Silvano Usini, il Mancino di Monte Cremasco, oggi carrozziere a Bagnolo Cremasco, ha fatto la storia della Boxe
"Monte Cremasco è un paese che, visto da lontano, sembra addormentato tra le pieghe della pianura lombarda. Ma nel 1971, in una fredda mattina di febbraio, nacque lì un bambino destinato a risvegliare gli animi con la forza dei suoi pugni e la disciplina del suo cuore: Silvano Usini.
Sin da ragazzo, Silvano aveva un talento naturale per la boxe. Non era solo la forza a distinguerlo, ma quella calma tipica dei mancini, che sanno confondere e sorprendere. Quando entrava sul ring, il suo sguardo non tradiva emozione; osservava, studiava, poi colpiva. Era un modo di combattere che mescolava istinto e ragione, come se ogni incontro fosse una partita a scacchi fatta di jab e ganci.
Nel 1992, il giovane Usini si fece notare tra i dilettanti: argento ai Campionati Italiani di Sanremo, nei pesi piuma. Fu la prima volta che il suo nome comparve sulle cronache sportive, e già allora molti vedevano in lui una promessa. A dicembre, batté Giovanni Giungato ai punti. La sua carriera stava per decollare.
L'anno seguente, 1993, segnò il passaggio al professionismo. Il debutto, a Follonica, fu un trionfo: vittoria per KO tecnico al secondo round contro Mohamed Nedjib Jebali. Ma la strada del professionista è fatta di luci e ombre: a fine anno, a Capo d'Orlando, la sua prima sconfitta, contro Vincenzo Chianese. Usini non si scoraggiò. Ogni caduta, nella boxe come nella vita, era solo un altro colpo da incassare con dignità.
Tra il 1994 e il 1996, Silvano costruì, incontro dopo incontro, la sua leggenda. Vittorie in Italia e all'estero, una serie di successi che lo portarono fino al titolo internazionale WBC dei pesi leggeri, conquistato nel 1995 a San Mango d'Aquino, contro Ljubisa Simic. L'anno seguente, a Acquaviva Picena, divenne campione italiano dei pesi superpiuma, battendo Athos Menegola dopo dodici round intensi. Da quel momento, Usini fu il volto nuovo del pugilato italiano: un campione silenzioso, disciplinato, elegante nei modi e devastante nei colpi.
Dal 1996 al 1997, difese più volte il titolo, sconfiggendo avversari come Massimo Conte, Jorge Alberto Pompe e Massimo Bertozzi. Ma il destino dei campioni è sempre oscillante: nell'ottobre del '97, a San Prisco, contro Prisco Perugino, Usini perse la cintura. Non fu solo una sconfitta sportiva, ma una ferita personale. Eppure, anche quella volta, Silvano trovò la forza di rialzarsi.
Gli anni seguenti lo videro protagonista di una nuova ascesa. Tra il 1998 e il 1999, inanellò una serie di vittorie per KO, dimostrando di essere più maturo e spietato che mai. Tuttavia, il sogno mondiale gli sfuggì nel luglio del 1999, quando fu fermato all'ottavo round da Jorge Barrios, in un match valido per il titolo vacante WBU dei superpiuma.
Ma la storia di Usini non si chiudeva lì. Nei primi anni Duemila, tornò sul ring con una determinazione rinnovata. Nel 2001, la sua carriera conobbe un secondo apice: a Cavatigozzi, conquistò il titolo WBA International dei pesi superpiuma, battendo Athanas Nzau per KO tecnico al quinto round. Lo mantenne l'anno seguente, difendendolo in casa, a Crema, con una straordinaria vittoria su László Bognar.
In totale, 33 incontri, 29 vittorie, di cui 19 per KO, e solo 4 sconfitte: numeri che raccontano una carriera di ferro, fatta di sacrifici, sudore e resilienza.
Oggi, il nome di Silvano Usini evoca il ricordo di un pugile dallo stile pulito, di un campione che ha fatto onore alla sua terra senza clamore, solo con il rumore sordo dei suoi colpi e il silenzio dignitoso della sua umiltà.
Il mancino di Monte Cremasco: un uomo che, con i guantoni, ha scritto una pagina autentica della boxe italiana degli anni Novanta".
Così hanno scritto sulla pagina social "Storie di glorie del pugilato italiano". E oggi, Silvano, fa il carrozziere nella sua Carrozzeria Italia di Bagnolo Cremasco.
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