Vent'anni fa la sparizione di Maurizio El Abbasi, residente a Cremona Per il Tribunale è morto ma il corpo non è mai stato trovato
Il Tribunale di Cremona ha dichiarato la morte presunta di El Abbasi Maurizio Mahmod nato a Silwan Israele il 14 dicembre del 1953. Il linguaggio è quello gelido e formale degli atti ufficiali delle sentenze pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale; il significato è però pesante. E’ la parola ‘fine’ su uno dei casi più clamorosi di scomparsa avvenuti a Cremona: un vero ‘cold case’ dai risvolti internazionali di cui, all’epoca, si occuparono giornali e tv. Era il 12 luglio 2001, esattamente vent’anni fa, quando Maurizio El Abbasi, conosciutissimo grossista di tessuti per grandi case di moda, sparì da Cremona dove viveva con la compagna cremonese. La cronaca di quel giorno è ridotta all’osso. Poco dopo le 13 di quel caldissimo pomeriggio, accompagnata la convivente a casa dopo la spesa, partì per la provincia di Varese per appuntamenti di lavoro. Prima vicino a Malpensa dove scaricò della merce e dove un magazziniere gli parlò. Poi riprese la macchina e si diresse verso il capoluogo varesino. Uscì dall’autostrada a Oggiona Santo Stefano: un piccolo centro delle Prealpi. Lì fu visto l’ultima volta e poi svanì nel nulla. La sua autovettura fu ritrovata dalla polizia in un parcheggio periferico di Milano vicino allo stadio Meazza dopo settimane. Dall’abitacolo era stato asportato il Telepass per evitare che si potessero ricostruire i percorsi sulle arterie autostradali. Il 13 luglio di quel 2001, fu depositata la denuncia di scomparsa. Partirono le indagini e le ricerche. I magistrati sentirono tutti: compagna cremonese, ex moglie, parenti, amici e conoscenti. Non emerse nulla. Neanche la sua adesione all’Islam, seppure quasi nominale che reale, indicò una pista da seguire. Una vicenda che, nonostante l’esito delle indagini e la successiva sentenza per altro del 2014, mantiene, ad oggi, una serie di punti oscuri. Di sicuro l’uomo non si suicidò; il cadavere non fu mai rinvenuto. Difficile un allontanamento volontario. Con sé non aveva denaro, passaporto o altri documenti utili per una fuga. Nessuna sua traccia ne’ allo scalo di Malpensa, né alla dogana svizzera, ne’, tanto meno, nelle ferrovie milanesi. Negli anni successivi, per altro, non diede più notizie né al figlio né alla compagna; per questo l’ex moglie Anna Bruna Montalban, attraverso l’avvocato Cristina Bazzola, presentò al Tribunale di Cremona ben due richieste di morte presunta; di cui, quella del 2014, trasformata poi in sentenza. Sul tavolo resta la morte violenta e la successiva distruzione del cadavere. Un’ipotesi che serpeggiava, con insistenza, anche tra gli stessi familiari dell’uomo. All’epoca numerosi furono gli appelli a magistrati e a forze di polizia anche da parte della suocera dell’uomo affinché si approfondissero le indagini. Chi dunque aspettò quel giorno Al Abbasi alle porte di Varese? Un mistero fitto. Si parlò di suoi trascorsi burrascosi in Israele e di contatti con i palestinesi. Di commerci che lo portarono in situazioni imbarazzanti; questioni talmente complicate che smossero anche la Dia. O forse la mano che ne decretò la scomparsa, era legata al sottobosco insidioso del mondo della moda e ai suoi interessi milionari. Ma anche su questo non emerse nulla. O, forse, più banalmente una vendetta personale. Da quel giorno il silenzio è calato sulla vita di quest’uomo.
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