese, vissuto e morto nel lazzaretto di Milano durante la peste da lui descritta. La città di Cremona, in questi ultimi anni, nell'urbanizzare la zona della vecchia carboniera ha tenuto presente di questa presenza intitolando la via che collega la Via Mantova con la zona della parrocchia di S. Francesco, «Via Cappuccini».)

In tale occasione la cittadinanza andò a gara per aiutare i poveri frati. Alcuni religiosi passarono ad altri conventi della Provincia, ma sei di loro rimasero in città alloggiati per un anno dal Conte di S. Secondo poi dall'Arcidiacono De Cesaris.
In seguito iniziarono a costruirsi una nuova sede e sotto la guida del P. Angelo Felice da Milano con la cooperazione di altri Padri, che nel secolo avevano esercitato l'arte muraria, il 18 ottobre del 1709 fu possibile insediarvi la regolare Comunità. Il Convento conservò la sua importanza: ospitò lo studio teologico e in seguito lo studio liceale filosofico.

Ma la pace e la tranquillità in questo convento non durò che un secolo perché l'infausta soppressione napoleonica (1810) privò la città dell'opera evangelica anche dei Cappuccini. Ma questi non abbandonarono. E solo il 10 ottobre 1881 si trasferirono nel nuovo convento di via Brescia.

Nelle foto di Antonio Leoni il convento di Fra' Cristoforo e la demolizione del 2016. Poi il nuovo complesso realizzato e la targa per ricordare che lì c'era il convento

 

Antonio Leoni


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


Mauro Tironi

5 maggio 2023 11:05

Fa male al cuore leggere gli articoli di denuncia, scritti da Antonio Leoni.
Fanno male perché innanzitutto ci ricordano che abbiamo perso una voce libera, autorevole e profondamente innamorata di questa città.
Poi ci ricordano i tanti scempi perpetrati da vari attori alla nostra storia bimillenaria.
Al riguardo, sarebbero da ripubblicare anche gli articoli denuncia dello scempio fatto al convento di San Sigismondo per consentire l'ingresso delle suore...

François

6 maggio 2023 12:45

Ricordo benissimo le foto del pavimento in cotto del chiostro distrutto per far passare le tubature del riscaldamento...

michele de crecchio

7 maggio 2023 00:09

Pare che lungo il "Pippia",un canale di origine romana che costeggiava l'antico convento, venissero, in un certo periodo, erette le forche per impiccarvi i condannati ad essere uccisi con tale crudele procedura (essere cioè costretti a "tirare l'ultimo faticoso respiro appesi per il collo. In dialetto cremonese, l'espressione "bufàa sul Pipia" pare significasse "esalare l'ultimo respiro"!

Gualtiero Nicolini

23 maggio 2023 03:35

Una insensibilità disastrosa uno scempio complimenti !!!!