Trent'anni fa se ne andava Gianni Brera. I suoi legami cremonesi: Stradivialli, la mostarda, il Po, gli storioni, il salame, i Campi e Grignani
Se n'è andato il 19 dicembre del 1992, trent'anni fa. Un brutto incidente sulla strada tra Maleo e Casalpusterlengo dopo una cena al Sole, un tiro di schioppo da Pizzighettone. Era uno dei posti preferiti da Gianni Brera, grande cura nella preparazione dei pasti e quell'aria padana che lui cantava. "Potevo esserci anch'io su quella macchina, sapessi quante serate abbiamo passato insieme al Sole" mi disse Eugenio Grignani (battezzato "Eugrigna" da Brera) amico, segretario, factotum ed editore di Gioannbrerafucarlo. Spesso era lui a dettare i pezzi ai dimafonisti quando Brera li batteva sulla sua Olivetti anche se il più delle volte Brera scriveva solo appunti, raccontando poi al telefono la partita senza battere una sola riga. Anche Eugrigna se n'è andato da tempo altrimenti avrei chiesto a lui di ricordare i legami cremonesi del grande Gianni.
Perchè Gioanbrerafucarlo era uno di noi. Non veniva spesso dalle nostre parti. Allo Zini lo ricordo una sola volta, con la Cremonese di Luzzara in serie A, insieme a Gianmaria Cazzaniga impegnati a salire su quelle assurde scalette a chiocciola che portavano ai posti riservati alla stampa ricavati nel sottotetto della vecchia tribuna e che facevano imprecare i giornalisti dal fisico fuori taglia (come appunto Cazzaniga e Brera). Ma i legami tra Brera e Cremona (al di là di Grignani) sono tanti: Stradivialli, la Mostarda (ne parla nel libro ‘La Pacciada’ scritto con Veronelli), il Po, gli storioni, la Cremonese, il salame, il Salva cremasco, la mostra dei Campi. Il Pordenone con il grande affresco della controfacciata della Cattedrale lo chiamava addirittura lo Shakespeare della pittura. Stradivialli, perchè? Lo ha raccontato lui, perchè lo straordinario giocatore cremonese era autore di pochi gol, ma tutti di grande bellezza e perfezione, come appunto i violini del grande liutaio. A proposito della Mostarda, ecco cosa scriveva Brera ne "La Pacciada": "Appuro che i cremonesi fanno frutta candita da molti secoli, e così i vogheresi. Noi chiamiamo mostarda la nostra frutta candita, a diverse gradazioni di zucchero e senape. Nella tradizione lombarda, per la vigilia di Natale, è di rigore la mostarda con lo stracchino vecchio, il gorgonzola o semplicemente lo stracchino giovane, che può essere crescenza, quartirolo e taleggio". E ne "La Pacciada" (cioè "la mangiata", vale a dire "mangiarebere in pianura padana") aggiungeva: "L'industria della frutta candita non è civiltà minore dei liuti e dei violini. Monteverdi nasce al genio fra prodigiosi liutai di Cremona: ma è quasi ovvio dire che una civiltà si completa anche nelle consuetudini del vivere di di ogni giorno. Il gran problema è conservare il cibo per i mesi in cui la Lombardia viene tutta spogliata dal gelo, e madre pudica, si ammanta di fitta nebbia azzurrina". E poi la polenta che aiuta a saziare la fame. "Il lombardo Sacchi, da Piadena, scalco papale e umanista, suggerisce una ricetta in cui la polenta di farro si nobilita addirittura a torta".
Enrico Pirondini, già direttore de La Provincia di Cremona (1997-2008) ha sottolineato più volte l’amore di Brera per il Grande Fiume: “Ogni volta che attraversava il ponte sul Po a Cremona si toglieva, silenzioso, il cappello. Una volta gli chiesi: ‘Gianni, perché?’ E lui mi rispose: "Rendo onore al padre Po che da secoli dà vita alla nostra terra e alla nostra gente. Tu forse non ti rendi conto quanto sia importante un fiume, soprattutto questo fiume”. Una volta scrisse di se stesso e del fiume: “Il mio vero nome è Giovanni Luigi Brera. Sono nato l’8 settembre 1919 a San Zenone Po in provincia di Pavia e cresciuto a bordo o quasi fra boschi, rive, mollenti. Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po”.
Gianni Brera è stato un grandissimo giornalista e scrittore. Sicuramente il più grande giornalista sportivo. Laureato in scienze politiche, a soli 27 anni è già direttore della Gazzetta dello Sport: darà le dimissioni cinque anni dopo. Ha scritto poi per il Guerin Sportivo, il Giorno, il Giornale e infine Repubblica. Ha lasciato saggi, testi per il teatro, romanzi tra cui il più celebre "Il corpo della ragassa" che nella versione cinematografica di Pasquale Festa Campanile è ambientato a Cremona.
Inventò nei suoi articoli la musa del calcio (Eupalla), impose soprannomi (Abatino, Rombo di Tuono, Bonimba, Mazzandro, Stradivialli) e neologismi diventati ormai d'uso comune: melina, goleador, libero, pretattica, centrocampista, cursore, contropiede, uccellare ecc.
Con Eugenio Grignani ha scritto "Espana '82", "Roma 83" anche con Bearzot. "Valtellina 85" anche con Mario Cotelli. Grignani fu editore e direttore della più bella rivista sportiva mai uscita, il mensile "Record" condiretto proprio da Brera.
Carmine Lazzarini qualche mese fa raccontò proprio su Cremonasera un episodio quasi sconosciuto della vita di Brera: quando il mitico comandante partigiano, il cremonese Giulio Seniga si rifugiò da lui dopo aver prelevato 421mila dollari dai conti segreti del Pci (leggi qui)
Ecco alcune immagini di Gianni Brera, nella foto di gruppo con gli amic: S.Maggi, Eugenio Grignani, P.Mauri, Gianni Brera, Ottavio Missoni e Marco Cascella. Poi Brera e lo scrittore Mario Soldati, con Lilli Carati attrice ne "Il corpo della ragassa" e quindi una rarità, le prove (il numero 0) di Record la più grande rivista sportiva
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