16 giugno 2021

Venerdì al Ponchielli, L'Orfeo di Monteverdi con la regia di Cigni

Il Monteverdi Festival 2021 inaugura con l’opera e con L’Orfeo, capolavoro del Divin Claudio, al Teatro Ponchielli il 18 e 24 giugno (ore 20.00). La raffinata regia di Andrea Cigni sarà accompagnata dalla sublime musica eseguita dall’Orchestra e Coro Monteverdi Festival /Cremona Antiqua con la direzione del M° Antonio Greco. Una rappresentazione suggestiva e coinvolgente in cui si incontreranno tre mondi.

biglietti in vendita alla biglietteria del Teatro (lun /ven 10.00 alle 18.00 e sab/dom 10.00/13.00 tel 0372.022001/02) – biglietteria@teatroponchielli.it –www.teatroponchielli.it

Biglietti: platea/palchi €45- galleria €40- loggione €35

OPERA

venerdì 18 giugno, ore 20.00 - giovedì 24 giugno, ore 20.00 

Teatro A. Ponchielli

L’ORFEO

favola pastorale di Alessandro Striggio

musica di C. Monteverdi

Prima rappresentazione: Mantova, Palazzo Ducale, 24 febbraio 1607

Orfeo Mauro Borgioni - La Musica / Proserpina Roberta Mameli

Messaggera / Speranza Giuseppina Bridelli - Caronte Alessandro Ravasio

Plutone Davide Giangregorio - Euridice Cristina Fanelli - Apollo Luca Cervoni – Pastore I Raffaele Giordani – Pastore II Roberto Rilievi – Pastore III Danilo Pastore 

ORCHESTRA E CORO MONTEVERDI FESTIVAL

CREMONA ANTIQUA

direzione e cembalo Antonio Greco

maestro del coro Diego Maccagnola

regia Andrea Cigni

scene e costumi Lorenzo Cutùli

light designer Fiammetta Baldiserri

coreografie Isa Traversi

assistente regia Luca Baracchini

assistente ai costumi Veronica Pattuelli

 

allestimento e produzione

Fondazione Teatro A. Ponchielli Cremona

 

Favoloso, mitico, fantastico. Questo evoca l’allestimento, ormai ‘storico’, de L’Orfeo, per la regia di Andrea Cigni e le scene e i costumi di Lorenzo Cutùli. I tre mondi del quotidiano, degli inferi e dell’apoteosi finale del protagonista, si succedono in un racconto suggestivo e di forte impatto visivo. La direzione è affidata al M° Antonio Greco, a capo dell’Orchestra e del Coro del Monteverdi Festival.

Note di Regia di Andrea Cigni

Per pensare questo allestimento mi sono ispirato ad alcune opere pittoriche e ad alcuni testi: tra tutti ho scelto un dipinto di Jean Delville, sipario di questo allestimento, a sottolineare che il finale dell’opera è in realtà diverso rispetto a quello proposto da Monteverdi e Striggio.

Alcune letture, legate oltre che al mito di Orfeo, anche all'esoterismo ed alla negromanzia, sostengono il mio lavoro, documenti che muovono le loro argomentazioni dal personaggio di Orfeo, interpretandone le azioni e i comportamenti. Io immagino un Orfeo non solo mitico, ma anche metamorfico, capace di mutare comportamento in poco tempo e come è stato più volte detto un eroe di ieri per il mondo di oggi, un Orfeo non così facilmente decifrabile e leggibile, con alcuni lati oscuri del suo essere. La rappresentazione di Orfeo di Claudio Monteverdi, pur nata in un contesto totalmente diverso da quello proposto in questa mia analisi, non può non tenere conto di alcuni aspetti fondamentali legati soprattutto agli elementi fantastici e favolosi, fin quasi magici, che quest'opera ha in sé e che derivano proprio dalle scritture classiche.

La messinscena cerca di richiamare costantemente il concetto di magico. Luci, livelli di rappresentazione, ambientazioni, si ispireranno a qualcosa che dovrà essere riconoscibile principalmente come favoloso grazie anche ad un uso particolare e dosato della luce, la luminescenza degli elementi, il loro riflesso, la sensazione che nulla appartenga al mondo terreno ma ad un mondo fittizio, inventato, nonostante siano riconoscibili elementi apparentemente naturali, come l'acqua o il bosco, il fogliame iniziale.

I movimenti degli interpreti sono lenti e surreali, mai casuali, ma piuttosto profondamente rituali (ritualità legata alla cerimonia nuziale, all'evocazione, all'apoteosi, alla magia, con riferimenti anche storici).

L'atmosfera generale della scena non è necessariamente buona o positiva, nonostante un'iniziale apparente serenità che ritroviamo alla fine dell'opera (in effetti la strategia barocca prevedeva il lieto fine come condizione necessaria).

Una scatola scenica lucida sui toni del nero, dell'argento, delle concrezioni in pietra. Gli ambienti boscherecci, infernali, realizzati seguendo l'idea della suggestione e non della imposizione, accompagnati da alcuni colori come il blu e il rosso nei vari ‘ambienti’ che si susseguono.

Questo universo si articola in tre ambienti: seguendo un'idea barocca di divisione del mondo. 

Il quotidiano (bosco, ciò che sta in mezzo), ovvero l'inizio, la scena del rito nuziale, e dell'arrivo della Messaggera e di ciò che lei porta con sé; l'infernale (l'Ade sotto al bosco, sotto alle piattaforme centrali, ciò che era sommerso dall'acqua calma e scura della palude ora si rivela), è questo il luogo del viaggio iniziatico, del regno di Plutone, del particolare rapporto tra Orfeo e la “sua” Euridice, infine il divino (sopra al bosco e alle piattaforme), quello dell'apoteosi finale, dell'ascesa al cielo tra gli dei e del mutato rapporto tra Orfeo e il mondo.

La scena, con i suoi percorsi, poggia inizialmente su una palude, un lago calmo, una serie di passaggi obbligati, una piattaforma divisa in due rettangoli e dei collegamenti tra questi praticabili. Intorno, il bosco che arriva fino all'acqua. Tutto sembra sospeso, fin quasi rilassante. Acqua che nasconde un mondo sommerso (che poi sarà quello infernale). Man mano che sprofondiamo nell’acqua si rivelano l’ingresso al mondo sotterraneo, con Caronte e le anime immerse nel fiume infernale, e poi ancora più sotto, nel regno di Plutone che si presenta ai nostri occhi con la maestosità di un salone dipinto, segue, prima del ritorno nei campi di Tracia, la scena della perdita definitiva di Euridice da parte di Orfeo, accompagnata dalla costante presenza dell’occhio infernale. Infine l’arrivo di Apollo, rassicurante e benevolo, col nuovo Orfeo che ci viene restituito dal percorso negli Inferi.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti