18 novembre 2021

Quel Trovatore e la cenere che imperversa. Un efficace impatto emotivo. Ottime voci, una grande Lenora e Manrico da applausi

Mistero, intensità, dramma, le molte declinazioni di grigio volute dal regista Roberto Catalano trovano nella musica dei momenti di grande intensità. L’idea registica si traduce con un approccio minimalista ma efficace, l’idea di questa cenere protagonista dell’Opera e dei suoi personaggi alla disperata ricerca di depurare il metaforico spazio scenico (simbolo della propria vita), risulta riuscita. Ci era stato detto, il regista non intendeva connotare quest’opera in un periodo, ideando un “non-tempo” in cui questi personaggi statici trovano la propria funzione narrativa nel raccontarci un passato nefasto ed un futuro altrettanto poco promettente. Marigona Qerkezi descrive una Leonora magistrale, consistente, affrontando le agilità e le arie di respiro con personalità e gusto. Dispone di un mezzo vocale e di un controllo del suono notevoli, che hanno meritato applausi a scena aperta. Il Manrico di Matteo Felcier sorprende per leggerezza ed espressività. Trova una dimensione vocale incisiva, portando in scena un ruolo ben connotato, con un’intonazione cristallina ed un utilizzo sapiente della vocalità. La sua Pira gli è valsa un’ovazione dalla sala. 

Il basso Alexey Birkus disegna un Ferrando più giovane di quello descritto nel libretto ma egualmente efficace. Complice un bellissimo timbro profondo ricco di armonici, spicca fin da subito la sua presenza scenica muovendosi bene, pur con qualche piccola sbavatura nella pronuncia italiana, tra le note scritte in partitura. Leon Kim propone un Conte di Luna potente, poderosamente espressivo, seppur con qualche portamento di troppo, di effetto, che ben rende i conflitti propri del personaggio di Cammarano.

Ottima la prova di Alessandra Volpe che crea un’Azucena in perfetto equilibrio tra dramma, follia, tristezza e disperazione. Un bel colore scuro ed un vibrato tondo rendono la sua interpretazione coerente a quello che Giuseppe Verdi dipinge musicalmente per il personaggio di Azucena. Buone le prove musicali di Sabrina Sanza nel ruolo di Ines e di Roberto Covatta nei panni di Ruiz. 

Il coro OperaLombardia, pur a ranghi ridotti, ha offerto un’esecuzione nitida e pronta. Il lavoro di Diego Maccagnola ha portato in scena un coro agile e mai pesante, ben distinguendo i piani sonori e con suono vigorosi nei fortissimi orchestrali. L’orchestra I Pomeriggi Musicali guidata da Jacopo Brusa si è distinta per pulizia del suono e coesione. Il polso sicuro di Brusa ha condotto un Trovatore da manuale, proponendo addirittura piccole variazioni (originali di Verdi) tratte dalla versione francese “Le Trouvère”, che in alcuni piccoli punti descrive meglio il libretto e valorizza la parte musicale. Gesto ampio, solido ma non didattico, il direttore non appare come uno di quei soliti “vigili urbani” che ultimamente imperversano i palchi dello Stivale, ma trova fluidità che aiuta moltissimo la compagine orchestrale nei legati, offrendoci un risultato di assoluto livello. Complice dell’ottimo risultato sonoro la disposizione dell’orchestra “alla tedesca”, con i violoncelli al centro. Jacopo Brusa stacca dei tempi comodi, mai di corsa, senza però annoiare mai. Costumi, luci e scene si sono rivelati l’efficace sinergia fra i membri del team creativo e hanno reso, senza essere didascalici, una chiara espressione dell’idea registica. Applausi a scena aperta, attesi dopo la vulcanica “Pira” di Felcier, ed ancor più meritati a fine opera. Il regista, come dicevamo, ha pensato che i personaggi di quest’opera, come accade nella vita di tutti noi, passassero l’intero corso degli eventi a cercare di “ripulire” la propria vita dalle ceneri, dalla negatività, dai drammi della propria esistenza. Allo stesso modo, noi spettatori, facciamo lo stesso. Quale miglior modo abbiamo se non quello di circondarci di arte e di musica? Ecco che il ciclo risulterà infinito, ma noi non ci stancheremo mai della bellezza di andare a teatro, un mondo magico in cui l’anima trova la luce. 

Loris Braga


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