16 marzo 2021

Quei personaggi inquietanti degli affreschi delle nostre chiese I centauri (con Chirone, il più sapiente) e i tritoni

Tra episodi della vita di Gesù, Madonne e Santi nelle nostre chiese, si nascondono anche strane figure che con la devozione e la dottrina cristiana sembrerebbero aver ben poco a che fare. Del resto non è di certo questa una novità questa. Per tutto il Medioevo chiese e chiostri monastici furono riempiti, a più non posso, di essere mostruosi. Personaggi della mitologia appaiono così negli angoli più impensabili. La chiesa di San Pietro custodisce due esempli eclatanti. Basta osservare con attenzione gli affreschi della quarta cappella della navata di destra. La pala centrale, raffigurante la Natività, è firmata dal Malosso. Ad un suo allievo, sono invece attribuite le immagini della vita di Sant’ Agostino nelle vele della volta e nei tre archi che la delimitano. E’ nella decorazione che unisce gli episodi della vita del vescovo di Ippona che si trovano i primi due personaggi ‘inquietanti’. Hanno il torace e il volto umano: il resto è invece il corpo di un cavallo con tanto di zoccoli. Sono due centauri. Reggono un elemento architettonico e un festone di frutti. Il primo, quello verso l’esterno, è il più riconoscibile. La corona d’alloro sul capo lo unisce all’iconografia di Chirone: il più sapiente dei Centauri. Chirone conosciuto come educatore di dei ed eroi. Addirittura è considerato, in assoluto, il primo medico della storia; iniziò Asclepio alla conoscenza delle erbe e alla medicina. Apparentemente dunque nulla a che vedere con il Cristianesimo, ma non è così. Chirone, secondo la tradizione, benchè immortale accettò la morte scambiando la sua immortalità con Prometeo ovvero l’essere che si che si rivoltò contro Zeus. Alla divinità assoluta rubò il fuoco per darlo all’uomo. Per questa sua azione, fu posto ai primordi dell’umanità come una sorte di Adamo: ovvero di primo uomo. Ed allora ecco che Chirone diventa una metafora di Cristo che seppur immortale accetta la morte sulla croce per salvare il Prometeo/uomo. Ragionamento complesso e sottile a dimostrazione di quanto i pittori cinquecenteschi maneggiassero con perizia la cultura umanistica. Ma questi misteri non finiscono qui. Andando nella navata opposta, sulle lesene più vicine all’altare, appaiono altri due personaggi. Furono dipinti probabilmente da quei giovani che lavoravano nelle grandi botteghe dei manieristi cremonesi. Entrambi anche loro senza alcuna connessione con angeli e santi. Due uomini immersi nelle acque da dove spuntano a dorso completamente nudo. Uno di loro impugna un corno di conchiglia traboccante di fiori. L’altro tiene tra le mani un drappo scarlatto; da sotto appaiono pinne come quelle di una sirena. Hanno tutta l’apparenza dei Tritoni. Figure fantastiche dotate proprio di un corno di conchiglia con il suono calmavano le tempeste delle acque e annunciavano l’arrivo dio del mare. Anche qui non possono sfuggire i richiami alla figura di Cristo che, nei racconti evangelici, si trovò spesso a calmare le tempeste che si scatenavano sulle barche dei suoi apostolini poveri pescatori di Galilea. E non fu Gesù ad annunciare il ritorno di Dio Padre nella storia degli uomini. Anche qui il riferimento è calzante. Mitologia, Cristianesimo , fede e arte si mescolano 

Luca Poli


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