Mario Draghi, parole che non sanno di retorica
Il professor Mario Draghi ha iniziato il suo percorso di governo: una strada difficile, tutta in salita, ma, come ha spiegato “doverosa”. Il discorso di insediamento del premier sia al Senato che alla Camera dei deputati è destinato a segnare un passaggio decisivo nella politica italiana.Innanzitutto la sua essenzialità ha un senso pari ai contenuti programmatici. Abituati ad ascoltare fiumi di parole e ad assistere a pochi fatti, questo nuovo modo di presentazione degli intenti del governo è giunto come un segno di cambiamento che ci fa ben sperare. La successione degli obbiettivi di programma indicati dal premier segue la sequenza più logica: principale dovere per una responsabilità nazionale è essere uniti, poiché il “virus è nemico di tutti”; poi l’indicazione di un governo che agisca a tutto campo per fare le riforme e affrontare l’emergenza, senza un prima e un dopo. Un governo senza “aggettivi”, accettando da parte di tutti lo “spirito repubblicano” ed al quale non si pongono problemi di durata, ma si richiede la “qualità delle decisioni e il coraggio delle visioni” che per la ripresa non dipendono esclusivamente dall’economia ma dalla fiducia e dalla condivisione di valori e speranze.
Quindi il quadro internazionale nel quale si colloca l’Italia per essere socio fondatore dell’Unione Europea e protagonista dell’Alleanza Atlantica: una nazione che è una grande potenza economica e culturale con “tanti primati”, tra i quali, Draghi ha sottolineato, il “nostro volontariato” riconoscendo così pubblicamente il ruolo strategico e fondamentale del terzo settore. Dopo aver evidenziato i drammatici dati della pandemia sul piano sanitario e gli effetti sul piano economico, il discorso di programma ha richiamato la necessità di rivedere le reti di protezione del sistema sociale che presentano squilibri e dovranno affrontare sempre più la crescita delle diseguaglianze.
Le priorità per la ripresa partono dal piano di vaccinazioni, senza nuove sedi ad hoc ma da attuare con velocità attraverso tutte le strutture disponibili pubbliche e private, ed avviare, nel contempo, una riforma sanitaria che realizzi i centri di prossimità con un’attenzione particolare al territorio. Draghi si è posto la domanda di quale mondo troveremo una volta usciti dalla pandemia. Il richiamo è stato alle parole di Papa Francesco con l’invito a non rovinare l’opera della creazione.
Una prospettiva di ambientalismo, quindi, centrata su un equilibrio tra ecosistema e azioni umane. Su tale premessa vanno considerate le iniziative per un adeguato modello di crescita a cominciare dal turismo, quindi le politiche attive del lavoro, migliorandone le modalità di intervento; infine gli investimenti pubblici che creino domanda per nuove attività, con certezze di tempi e costi e con la partecipazione dei privati. In quanto al Next Generation Eu, al quale sarà interessato anche il terzo settore, gli obbiettivi vanno inquadrati in una strategia che intenda chiarire dove vogliamo arrivare in merito alla governance basata sul coordinamento tra il Ministero dell’economia e finanza e i dicasteri competenti, chiarendo le incertezze e cancellando le soluzioni del precedente governo baste sugli “esperti”. Per le necessarie riforme, tema strettamente connesso alla ripresa, il premier è stato chiaro sulle linee di intervento: da quella fiscale con un carattere globale e non ridotta a interventi parziali, riducendo il carico sul lavoro e sull’Irpef, a quella della pubblica amministrazione a quella della giustizia dove l’efficienza dovrebbe riguardare lo sviluppo di norme procedurali più semplici. Appare quindi evidente una modifica sostanziale di mentalità , di un approccio operativo che cambi da una visione complessiva poggiata pressochè sull’assistenzialismo a quella che, invece, punti decisamente sullo sviluppo. Ed è già questo un grande cambiamento che può far riaffiorare quelle energie che, prioritariamente, hanno consentito al Paese nei momenti difficili di uscire dalle crisi. Il premier al termine dei suoi interventi, sia al Senato che alla Camera dei deputati, ha chiesto “il sostegno convinto del Parlamento”, non poggiato “su alchimie politiche, ma sullo spirito di sacrificio con cui donne e uomini hanno affrontato l’ultimo anno, sul loro vibrante desiderio di rinascere, di tornare più forti e sull’entusiasmo dei giovani che vogliono un Paese capace di realizzare i loro sogni”. Le parole conclusive: “Oggi l’unità non è un’opzione è un dovere. Ma un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce tutti: l’amore per l’Italia”.
L’amabilità delle sue parole conclusive verso il Paese Italia non nasconde che si apre una fase di sacrifici, illuminati dalla volontà di offrire un futuro alle nuove generazioni che sono il vero obbiettivo di ogni sforzo di programma e di riforme. Parole che, pronunciate dal premier Draghi, per una volta non suonano come retoriche ma sentiamo invece come vere e in grado di riportarci sulla strada giusta.
Michele Fusari (presidente MCL del territorio - membro del comitato esecutivo nazionale)
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