18 marzo 2024

Vincere il dolore del mondo con la Croce, una visione parziale

"Per vincere il male che annichilisce l'uomo e la sua dignità non c'è che una scelta d'amore” come “l' atto di bontà infinita.... che Dio compie sacrificando il Figlio per salvare il mondo”….perchè solo “con una grammatica diversa.... si possono debellare l'odio e il peccato" e quindi il male del mondo e il dolore che ne consegue. Così don Claudio Rasoli nel suo editoriale su Cremonasera il 10 marzo scorso. Guardare al dolore del mondo come alla conseguenza del peccato, della “tirannide dell' io, della superbia di chi si sente e agisce da padrone della realtà e della storia” penso che sia scegliere di guardare al problema del male e del dolore da una prospettiva che lascia una chance, la possibilità di indicare la soluzione, la via d'uscita. E' difficile ma è vero, “dalla tirannide dell'io, dall'oscurità del peccato, dalla superbia dell' autosufficienza” si può uscire e questo, concordo, è il messaggio della croce che salva indicando la strada dell'amore, della condivisione solidale con gli altri che ci fa potenzialmente capaci di “quello stesso sguardo e abbraccio con cui Cristo raggiunge dalla croce ogni peccatore”. Ma il dolore del mondo non è solo conseguenza del male agito per superbia e prevaricazione da chi, impastato nelle proprie "insane passioni", non ha “gli occhi del cuore", come scrive l'editorialista. C'è un male 'ontologico', connaturato all'esistere, che è dolore del mondo e dolore di ogni umano consapevole che guardi col coraggio della lucidità alla vita. E' quello della condizione umana limitata, fragile, mortale, chiusa nel suo mistero e esposta agli accidenti della contingenza, agli insulti della natura. E' un dolore e un male non rimediabile con quella conversione del cuore capace di “annichilire la superbia" che don Claudio propone citando i Vangeli. Per questo male e dolore del mondo la croce è solo un invito alla non facile speranza che un senso ci sia, che il mistero sia spiegato, che il dolore sia giustificato, che la morte non sia l'ultimo atto. Speranza non facile e non assicurata a ciascuno se la si chiama "dono della fede". Leggere e spiegare il male e il dolore del mondo da una prospettiva parziale che consente di prospettarli come redimibili perchè imputabili alle nostre volontà penso sia scegliere una 'scorciatoia', cedere a una semplificazione che lascia ciascun umano più solo, e dunque più 'povero', a battere la 'via maestra' della vita, quella che interroga sui fondamentali con domande dure destinate a restare per noi viventi senza risposta.

Rosella Vacchelli


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commenti


Vacchelli Rosella

23 marzo 2024 21:08

Commento quello che ho scritto perchè ne sono molto convinta. Penso che la Chiesa debba trovare il coraggio di parlare del dolore del mondo senza schermature. Solo partendo da un dato di verità che poi è un dato di esperienza trova senso quella non facile speranza che è il messaggio di Cristo, il figlio di Dio che si presenta come fratello della nostra fragile umanità e si dice 'uomo dei dolori che ben conosce il patire'. Senza la vittoria sulla morte il messaggio dei Vangeli sarebbe solo una filosofia.