"La sfida per la liuteria è mantenere alto il brand 'made in Cremona' per la tutela del mercato. Serve qualità certificata e garantita (anche da controlli)" intervista al professor Fabio Perrone
Il futuro della liuteria, la tutela del marchio "made in Cremona" sugli strumenti musicali, il caso degli strumenti contraffatti e il danno d'immagine, la tecnologia che aumenta la concorrenza. Sono i temi che abbiamo affrontato nell'intervista con il professor Fabio Perrone, perito di strumenti musicali.
- L’Assessore Bona ha affermato che non c’è nessuna battuta d’arresto per la liuteria e il Piano di Salvaguardia del saper fare liutario, cosa ne pensa prof. Perrone?
Credo sia una ottima notizia. La liuteria cremonese rappresenta uno degli asset strategici della città sotto differenti punti di vista: culturale, sociale, economico e turistico.
- Secondo lei è necessario un riposizionamento della liuteria cremonese?
Il discorso è lungo e complesso ma forse val la pena fare qualche accenno. Dieci anni fa, a marzo 2016, fu pubblicato un articolo su Il Giorno a firma di Daniele Rescaglio il cui titolo suonava così: “Nella patria di Stradivari il violino è made in Cina”. Una dichiarazione forte che metteva l’accento sul fatto che alcuni liutai “[…] hanno iniziato ad acquistare violini «in bianco», ovvero non ancora terminati all’estero per poi rifinirli nelle loro botteghe e rivenderli sul mercato” e ancora “altri invece si limitano ad acquistare i pezzi per poi assemblarli a Cremona, ma in ogni caso rimane il fatto che questa pratica getta un’ombra lunga sul futuro della liuteria cremonese, mettendo anche in crisi il riconoscimento avuto dall’Unesco di città del saper fare liutario”. A questo articolo ne sono seguiti altri di Gilberto Bazoli sulle pagine del Corriere della Sera e approfondimenti specifici sul Sole24Ore.
A distanza di dieci anni ritengo che il problema non sia scomparso e che, anzi, rappresenti oggi in maniera ancora maggiore un problema di fiducia e di affidabilità della manifattura cremonese prima ancora che di prodotto.
- In che senso?
Nel senso che oggi circolano molti più strumenti contraffatti rispetto a dieci anni fa e che molte questioni legate alla vendita di aliud pro alio (una cosa per un’altra) sono approdate in sede di Mediazione Civile e Commerciale o nei Tribunali. La dinamica è quasi sempre la stessa e il più delle volte interessa strumenti acquistati da musicisti presso dealer in punti vendita autorizzati e non direttamente nelle botteghe dei liutai. A fronte della richiesta d’acquisto di uno strumento artigianale cremonese, a volte viene proposto sotto mentite spoglie uno strumento seriale che, dopo l’acquisto e a distanza di qualche mese a seguito di richiesta di copertura assicurativa o di supervisione da parte di un liutaio professionista, l’acquirente scopre non essere di fattura artigianale men che meno di origine cremonese e di qui la richiesta di scioglimento contrattuale per aliud pro alio datum. Nella maggior parte dei casi il dealer restituisce la somma incassata e il musicista lo strumento ponendo fine alla questio. In altri casi il contenzioso sfocia in una lite che si protrae per anni nelle aule giudiziarie e in alcuni casi ha persino coinvolto gli eredi essendo venuto meno il dealer. Ora: quale percezione può avere il mercato rispetto a questi fatti di cronaca? Quale il danno di immagine per un marchio territoriale? Quale il danno economico correlato per gli operatori?
- Ci fa un esempio?
Due mesi fa è stato posto in vendita un violino in un famoso negozio di strumenti musicali della East Coast negli Stati Uniti. Uno strumento proposto come “cremonese” e venduto in poche settimane per 10 mila dollari. Lo strumento è stato acquistato con un certificato di autenticità che solo a guardarlo gridava vendetta, riportante dati di un liutaio inesistente ma con una indicazione di luogo riconoscibilissima: “C R E M O N A”. Mi domando: cosa farà l’acquirente quando scoprirà di aver acquistato un violino di un liutaio inesistente (nella denominazione ovviamente… perché qualcuno lo avrà pur costruito…) realizzato chissà dove (e non certo a Cremona…) e venduto per una somma ragguardevole con un certificato falso?
Alla luce di questi fatti credo occorra lavorare maggiormente sulla tutela del consumatore finale evitando che singoli casi possano creare disaffezione, sfiducia o dubbi nei futuri acquirenti con ripercussioni ingiuste sull’intero comparto territoriale.
- Il nodo rimane la “tutela”. Come attuarla?
Non esiste una ricetta unica ma credo occorra una seria riflessione da parte di tutti gli attori istituzionali, di categoria e di mercato. Nel 1949 Giovanni Iviglia, allora Segretario – poi divenuto Presidente – della Camera di Commercio Italiana in Svizzera, propose alla municipalità di Cremona l’istituzione di un “Registro dei violini” per arginare (già allora!) il fenomeno contraffattivo che lui stesso aveva combattuto nelle aule dei tribunali elvetici. In quegli anni Cremona rifiutò l’offerta non volendo entrare a gamba tesa in questioni di ordine mercantile. Oggi, forse, la situazione è molto cambiata, sia per il numero dei casi che stanno emergendo sia perché il territorio cremonese ha investito negli ultimi decenni molte risorse per la promozione della liuteria artigianale cremonese e del “saper fare liutario” tutelato dall’UNESCO, sforzi economici e di promozione che in molte occasioni tornano utili a chi falsifica strumenti, etichette e certificati avvantaggiandosi della riconoscibilità di un brand che fa solo buon gioco a chi lo utilizza malamente non avendone titolo e creando danni economici e di immagine al tessuto produttivo cremonese.
Ripeto, il problema è complesso ed articolato ma val la pena affrontarlo con tutti gli attori coinvolti, per il bene della liuteria cremonese.
- Girando per la città ho notato un cartello: “Offerta di lavoro. Liutaio Cremona. Riparazione, Setup, Produzione in serie”. Cosa ne pensa?
Credo che la liuteria, come altri settori merceologici, si componga di offerte di prodotti differenziati. Non è illecito proporre ai musicisti strumenti seriali, a patto che siano ben dichiarati come tali all’acquirente. E chi propone in vendita strumenti seriali, in qualche modo li deve far produrre. Credo sia abbastanza noto il fatto che molti strumenti «in bianco» costruiti in Romania, Cina o Bulgaria giungano periodicamente a Cremona, semplicemente perché vi è richiesta.
- Come vede il futuro della liuteria?
Sono un perito di strumenti musicali con un punto di osservazione privilegiato di alcuni fenomeni che hanno interessato liutai, musicisti, collezionisti e assicurazioni. E per natura sono ottimista. Credo non sia in pericolo il “saper fare liutario”. Credo piuttosto ci siano delle criticità nella difesa del prodotto sui mercati: le difficoltà esistono e sono ben note sia agli operatori sia alla classe politica. L’evoluzione commerciale, anche nel settore della liuteria, riguarda la crescita e il cambiamento che un’attività produttiva può subire nel corso del tempo, influenzata da fattori esterni come la diffusione del know how, le variazioni di mercato in termini qualitativi e quantitativi, la diffusione della tecnologia, l’aumentata concorrenza, le esigenze dei clienti e la loro effettiva disponibilità economica. La sfida futura, per mantenere alto il valore del brand “Made in Cremona”, sarà quella della qualità certificata e garantita (anche da adeguati controlli) dei prodotti che possa infondere fiducia in chi desidera acquistare liuteria cremonese. I marchi devono essere portatori di valori immateriali riconoscibili, altrimenti restano solo rappresentazioni grafiche senza una conseguente e reale percezione di qualità e di affidabilità.
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commenti
Primo Luigi Pistoni
25 maggio 2025 08:37
Ci sarà sempre più lavoro per avvocati ed esperti presso le corti d'appello. Artigianato e "saper fare" sono parole sempre in bocca a politici e giornalisti ma nessuno, nessuno indaga su che cosa significhi in Italia il mantra "Made in Italy". Io mi sono stancato di dirlo, e inoltre, nessuna associazione di categoria, dico NESSUNA...affronta il problema con l'intenzione di risolverlo. Il pesce puzza sempre dalla testa. Che schifo.