Se n'è andato Mario Penci, storico sindacalista della Uil
Se n'è andato a 87 anni Mario Penci, storico sindacalista cremonese della Uil. Pubblichiamo il ricordo de "L'Eco del Popolo"
Incredulità e sconforto sono stati i sentimenti avvertiti nel momento in cui abbiamo partecipato alle compagne, ai compagni, agli amici di una accomunata testimonianza di ideali e di militanza, politica e sociale, durata un'intera esistenza, la repentina scomparsa di Mario, di Mario Penci.
Che, a dispetto di percorso esistenziale connotato da una certa vigoria e buona salute, ha concluso l'ultimo ciclo in una condizione di sofferenza e di fragilità. Controllata ed attenuata dall'amorevole vicinanza della moglie Giulia, del figlio Paolo, della nuora e dei due nipoti.
Come si suol dire, la vita dà e toglie. Avevo colto in un colloquio telefonico di una settimana fa le avvisaglie di sofferenza e di preoccupazione, largamente temperate dalla gioia e dall'orgoglio del traguardo della laurea conquistata dalla nipote e dalla speranza di soggiornare presto nella casa sul lago di Garda.
Ma evidentemente c'è sempre qualcosa dietro l'angolo. Vero è che Mario se n'è andato. Terminando una vita di dedizione alla famiglia, al lavoro, al Sindacato e al socialismo cremonese.
Una dedizione che è, in questa dolorosa congiuntura, ben presente nelle consapevolezze sia di chi lo ha avuto a fianco sia di chi operava in difformità ma lo stimava. Per la coerenza, per la serietà dell'impegno, per la sua verve ironica e sempre improntata di cordialità.
Si deve anche a questo tratto caratteriale se il socialismo cremonese, travolto dalla valanga di trent'anni fa, ha continuato nelle forme possibili la sua testimonianza.
E, soprattutto, si deve al suo eccezionale impegno condiviso da pochi altri temerari se la UIL, sindacato più che minoritario e negletto fino alla fine degli anni 60, riuscì a conquistarsi, al di là delle diverse dimensioni, un rango di credibilità assolutamente paritario a quello delle altre due ammiraglie, dotate di ben altre consistenze.
La UIL che conobbe chi scrive qui, a metà anni sessanta non disponeva di apparati funzionariali e svolgeva la sua attività in un bugigattolo che era una sorta di socialhousing, nel retro del cortile della sede di ASCOM.
La, "clair” era alzata da un'impiegata part time col PSDI (altra entità minoritaria, ma non marginale nella vita politica nazionale e locale) e le funzioni di ascolto e supporto alle attività collettive ed individuali venivano fronteggiate dai dirigenti espressi dal volontariato. Che non significa che, ancorché non rivestissero le prerogative del mandato a tempo pieno, fossero qualitativamente di rango inferiore. La UIL, il Sindacato di Mario, fondato a Cremona, tra gli altri, da Ernesto Caporali aderente e fondatore del PSDI di Saragat (che era stato il più diretto collaboratore di Buono Buozzi nella segreteria nazionale della CGIL in esilio a Parigi), era semplicemente il classico vaso di coccio tra i due vasi di ferro.
Viveva la sua periferizzazione di importanza quantitativa con dignità, frequentemente dimostrando che i piccoli numeri non erano parametro di una minore valenza. Era ben insediato nel lavoro dei colletti bianchi (pubblico impiego, sanità e assistenza) ma reggeva bene anche nei blue collars, nelle fabbriche e un po' in tutte le categorie.
Solo alla fine degli anni 60 con l'attivazione di contesti sociali e politici nuovi e delle prerogative della Legge 300, la UIL avrebbe avuto i “distacchi”.
Ma, si ripete, il Sindacato resse grazie alla dedizione di idealisti come Mario Penci. Il quale fece coincidere l'inizio della quiescenza addirittura con un potenziamento dell'impegno sia all'interno degli organi verticali sia nelle strutture, cosiddette, orizzontali.
Fino a qualche mese fa trovavi Penci (ancor di più dopo l'impegnativa presidenza del Comitato Provinciale INPS) praticamente a tempo pieno nella sede di Viale Trento e Trieste, intento, con i numerosi compagni di lavoro e di impegno sindacale di categoria, a fare ciò che fa e deve fare un sindacalista: l'ascolto delle problematiche collettive ed individuali, l'organizzazione e la partecipazione alle assemblee, le trattative, l'assistenza legale nelle controversie del lavoro e, soprattutto dal punto di vista del rapporto umana e di militanza, il parere.
Si può dire che Mario sia stato il vero valore aggiunto del percorso di crescita della UIL nel periodo delle segreterie di Paolo Dossena e di Mino Grossi.
Di ciò va dato atto alla sua memoria e al merito di quella stagione di impegno civile.
Penci mancherà soprattutto alle compagne e ai compagni che in questi tribolati trent'anni non hanno girato, nella cattiva sorte, le spalle alle ragioni della coerenza con gli ideali del socialismo democratico e riformista, in cui egli ha sempre creduto. Nei periodi più recenti con una dedizione ancor più accentuata alla vita della Comunità Socialista, dell'Associazione Zanoni e della nostra testata.
Concludiamo con una considerazione: ci sono immagini che contano di più delle parole. Non casualmente abbiamo scelto di accompagnare al titolo la fotografia (fattaci pervenire da Sergio Denti) che ritrae lo scomparso al centro del gruppo di dirigenti ed attivisti sindacali impegnati in un flash mob di fronte al nosocomio di Cremona, a testimoniare le ragioni della sanità pubblica e dei diritti degli operatori e dei cittadini utenti. (L'Eco del Popolo)
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commenti
Beppe Bettenzoli
3 agosto 2022 17:30
Le mie condoglianze ai familiari, alla UIL, ai suoi compagni socialisti , per una persona stimata anche dagli avversari, che ha dedicato la vita intera all'impegno sindacale.