I molteplici volti della famiglia Bach: dalla musica di corte alle architetture dell’ingegno. L’Akademie für Alte Musik rianima il sommo intelletto del Kantor
Si avvia verso la conclusione l'edizione 2025 dello Stradivari Festival con un appuntamento dedicato alla famiglia Bach, il secondo della rassegna riservato al grande Kantor e ai suoi figli. La scorsa primavera il festival si era inaugurato con l’integrale dei Concerti Brandeburghesi eseguiti dalla Freiburger Barokorchester (leggi qui l'articolo di Angela Alessi), una brillante apertura in cui dominavano l’abbaglio della magnificenza barocca e la sontuosità orchestrale pensata per stupire le corti europee. Qui, invece, il percorso ha cambiato prospettiva facendosi più intimo, più bifronte mettendo a ci fronti musica cortigiana emassimo intelletto musicale, generando un discorso affascinante sul cuore stesso della dinastia Bach.
Il programma di questa serata — raramente eseguito — è stato affidato all’Akademie für Alte Musik Berlin, presentata in una formazione volutamente spartana, ridotta all’essenziale, sempre in contrasto con il grande ensemble che ha visto protagonista l’apertura di stagione. Una scelta che ha rivelato la volontà di mettere a fuoco la materia pura della scrittura bachiana, senza ingombri, senza sovrastrutture; un suono nudo che ha mostrato ciò che spesso la tradizione stratificata tende ad addolcire.
Il quartetto berlinese — Georg Kallweit al violino, Georges Barthel al flauto traversiere, Katharina Litschig al violoncello e Raphael Alpermann al clavicembalo — si è mosso con un’attenzione maniacale alla prassi historically informed. La cura delle articolazioni, l’uso minuziosamente calibrato del vibrato, la mobilità agogica, la trasparenza timbrica concorrono a restituire un Bach spogliato da secoli di tradizioni, messo a nudo, riportato alla sua materia originaria.
Il percorso si è aperto con la Trio Sonata in si minore Wq 143 di Carl Philipp Emanuel Bach, dove la sensibilità del figlio prediletto si manifesta attraverso una linguaggio musicale a tratti nervoso, che tuttavia non nasconde l'influenza dello stile del padre. L’Allegro oscilla tra tensione e respiro, l’Adagio, con le sue linee la guide e cromatiche, ha sospeso il tempo con un’intensità intima e mai manierata, muovendo gli affetti con grazia e sobrietà. Il Presto finale ha rivelato quell’energia inquieta che rende C.P.E. una voce imprescindibile dell’epoca di transizione.
Con la Trio Sonata in si bemolle maggiore BR-WFB B 16 di Wilhelm Friedemann Bach, il discorso si è illuminato di una brillantezza più cortigiana, fatta di eleganza danzante e guizzi improvvisi. L’Andante si è aperto con un gesto aristocratico, l’Allegro ma non troppo ha giocato con la retorica delle frasi risposte, e il Vivace finale ha brillato di una vitalità che gli esecutori rendono tersa e leggera, senza mai tradire la severa disciplina dello stile.
La Trio Sonata in sol maggiore BWV 1038 di Johann Sebastian Bach rappresenta il punto di convergenza tra queste due anime della famiglia: da un lato la compostezza filigranata della tradizione barocca, dall’altro una vivacità dialogica che anticipa nuovi mondi espressivi. Il Largo iniziale si è disteso con lirismo e sobrietà ; il Vivace, l’Adagio e il Presto finale hanno mostrato un controllo del contrappunto così naturale da sembrare spontaneo, pur nella sua complessità.
Dopo la pausa, il pubblico è stato condotto al vertice del pensiero musicale europeo: L’Offerta Musicale BWV 1079, summa dell’intelletto bachiano. Il tema regium, nato come sfida da parte dell’imperatore Federico II a Bach stesso, ha ricalcato nella sua linea melodica una sorta di severo lamento, un disegno volutamente arduo che invita il compositore a trasformare quella linea in una vera e propria struttura architettonica, capace di generare canoni, ricercari e variazioni secondo logiche di vertiginosa precisione.
L’ensemble ha affrontato il ciclo con una sobrietà rigorosa: gestualità morigerata, nessuna concessione al sentimentalismo, solo l’essenzialità come principio generatore di possibilità infinite. Ogni ricercare e ogni canone si sono dispiegati con chiarezza cristallina, resa possibile proprio dall’organico ridotto e dalla prassi historically infomed, che ha illuminato la struttura risaltandone le peculiarità formali.
Unana serata che ha riunito, in un unico arco narrativo, la brillantezza aristocratica dei figli e l’assoluto mentale del padre. Un programma raro, prezioso, che nella sua semplicità strumentale e nel rigore interpretativo trova una forza espressiva inaspettata: una lettura che non abbellisce, non addolcisce, ma illumina Bach come se fosse ascoltato per la prima volta.
Foto di Francesco Sessa Ventura
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