Musica, memoria e visione: Axelrod e lo Stauffer String Ensemble chiudono la rassegna “Stauffer 40”
Si è conclusa con un trionfo la rassegna “Stauffer 40”, cinque serate di musica d’eccezione dedicate, ancora una volta, alla memoria del compianto Andrea Mosconi, figura centrale della Fondazione Stauffer. Il pubblico, gli artisti e l’intera città gli hanno reso omaggio con riconoscenza e passione.
Soddisfatti il presidente della Fondazione, Alessandro Tantardini, e la direttrice artistica, Angelica Suanno, i quali hanno rinnovato i ringraziamenti, auspicando un futuro sempre più brillante per la Stauffer.
Il gran finale, all’Auditorium Arvedi del Museo del Violino, ha visto il ritorno di John Axelrod sul podio dello Stauffer String Ensemble, con un concerto straordinariamente intenso e garbatamente sofisticato, dal titolo “Notturni d’archi”.
Axelrod, tra i direttori più acclamati della scena internazionale, ha proposto un programma eterogeneo e coraggioso: una selezione di brani che ha spaziato dai classici del Novecento a raffinati autori contemporanei.
L’audace scelta di concludere il festival con composizioni di carattere quasi spirituale si è rivelata perfettamente adatta alla circostanza: un vero e proprio saluto commosso, che ha parlato dritto al cuore dei presenti.
La serata si è aperta con la contemplativa Stille Musik di Valentin Silvestrov, un brano sospeso tra silenzio e introspezione, che ha subito catturato l’attenzione del pubblico. Le nuances trasparenti ed eteree della scrittura hanno messo in luce fin dall’inizio le qualità timbriche di un gruppo affiatato di giovani musicisti, uniti dall’amore per quella che sarà la loro futura professione. Particolarmente convincente il secondo movimento di questa piccola suite, Abendserenade (serenata), un brano estremamente melodioso, dalle tinte primaverili, capace di condurre l’ascoltatore verso memorie lontane.
È seguita Death and Resurrection di Toru Takemitsu, tratta dalla colonna sonora del film Black Rain: un panorama sonoro visionario, nel quale l’ensemble ha saputo restituire ogni sfumatura con precisione, senza rinunciare a un lirismo carico di angoscia esistenziale. La complessità della partitura non ha scoraggiato gli interpreti, che vi si sono immersi con consapevolezza e bravura.
L’iconico Adagio per archi di Samuel Barber ha segnato la virtuale conclusione della prima parte della serata, dedicata a brani di stampo quasi commemorativo. Amatissimo anche nella sua versione per coro a cappella (Agnus Dei), questo brano, dai toni tutto sommato distesi, è stato incastonato tra due composizioni di più marcata drammaticità.
La Chamber Symphony di Dmitri Shostakovich, nell’arrangiamento di Rudolf Barshai, ha chiuso la serata con forza, slancio e virtuosismo. L’esuberanza e i gesti estremamente schietti e drammatici dei movimenti centrali riflettono l’angoscia del compositore di fronte all’orrore della guerra — in particolare, la devastazione di Dresda lo colpì profondamente — e lo spinsero a concludere questo originalissimo lavoro con una pagina carica di interrogativi e pessimismo. (Possiamo, oggi, biasimarlo?)
Axelrod ha saputo guidare l’ensemble facendo da ponte tra la partitura e gli esecutori: le idee musicali sono così emerse con chiarezza.
La sua gestualità, mai invadente, ha permesso all’anima dell’orchestra di esprimersi appieno.
Fuori programma, l’Aria dalla Terza Suite per orchestra di Johann Sebastian Bach.
Il successo della rassegna non si misura solo nell’altissimo livello artistico delle esecuzioni, ma soprattutto nell’entusiasmo che ha accompagnato ogni serata. Il ciclo “Stauffer 40” si è rivelato non solo un tributo sentito, ma anche un segnale chiaro del rinnovato slancio della Fondazione, capace di coniugare tradizione e contemporaneità in una proposta culturale di respiro internazionale.
L’Auditorium Arvedi e il giardino di Palazzo Stauffer hanno fatto da cornice ideale a questa festa della musica. Con la direzione ispirata di Axelrod e l’altissimo livello dello Stauffer String Ensemble, la rassegna si è chiusa nel segno dell’eccellenza e della gratitudine.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti