Perchè pensare a piante al soffitto? In Galleria 25 Aprile basterebbe recuperare le lunette dei vincitori del Premio Cremona. Il sogno di Massimo Terzi
Dopo i totem, la Galleria XXV Aprile. L’architetto Stefano Corbari, che ne ha ideato il progetto di restyling, sottolinea che questo spazio non possa reggere interventi di maquillage leggeri e poco strutturati, limitandosi all’utilizzo di piante al soffitto con le fronde caduche e il loro movimento, che creino dei particolari effetti di luce sul pavimento. Secondo il progetto il fatto di segnare gli ingressi e giocare con la luce sarà un modo per far avvicinare le persone a questo luogo storico della vita cittadina. In realtà chi negli anni scorsi ha suggerito un primo restyling della galleria, pensava a ben altro. L’architetto Massimo Terzi, che all’architettura del Ventennio aveva dedicato la sua attenzione nel tentativo di rivalutarne anche gli elementi di novità, riteneva fosse fondamentale, innanzitutto, il recupero delle lunette originali, dove sono ancora presenti gli affreschi dell’artista piacentino Luciano Ricchetti, dedicato all'istituzione dei Fasci di combattimento, e, secondo le ultime ricerche di Rodolfo Bona, ex assessore alle piccole cose del Comune, del modenese Augusto Zoboli, classificatosi al terzo posto ex aequo al Premio Cremona nel 1939, incaricato dall’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, di decorare l'altra lunetta dell’allora Galleria XXIII Marzo a Cremona, con una grande composizione dedicata a La Previdenza. Le cronache del tempo descrivono il nuovo palazzo delle Assicurazioni come “il maggior edificio civile di carattere monumentale sorto dopo il Medioevo”. Dopo la demolizione delle antiche preesistenze, tra cui il bar Roma, alcune botteghe di liuteria, compresa quella di Antonio Stradivari, e altre attività artigianali, il complesso venne realizzato dal 1930 al 1934 con uffici e locali commerciali. Vi sono 5 livelli rivestiti di marmi diversi, fra cui il granito rosso di Baveno per le colonne dell’interno; la galleria è lunga 75 metri e larga 10, con 130 metri di portici. Attraverso un ingresso angolare da via Gramsci e dai portici di Piazza Roma, il percorso della galleria magnetizza i visitatori e li porta nella luce zenitale dell’interno, realizzata per la prima volta in Italia, con una copertura in vetrocemento. La torre, alta più di 50 metri, rivestita in travertino, domina il complesso, che ha una matrice neoclassica, mentre la pianta diagonale della Galleria lega il tessuto ortogonale del centro storico. Cremona, come altre città italiane, aveva subito durante il periodo fascista un vero e proprio sconvolgimento urbanistico, che ha portato alla perdita di numerose testimonianze architettoniche del passato in nome di un rinnovamento edilizio e di un nuovo linguaggio architettonico. Gli esempi di questa nuova architettura a Cremona sono legati alla figura dell’ingegnere Nino Mori, uomo di punta del partito fascista di Cremona. A lui si deve la costruzione della maggior parte degli edifici “moderni” della città, come la Galleria XXV Aprile, ex Galleria XXIII Marzo, o il Palazzo del Regime fascista, la Casa delle Corporazioni, oggi Palazzo della Camera di Commercio, e il Palazzo dell’Inps. Nino Mori, legato allo “Stile Littorio”, un razionalismo sporcato da contaminazioni classiche che si avvicina molto all’architettura di Marcello Piacentini, firma la maggior parte dei progetti pubblici realizzati a Cremona. La galleria, nel bene e nel male, è stata un po’ lo specchio dei cambiamenti attraversati dalla città sia in campo edilizio che in quello del costume. Forse ha pagato il prezzo dell’essere stato un progetto velleitario, un po’ palazzo ed un po’ luogo di passaggio, senza una fisionomia propria, realizzato dopo aver demolito l’isolato dei liutai davanti alla piazzetta di San Domenico.
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commenti
michele de crecchio
10 ottobre 2022 20:02
Come ho già precisato, sin da quando ero solo uno studentello di architettura e collaboravo con altri studenti, tra i quali il compianto Massimo Terzi, anche per questa opera, l'ingegner Nino Mori, sodale politico e in affari di Roberto Farinacci, conscio dei propri limiti in composizione architettonica, si avvalse di un collaboratore il cui nome, di norma, non veniva poi riportato nei documenti ufficiali. In questo caso il progettista "sostanziale" della monumentale costruzione fu il giovane architetto Mario Baciocchi (1902-1974), allievo di Piero Portaluppi, al quale Baciocchi credo sia da attribuire, in particolare, l'idea, anticonformista ma vincente, di collocare in diagonale rispetto alle strade circostanti la Galleria vera e propria, soluzione che ne favorì in modo singolare, per decenni, la frequentazione pedonale. Nel dopoguerra, il Baciocchi ebbe poi un notevole successo professionale, avendo conquistato la stima di Enrico Mattei che gli affidò la maggior parte della progettazioni necessarie per lo sviluppo dell'Agip-Snam. In particolare furono progettate dal Baciocchi, oltre a palazzi per uffici, grattacieli, università e chiese, le elegantissime e tipiche stazioni di distribuzione del carburante Supercortemaggiore, caratterizzate da una ardita e tipica pensilina e, in qualche caso, anche opportunamente adattate al paesaggio circostante.