8 settembre 2025

“Noi siamo erbacce”: a Ortocolto la lezione di biodiversità e inclusione di Mauro Ferrari

Il sociologo Mauro Ferrari di Piadena Drizzona è stato tra i protagonisti, a Busseto, dell’edizione autunnale di “Ortocolto”, evento promosso, nel meraviglioso e monumentale parco di Villa Pallavicino, da Ortocolto Aps in collaborazione con l’Amministrazione di Busseto Si è trattato, ancora una volta, di  una festa-mercato di interesse nazionale sulla biodiversità floro-vivaistica con varietà botaniche selezionate, collezioni di piante rare, ortaggi e frutti biologici, artigianato d’eccellenza, artisti, prodotti agro-alimentari tipici della biodiversità del territorio. Nell’occasione, Mauro Ferrari, esperto di botanica sociale e di ecologia delle migrazioni ha presentato il suo libro "Noi siamo erbacce. Cos'è la botanica sociale" (Milano, Altreconomia edizioni, 2024). E’ stata una occasione per ribadire, ancora una volta che, le erbacce sono spesso considerate come piante inutili o dannose, ma in realtà sono essenziali per la biodiversità e la sostenibilità degli ecosistemi. Allo stesso modo, le persone che vengono considerate come “erbaccia” dalla società dominante sono spesso le più innovative. Ferrari delinea, in questo volume, presentato anche nei mesi scorsi a “I Frutti del Castello” al castello di Paderna, un quadro sociale e politico che associa le erbacce a movimenti e individui che si oppongono alle norme costituite, incoraggiando il riconoscimento della bellezza e del valore della diversità. Un percorso analitico che esplora la globalizzazione delle disuguaglianze, offrendo una visione articolata e ricca di spunti sulla complessità dei fenomeni migratori. Questo libro introduce al concetto di botanica sociale, un campo di studio interdisciplinare che esplora il legame tra piante e società umana, offrendo una prospettiva unica sulla connessione tra natura e cultura. Il libro è arricchito dalla prefazione di Bruno Bignami e dalla  postfazione di Gianni Tamino.

Mauro Ferrari, doveroso ricordarlo, vive tra Piadena Drizzona e Bozzolo. È sociologo, dottore di ricerca e formatore esperto in welfare generativo e progettazione sociale. È docente a contratto presso la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (Supsi); ha insegnato al Master “Fenomeni migratori e trasformazioni sociali” dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e ha tenuto corsi in altri Atenei (Parma, Padova). Ha scritto con Stefania Miodini “La presa in carico nel servizio sociale. Il processo di ascolto” (Carocci: 2018). È autore di numerosi saggi, fumetti (il più recente è “Il mio nome è un acronimo”, Rossopietra edizioni, 2021). È anche volontario e cofondatore dell’Associazione Amici di Emmaus di Piadena Drizzona  e dell’Associazione Persona Ambiente di Casalmaggiore; è vice presidente del Cda del Consorzio Casalasco dei Servizi Sociali (Concass). Collabora con enti pubblici, imprese e soggetti del terzo settore.

Eremita del Po

Paolo Panni


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commenti


Stefano

9 settembre 2025 04:58

Spesso le cd erbacce esotiche ,diffusesi spontaneamente in un territorio nuovo, hanno devastato soppiantato, distrutto la flora autoctona. Lo stesso discorso vale per la fauna. In questo senso il paragone con le migrazioni umane è azzeccato e certamente

Stefano

9 settembre 2025 05:02

E certamente non è un gran valore. Pensiamo alla zucchina americana che sarà pur bella a vedersi nella sua originale diversità, ma se non ci fosse sarebbe meglio...

Stefano

9 settembre 2025 05:45

E riguardo alla fauna,segnalo i recenti danni nel cremasco della Popilia japonica, lo scarabeo giapponese, che ha fatto strage di foglie e frutti, non risparmiando neppure il parco della memoria e della musica di via Pandino a Crema. L 'elenco sarebbe molto lungo, anche a livello umano. È al corrente l autore del libro di tutto questo o lo vuole tacere per convenienza ideologica? Se fosse allora le sue tesi suscitano non piccole perplessità.

Manuel

9 settembre 2025 09:28

Sapevi che il mais non è autoctono? Pure i pomodori, la soja, il girasole, la patata, etc... forse anche il frumento, se andiamo molto indietro.
Sapevi che il fagiano non è autoctono? Neppure il gallo, neppure la carpa, il pesce gatto, etc.
Allora come la mettiamo?
Si sono adattati? Li abbiamo aiutati ad adattarsi? Certamente.
Credi che il loro arrivo, imposto o casuale, non abbia significato uno sconvolgimento per la natura locale?
Hanno sconquassato lo habitat padano più gli agricoltori, nei millenni, che il Sycios o la Robinia, eppure vanno certamente contenute.
L’arrivo dello Homo sapiens in Europa ed Asia, credi non abbia comportato un terremoto ambientale? Eccome.
Il leone frequentava il sud Europa: sparito. La tigre frequentava il Caspio ed il Ponto sino alla metà del XX secolo: sparita.
L’arrivo degli europei in America, credi sia stato indolore? Eppure ora, gli statunitensi, sono gli unti del Signore.
La migrazione verso l’Europa è stato un fenomeno previsto, ma ignorato.
La migrazione verso l’Italia un fenomeno previsto, ignorato e non gestito, come spesso succede agli italiani, abituati e spronati al “chissenefrega”.
Ti faccio un ulteriore esempio: l’ittiofauna del bacino centro-orientale del Po è dominata da specie alloctone (straniere) per il 90%: credi che le regioni, lo stato si preoccupino di fermare, limitare nuove immissioni di specie esotiche? Certo che no!... e se poi qualche associazione di pesca sportiva, qualche proprietario di laghetto per la pesca se ne avessero a male? Non sia mai!
... e avanti così, madama la marchesa.
L’Italia è così bella e resiliente con i suoi piccoli, grandi intrallazzi.

Stefano

9 settembre 2025 14:25

In effetti è andata così ma c'è da distinguere tra specie volute e mal gestite oppure che si sono al contrario rivelate utili, e specie introdotte casualmente. Lo stesso vale per le migrazioni umane, che spesso hanno creato danni immensi,altre volte invece, per lo più attraverso i canali regolari, si sono rivelate proficue. Ma la scomparsa di tante civiltà si collega per lo più all'invasione di altre ( vedi civiltà precolombiane) , che poi nell'evoluzione del tempo, hanno dimostrato diverse valenze, nel bene e nel male. Il discorso sarebbe troppo lungo da elaborare per cui mi limito a poche note. E ciò nonostante il Sicyos se lo si toglie è meglio.