5 agosto 2021

La canoa azzurra rinasce con Oreste Perri e arriva l'argento olimpico. Una medaglia che mancava da quando aveva lasciato la direzione

Ci voleva proprio Oreste! per far risorgere la canoa azzurra. Mancava una medaglia olimpica dal giorno in cui Oreste aveva lasciato la direzione della squadra azzurra 
Erano finiti i tempi di Rossi e Scarpa, di Bonomi e Idem, ma anche dei vari Negri, Lussignoli, Scaduto e la canoa italiana era caduta nell’oblio, incapace di sollevarsi e di trovare almeno un atleta in grado di farne rivivere fasti lontani. Oreste aveva lasciato e si era dedicato alla politica divenendo Sindaco della sua Cremona, poi Presidente del Comitato Regionale del CONI, ma quando sul Presidente federale Bonfiglio ha deciso un paio d’anni fa di proporgli unrientro, Oreste non ha resistito al richiamo della pagaia. Ha detto si, si è rimboccato le maniche ed è tornato al centro federale. Qualche giovane promettente c’era ed il lavoro è cominciato: le prime attenzioni per l’ingegnere pavese Mafredi Rizza, esperto di nonotecnologie oltre che canoista cresciuto naturalmente nella sua città. Oreste ha plasmato e completato il lavoro dei suoi tecnici ed i risultati hanno cominciato ad arrivare. L’argento conquistato nella difficile gara dei 200 m., una lotteria per alcuni, un esercizio difficilissimo e che richiede doti tecniche e mentali eccezionali per chi ha dimestichezza con lo sport della pagaia, è solo il primo tassello di quella squadra che Perri sta cercando di ricreare e che, siamo certi, presenterà a Parigi per andare a caccia di medaglie ancor più pregiate.
S’è sentita la commozione di Oreste, l’affiorare della sua passione quando ha commentato l’impresa di Manfredi al microfono della RAI. Oggi Oreste, a settant’anni suonati e dopo aver vinto più di tutti è capace ancora di commuoversi per una medaglia. così com’è in grado di dirigere una squadra con la tempra e le capacità d’un tempo. E’ rimasto fuori dai giochi per una dozzina d’anni, ma ha recuperato in fretta i progressi e i cambiamenti intervenuti nella conduzione di uno sport in completa evoluzione.
Oreste era arrivato alla conduzione della nazionale cinque anni dopo l’abbandono dell’attività agonistica, quando ormai era sicuro che le pagaie non avrebbero più avuto parte preponderante nel suo mondo e la scuola e l’insegnamento sembravano assorbire ogni suo interesse, Si ritrovò alla testa del movimento tecnico della squadra nazionale, quando la canoa s’era staccata dal canottaggio. Nessuno poteva vantare la sua esperienza in Italia, nessuno il suo carisma nel contesto mondiale, ove tutti portavano rispetto a quell’italiano che da solo, per anni, aveva creato scompiglio e sconquasso nelle alte gerarchie dello sport, che non aveva mai avuto alle spalle un’adeguata assistenza dalla Federcanottaggio, che quando aveva avuto bisogno di un massaggio o di un cerotto prima di una gara, era stato costretto a mendicare l’aiuto di un fisioterapista sovietico o di un medico ungherese, ma che quando era in canoa teneva tutti irrimediabilmente nella sua scia, che ancor oggi, nei paesi dell’Est, è conosciuto e considerato come uno dei grandi profeti della canoa mondiale.
Da atleta a tecnico il passo non è mai facile, soprattutto quando si è nati con le stimmate del fuoriclasse e si è portati per natura a ritenere che solo i propri metodi, le proprie impostazioni, i propri stereoripi siano quelli giusti dal momento che hanno portato una volta al successo, ma Oreste del “maestro” ha sempre posseduto l’umiltà e la volontà di imparare, di non lasciare mai nulla propria sola intuizione ed esperienza. Ha invece sempre guardato, spiato, osservato e comparato il lavoro deglia ltri al proprio. Ne ha tratto le cose migliori, le ha adattate a ciascun uomo del suo entourage, ha costruito in pochissime stagioni una squadra vera, fortissima, quasi imbattibile, che ha sorpreso il mondo così’ come aveva fatto lui vent’anni prima in quel pomeriggio afoso di Mexico ‘74 nella laguna di Xochimilco in cui aveva battuto il grandissimo Shaparenko. 
Ed è proprio da quella pumblea laguna che dai tempi suoi non era per nulla mutata se non per lo smog  che ora rendeva quell’aria rarefatta ancor più difficile da respirare, nasceva la grande squadra di Rossi e Scarpa, di Bonomi e Negri, dei cremonesi Lussignoli e Benedini. 
Ancora a Mexico i primi grandi palpabili riconoscimenti, in termini di medaglie, dopo oltre dieci anni di lavoro per ricostruire la canoa praticamente dal nulla che era rimasto del “dopo Perri”
Il lavoro paga sempre era il suo credo agonistico. Applicarlo a se stesso e inculcarlo agli altri è stato il suo merito maggiore nell’ambito della canoa. Sotto di lui la nazionale azzurra è cresciuta sino a divenire, ad Atlanta, incredibilmente la più forte al mondo. E’ stata la sua grande rivincita su un destino che non gli ha mai messo a disposizione, in ambito olimpico, la gara in cui per anni è stato imbattibile, quella dei 10.000 metri.
E, per una sorta di rivincita delle delusioni subite da atleta, ecco che il lavoro di Perri viene ripagato con ben 12 medaglie conquistate tra settore maschile e femminile, di cui 4 Ori, 5 argenti e 3 bronzi, oltre a qualcosa come 9 medaglie d’oro iridate Ora, a carriera terminata, anche da tecnico, credo non abbia più rimpianti: quelle medaglie olimpiche che ha inseguito per tre edizioni dei Giochi, ora stanno copiose al collo dei suoi allievi ed in esse c’è molto del suo lavoro, della sua ferrea volontà, del suo carisma e competenza,  soprattutto della sua modestia. Attorno a lui, al suo lavoro, si è anche andata formando la Federcanoa con i cui vertici, all’inizio, ha lottato duramente così come aveva fatto da atleta con quella del canottaggio, ma che poi è stata quasi costretta ad identificarsi con lui e con il suo staff.
Oreste non si è mai vantato delle medaglie dei “suoi”, le ha sempre soltanto attribuite alla fortuna che gli ha fatto trovare un gruppo meraviglioso di atleti eccezionali, ma se alle loro spalle non ci fosse stata quell’organizzazione tecnica avanzatissima, quel lavoro di ore e ore a provare e sperimentare davanti al computer e al video o in barca nei bacini di Castelgandolfo o della Val Senales, o ancora dei laghi di Mantova, difficilmente sarebbero arrivati gli esaltanti risultati delle Olimpiadi di Atlanta e di Sidney.
Uomo abituato alle grandi sfide, Perri si cimenta anche in politica, lasciando l’incarico in Federazione per assumere per un quinquennio – da giugno 2009 ad egual mese del ’14 – il ruolo di Sindaco di Cremona, sconfiggendo al ballottaggio (51,51% a 48,49%) il primo cittadino uscente Gian Carlo Corada, candidato del Centrosinistra, mentre lui si era candidato nelle file di una lista civica, appoggiata dal Popolo delle Libertà e dalla Lega Nord.
Un compito che, come si può facilmente intuire, Perri svolse con il massimo impegno, avendo egli stesso ad evidenziare la grande differenza tra l’attività sportiva e quella politica, allorché afferma come “essere un Campione è qualcosa di gratificante, e che appaga la tua ambizione, ma tutto finisce lì, mentre invece, quando assume la carica anche solo di un semplice Sindaco, ecco che occorre razionalità per rendersi conto che, al contrario non si è arrivati da nessuna parte” …
Concluso il proprio mandato, Perri rientra nell’ambito sportivo venendo eletto nel maggio 2015 Presidente del Comitato Regionale lombardo del CONI succedendo a Pierluigi Marzorati, per poi,  tornare ad occuparsi a tempo pieno dello scopo principale della sua vita, essendo stato scelto dal Consiglio Federale della Canoa Sprint per assumere nuovamente l’incarico di Direttore Tecnico del settore, motivando la stessa per “le sue comprovate capacità tecniche, il carisma e la leadership, oltre che per la credibilità di cui gode nel mondo della canoa e non solo …”.
L’aver puntato ancora su Perri in tale ruolo è sintomo dell’esigenza avvertita dalla Federazione di avviare un programma che sia in grado di riportare la canoa azzurra ai vertici della specialità dopo i trionfi a cavallo del cambio di secolo, soprattutto in vista delle qualificazioni olimpiche del prossimo anno, con la speranza di poter rinverdire i fasti del passato, anche se la specialità è cambiata, come aveva avuto modo di rilevare lo stesso ex campione mondiale, allorché ebbe a dichiarare come “all’epoca in cui gareggiavo i migliori erano coloro che più di ogni altro riuscivano a spostare in avanti la soglia del dolore, la gara era sofferenza e chi riusciva a “morire in barca” vinceva, mentre al mondo d’oggi i metodi e sistemi di allenamento sono molto più sofisticati, pur se l’impegno e la disponibilità al sacrificio restano sempre i valori più importanti …”
Non possiamo certo sapere quale sarà l’esito di questa nuova avventura dalla bandiera della nostra canoa, ma di una cosa siamo certi, ovverossia che non lascerà nulla di intentato per ottenere il massimo dai propri atleti per quella che si è presentata, forse, come la più difficile, ma al tempo stesso affascinante, sfida della sua vita sportiva …!
Cesare Castellani


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