Arrivato da Lecce e in partenza per Mantova, Lorenzo Guerini, ministro alla Difesa, fa tappa a Cremona per rinfrancare, a sei giorni dalle elezioni, iscritti simpatizzanti locali del Pd riuniti a SpazioComune: “I sondaggi possono dare il senso di una partita risolta, ma credo ci sia ancora lo spazio perché quei sondaggi vengano smentiti dalla realtà”.
Al fianco dell'ex sindaco di Lodi i vertici e i candidati cremonesi del Partito democratico. “Quella in corso - ha detto Guerini - è una campagna complicata che ci siamo trovati a dover affrontare per la conclusione, non prevista e non auspicata, del governo di Mario Draghi”. Una fine anticipata “causata dalla decisione di alcune forze politiche, a cominciare dai 5 Stelle che hanno aperto un'autostrada in cui si sono inseriti Lega e Forza Italia. Un epilogo sbagliato. Non è scandaloso che si voti, lo è il messaggio che si è dato al mondo facendo cadere un esecutivo presieduto da una personalità come Draghi. Non c'è stata una questione di merito, ma solo interessi di partito perseguiti da Salvini e Conte”. Guerini non ha dubbi: “Il centrodestra è capace di rimettersi insieme quando si vota per poi dividersi il giorno dopo: un film già visto su questi schermi”.
Inevitabile, visto il ruolo del ministro, un lungo capitolo sulla guerra in Ucraina. “Quella della Russia è un'invasione sanguinaria, che mette in pericolo l'ordine e la sicurezza internazionale. Chi oggi dice 'lasciamo fare agli altri, teniamoci le mani pulite' vuole la resa dell'Ucraina e la vittoria di Putin. Se applicassimo il ragionamento di Conte, l'Ucraina sarebbe sopraffatta nel giro di pochi giorni”. A proposito del presidente russo, “non sottovalutiamo il messaggio che arriva dal vertice di Samarcanda: in quella sede, in maniere pubblica e non solo riservata, sia l'India che la Cina hanno espresso n giudizio implicitamente negativo sul conflitto scatenato da Mosca. Le sponde internazionali che Putin si aspettava sono meno salde di quanto si aspettava”. Domenica prossima “anche questo tema, il tema della guerra, sarà presente nel voto. C'è in gioco anche questo, ma anche molto altro: ci sono in gioco due visioni alternative di società, una battaglia sull'ampliamento dei diritti o la loro contrazione, un'idea dell'economia”.
A questo punto il discorso è tornato all'interno del Pd. “Non nascondo le difficoltà con cui il nostro partito sta affrontando questa campagna, difficoltà dovute al nostro impegno, che è sempre stato quello di costruire”. Il ministro ha ricordato, quasi rivendicato, di essere stato “tra i più cauti nella collaborazione con i 5 Stelle. Abbiamo lavorato, con molta generosità, per costruire un campo largo, ma questo campo si è ristretto per scelte non dipendenti da noi”. A sinistra del Pd, vale a dire Giuseppe Conte, ma anche alla sua destra, ossia Carlo Calenda. “Sono successe cose sconvolgenti. Si sottoscrive un accordo e dopo due giorni si dice: ho cambiato idea. Forse perché Calenda credeva di perdere un voto in percentuale. Ma dell'8 per cento che se ne fa? La partita si gioca all'uninominale, e lì ce la giochiamo noi e la destra”. Una destra, l'ha definita Guerini, “brutta, veramente brutta, in cui magari vedremo nuovamente Giulio Tremonti ministro all'Economia. Una destra sempre più a destra. Oggi la Meloni ha gettato la maschera dicendo di sperare che una sua vittoria il 25 settembre apra le porte alla vittoria in Spagna di Vox, un partito tutt'altro che moderato”. Il Pd, invece, “è un partito serio, responsabile. Forse tutto questo è un limite, non va più di moda”.
Chiusura affidata a un ricordo personale. “Vengo da una famiglia umile, padre operaio, madre cuoca in un asilo comunale. Mio padre è rimasto orfano presto di mio nonno, morto per un incidente di lavoro, e ha lasciato la scuola per andare a lavorare. Si iscrisse molto giovane al PCI, io invece alla Dc. Siamo un partito progressista, Non dobbiamo dimenticare da dove veniamo”.
fotoservizio di Gianpaolo Guarneri (FotostudioB12)
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