3 luglio 2025

"Armonie a tre”: la poesia della musica da camera nella prima serata dello Stauffer Summer Music Festival

È tra i rigogliosi giardini dell’ex Palazzo Stradiotti che lo Stauffer Summer Music Festival ha nuovamente aperto le danze facendo risuonare in questa piccola oasi cittadina un programma cameristico tanto ambizioso quanto appassionante. 

In questo raffinato contesto dal sapore bucolico, rinverdito dalla bella stagione e sapientemente curato, il Trio Rinaldo e il Trio Bedrich sono stati equamente protagonisti della serata dal titolo “Armonie a tre” proponendo pagine di Alfredo Casella, Gabriel Fauré (il primo) e Robert Schumann (il secondo).
L’insolito accostamento di questi autori ha consentito al pubblico di percorrere un excursus musicale cronologicamente inverso partendo da brani tardo romantici e moderni di scuola francese e concludendo con brano pienamente romantico.

In apertura il trio Rinaldo (composto da Leonardo Ricci, violinista, Rebecca Ciogli, violoncellista e  Lorenzo Rossi, pianista) ha proposto il distico Sicilienne et Burlesque di Casella, opera cameristica tra le più significative: le armonie densamente cromatiche che costellano il primo movimento hanno sostenuto le malinconiche melodie sapientemente enunciate dai tre giovani musicisti. L’ondeggiante languore della siciliana, con i suoi lineamenti fluttuanti, ha lasciato posto alla ruspante burlesca, brano di bravura di impronta stravinskyana affronta dalla compagine con sprezzante gagliardia e umorismo.

Di stampo più enigmatico il Trio Op. 120 di Fauré, opera chiaroscurale e insidiosa nella sua apparente semplicità. La vena melodica dell’autore è emersa fin da subito come elemento preponderante nel primo movimento, la presenza di momenti all’unisono ha fatto trasparire un’intonazione sicura ed evidenziato la trasparenza di una scrittura cameristica introspettiva e profonda che in qualche modo vuole riprendere la chiarezza dello stile settecentesco. 

L’attenzione all’equilibrio tra le parti, frutto di ore di studio e ricerca, non è mai venuto a mancare: non c’è stata prevaricazione ed il discorso musicale ha avuto un decorso lineare. 

Notevole, all’interno del secondo movimento, la sezione cantabile in cui il pianista ha dato sfoggio di grande espressività e controllo. Ancora una volta ci siamo imbattuti in armonie complesse che denotano una ricerca musicale originale e non sterile, sintomatica di una volontà da parte dell’ormai anziano musicista di trovare soluzioni innovative e fresche.

Sono proprio freschezza e giovialità a contrassegnare il finale di questo trio: gli ampi e teatrali gesti musicali dell’apertura ricompaiono a più riprese interpolati da elementi più giocosi. La ricomparsa del tema del primo movimento, espediente musicale particolarmente caro ai musicisti francesi, ha segnalato l’inizio della coda: violino e violoncello hanno dialogato con in pianoforte alla pari. Il Trio Rinaldo si è dimostrato abile, compatto e in grado di meravigliare con una buona tavolozza di colori e timbri.

Seconda parte della serata dedicata al Trio Op. 63 di Schumann, brano di significative dimensioni dalle tinte fosche ed appassionanti.

Il dinamico primo movimento è un vero e proprio condensato delle caratteristiche principali dell’estetica schumanniana: temi struggenti (non a caso accanto alle indicazioni agogiche iniziali compare un termine ricorrente nell’arco delle sue composizioni, ovvero Leidenschaft, passione nel senso più viscerale del termine), slanci vitali, introspezione profonda, elaborazione esasperante del materiale musicale, insomma chi più ne ha più ne metta.
Il Trio Bedrich (Margherita Ceruti al violino, Michele Mazzola al violoncello e Filippo Piredda al pianoforte) ha da subito raccolto la sfida immergendosi con giovanile ardore tra le fitte spire di questa splendida partitura.
Le scelte interpretative sono state dichiarate da Margherita Ceruti: “In un brano del genere è importante non sovraccaricare una scrittura già di per sé molto densa e dettagliata, occorre allontanarsi dal singolo particolare e cogliere il pezzo nella sua interezza”.
L’assieme, sempre lucido e convincente, ha dato vita ad un suono quasi materico particolarmente evidente nei primi due massicci movimenti. 

Nota di merito per la ricerca del timbro al ponticello all’interno dell’allegro iniziale: si tratta di uno strumento espressivo piuttosto raro nella produzione di Schumann e impiegato cum grano salis in corrispondenza di momenti particolarmente estatici. 

L’eroismo un po’ grottesco del secondo tempo è presto soppiantato da toni delicati e suadenti del terzo, la scrittura si è fatta lieve e l’emotività più profonda si è rivestita di melanconia. Il terzo movimento,  , ha messo in luce il lato più sentimentale del gruppo. 

Festoso e travolgente il finale: gli interpreti hanno portato a termine la performance con virtuosismo e brillantezza nonostante le condizioni climatiche assolutamente complicate (chapeau a tutti e sei). 

I difficilissimi equilibri tra le parti sono stati gestiti con intelligenza da entrambe le formazioni, come spesso capita affrontando un repertorio del genere lo sbilanciamento tra la scrittura pianistica fittissima e quella degli archi (spesso messi in croce da una tessitura che tende a “soffocarli”) è un problema pressoché costante con cui tutti i musicisti hanno dovuto fare i conti. 

Il folto pubblico ha risposto con entusiasmo al termine di entrambe le performance.
Prossimo appuntamento sabato 5 luglio alle 21, sempre nei giardini di Palazzo Stauffer, con Giovanni Sollima e i suoi alunni.

Fotoservizio di Vanessa Maianti

Filippo Generali


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