Vent'anni fa chiudeva la boutique della gastronomia cremonese di Ambrogio Saronni in corso Mazzini. Il ricordo di Gian Paloschi
Il 16 settembre di vent'anni fa, dopo oltre 45 anni di onorata carriera, Ambrogio Saronni, titolare della celeberrima gastronomia di corso Mazzini. Saronni voleva dire salame, cotechino, gelatine e paté, mostarda e pollo in gelatina. Il suo negozio era il valore assoluto della gastronomia cremonese. Nel 2006 il "Gambero Rosso" assegnò al suo cotechino vaniglia il titolo di miglior cotechino d'Italia. Anche dopo l'uscita dal negozio, di corso Mazzini, è sempre rimasto attivo nella produzione in proprio degli insaccati che lo hanno reso famoso, nello stabilimento artigianale di Castelvetro, il paese d’origine della moglie Giancarla, suo braccio destro da quando prese il testimone dal padre, nella conduzione dell’azienda di famiglia. Ora il marchio "Salumificio Saronni" è stato ceduto al gruppo Ferraroni a San Giacomo di Lovara.
La sua bottega in corso Mazzini era il punto di riferimento per chi volesse degustare prodotti cremonesi di qualità e classe. Mina, nelle sue visite cremonesi, passava sempre da Saronni per cotechino, salame e mostrada (tra l'altro "la Tigre di Cremona" aveva abitato nell'attico del vicino palazzo del Fulmine). La stessa cosa faceva Ugo Tognazzi, cercando il cotechino da cucinare poi a Roma e registi, attori e musicisti che in quegli anni passavano da Cremona.
Per conoscere cosa è stato Saronni per Cremona ecco come il bravo collega Gian Paloschi descriveva Ambrogio e il suo negozio di corso Mazzini nel suo libro "Cremonesi così" del 1993.
Favolosi anni sessanta: in corso Mazzini, proprio davanti alla salumeria-gastronomia Saronni, si ferma una Rolls Royce mentre intorno la gente sta a guardare e commenta incuriosita. Dall’auto scende una Mina d’annata, con una silhouette da fare invidia, accompagnata da Corrado Pani. Qualche saluto affettuoso alla famiglia Saronni, quindi i tradizionali acquisti delle magiche “specialità della Casa”.
Da allora la cantante di Cremona (ma è meglio dire del mondo) ha continuato a frequentare, quando può, il negozio di corso Mazzini. Niente più Rolls ma una mantella scura con cappuccio che le regala l’anonimato: nascosta, sì, ma sempre fedele.
Improvvise puntate da Saronni faceva anche Ugo Tognazzi, cliente di sempre, così fa il figlio Ricky, ogni qualvolta torna nella città del padre.
NUOVE FRONTIERE
Al centro di questa bottega, assurta a circolo del gusto e della raffinatezza, sta lui, Ambrogio Saronni, seconda generazione, aria più da manager che da salumiere. Bell’uomo ancora in carica, alto quanto basta per aver giocato a basket con successo, velista per diletto, Saronni è quel che si dice un imprenditore illuminato, ricco di entusiasmo, di idee, di volontà di produrre sempre il meglio. Come spesso accade alla seconda generazione, lui ha potuto studiare. Un diploma di ragioniere, qualche esperienza all’Università di Parma, poi la grande passione: gli studi sull’alimentazione, l’approfondimento della gastronomia come cultu- ra, con il risultato di aprire nuove frontiere all’artigianato alimentare italiano. Tutto ciò senza mai nulla togliere alla sua boutique dei gourmet, che continua a detenere un primato unico.
“Il mio pallino principale - racconta Saronni - era quello di riuscire ad avere a Cremona un prodotto doc; per noi il punto fermo era il cotechino classico che produciamo da sempre e che è conosciuto un po’ in tutta Italia”. Nel frattempo è riuscito a rea- lizzare a Castelvetro un laboratorio esterno al negozio per avere un prodotto proprio, con caratteristiche ben precise. La denominazione d’origine non c’è ancora ma si è riusciti a far diventare Cremona l’unica capitale del cotechino, un primato che era appartenuto (ma impropriamente) anche a Modena.
SAPORI ANTICHI
Per il prezioso lavoro svolto a difesa delle tradizioni gastronomiche gli è stato consegnato a Parma, durante l’ultimo “Cibus” (l’appuntamento mondiale dell’alimentazione), il riconoscimento di “difensore del mondo rurale”. Motivazione: per aver dato al classico prodotto di Cremona “volumi nuovi con sapori antichi”. Caratteristica di Ambrogio è, infatti, quella di aver sganciato l’immagine dei cotechini dalla forma oblunga tipica dei salami: i suoi sono a forma di palla, di boccia.
Un altro exploit Saronni l’ha avuto nel ‘92 a Parigi, presso l’ambasciata d’Italia: un memorabile rinfresco in occasione della presentazione delle celebrazioni monteverdiane. Con entusiasmo da adolescente si è portato da casa tutto l’occorrente per far co- noscere in Francia la cucina cremonese. Impavido gourmet, ha presentato perfino il suo paté nella patria del paté. E il successo è stato grande, pari a quello delle altre sue specialità: cotechino, salame nostrano e da pentola, culatello, galantina di pollo, agnolotti...
Non si potrebbe scrivere di Ambrogio senza ricordare la moglie Giancarla, la quale non si limita ad occuparsi della parte ammi- nistrativa ma contribuisce al successo dell’azienda anche con idee “niente male”. E ancor meno si potrebbe trascurare il patriarca Paolo, 82 anni ben portati, fondatore dell’azienda nel 1936.
A venticinque anni, insieme alla moglie Valeria, il lodigiano Paolo venne a Cremona. Forte di un buon apprendistato compiuto a Milano, ricco di abitudini, sistemi, mentalità d’avanguardia, rilevò il negozio da un curatore fallimentare; ma non ebbe paura e cominciò alla grande. Già allora voleva dare ai clienti solo il meglio del meglio. E, come accade nelle fiabe ma qualche volta anche nella vita, ebbe successo. Dopo la parentesi della guerra la salumeria all’angolo tra via Aselli e corso Mazzini conobbe giorni di splendore, divenne una istituzione. Ossia, Saronni era già Saronni: per i cremonesi un motivo d’orgoglio passeggiare nelle vie del centro con l’elegante, inconfondibile pacchettino dei salumi.
In quell’epoca l’infaticabile Paolo, quasi senza saperlo, istitutiva nel suo negozio una scuola di salumeria. I dipendenti, che lì mangiavano e, a volte, anche dormivano ricevevano lezioni di alta gastronomia che poi, nella vita, avrebbero messo a frutto percorrendo grandi carriere. Ne è un esempio la famosa salumeria Martinelli di Piadena: sia il padre che il figlio si son fatti le ossa dai Saronni.
NASCE IL CENACOLO
Dopo tanti successi, nel ‘72, Paolo Saronni decide di ritirarsi; il timone passa ad Ambrogio, unico figlio maschio, già attivo in ditta da un decennio. Il negozio viene completamente trasformato mentre i cremonesi continuano a chiedersi con una punta di civetteria: “I salumi io li prendo da Saronni, e tu?”. Da allora il negozio di corso Mazzini ha percorso ancora molta strada. Al punto che Ambrogio viene chiamato a far parte del nascituro “Cenacolo della cucina padana”. Con lui vi partecipano specialisti di altissimo livello come il professor Barberis de La Sapienza di Roma e il professor Cantarelli, docente all’Università di Parma. Il Cenacolo ha tra i suoi scopi, tutti lodevoli, quello di valorizzare prodotti tipici padani. E, fra questi, il grande amore del gourmet cremonese: il cotechino classico.
Bei risultati, non c’è dubbio. Eppure questo gentlemen della gastronomia è ancora alla ricerca di nuove frontiere. Ha dei progetti che attendono una soluzione.
Nelle foto Ambrogio Saronni e l'uscita di Mina e Daniele Parolini dal negozio di Saronni (foto Muchetti)
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