25 dicembre 2023

"Óo Cremùna, Cremùna, Cremùna, la cità del gràan Turàs". Compiono 85 anni le Stornellate cremonesi di Umberto Sterzati

"Sturnelade cremunese" di Umberto Sterzati compie 85 anni. Fu scritta nel 1938 e fu la sua prima composizione musicale dedicata alla nostra città. "La sua canzone la cantavano i fanti cremonesi nelle trincee - ricorda il collega Gian Paloschi nel suo 'Cremonesi così' - l'orecchiabilità del motivo la fece andare all'estero, in tutta Europa, e la gioia che gliene derivava rappresentava i suoi unici 'diritti d'autore'". Ne ha scritto però più di trenta di canzoni dedicate alla nostra città, parole e musica. Riproponiamo questo pezzo di Agostino Melega che ricorda Sterzati e le sue Stornellate cremonesi.

Ho ascoltato, per la prima volta, le canzoni in dialetto del maestro Umberto Sterzati dalla voce di Luciano Dacquati, a casa di questi, alla cascina Boncassolo, una sera di san Silvestro di tanti anni fa, in attesa della mezzanotte e degli auguri dell’anno nuovo. Con noi vi era un nutrito gruppo di amici amatori delle cose semplici e belle, che si deliziava in quell’atmosfera che Luciano sapeva creare attorno al pianoforte da lui suonato. E Luciano, in quella sera di vigilia, mi parlò di Sterzati, e lo fece con struggente nostalgia, dicendomi che il maestro era stato un virtuoso della chitarra classica, un uomo buono e generoso, un personaggio della Cremona che non c’era più. Luciano aveva appena intonato una canzone a tempo di valzer che di tanto in tanto anche mia moglie ancor oggi canticchia, dal titolo Stornellate cremonesi, una pagina poetica e musicale apparsa per la prima volta nel 1938, che qui ripropongo.

Stornellate cremonesi

Ai scritùur gh’è vegnìit la manìa

de vantàa la cità so natìa:
sa garèsei de dìi i cremunées

urguliùus de so paées?

I ghe dìis: Monteverdi, Ponchielli

de la müzica, incóo, dùu gioièli;

Stradivari, artìista ‘n pòo féen,

‘l éera en màago, el rè di viuléen.

Gh’ùm la scóola de Paleografìa,

oltre a chéla de la Liuterìa;

...el primàat de le bàalie ‘l è chì

ve la dìis sèensa piàt i trìi T.

Agli scrittori è venuta la mania

di vantare la propria città natia:

cosa dovrebbero dire i cremonesi

orgogliosi del loro paese?
Essi rispondono: Monteverdi,

Ponchielli, della musica, oggi, due gioielli:

Stradivari, artista oltremodo raffinato,

era un mago, il re dei violini.

Abbiamo la scuola di Paleografia,

oltre a quella di Liuteria,
il primato delle balie è qui,

ve lo dicono senza dubbio i tre T.

(turòon, Turàs e tetàs, torrone, Torrazzo e t...-mega; ndr.)

Rit. Óo Cremùna, Cremùna,

Cremùna,

la cità del gràan Turàs,

‘ndùa in stràada se vèend la patùna
cun le véerze, ‘l turòon e i spinàs.

L’è carìna, Signùur, töta quàanta,

gh’ùm la piàsa che la incàanta,

en giardéen profümàat,

muntagnóole,

gratacéeli, palàs, bèle fióole...

l’è mìia Roma, Venezia, se sà,

ma l’è bèla la nòostra cità!

Rit. Oh Cremona, Cremona, Cremona,

la città del gran Torrazzo, dove in strada si vende

il castagnaccio, con le verze, il torrone,

e gli spinaci.
E’ carina, Signore, tutta quanta, con la piazza che incanta,

un giardino profumato, montagnole,

grattacieli, palazzi, belle ragazze...

non è Roma, Venezia, si sa,
ma come è bella la nostra città!

Di Sterzati mi parlò in seguito la pittrice Annamaria Costa, che era stata sua allieva, con parole di tenerezza, quasi di venerazione. Da lei venni a sapere che il maestro aveva un temperamento ‘vulcanico’, e che suonava oltre la chitarra classica anche il banjo, il violoncello e la chitarra hawaiana.

Un ultimo richiamo importante al musicista lo ebbi alcuni anni fa, quando fui invitato, una sera d’estate, dalla biblioteca di Soresina a ricordare la figura della poetessa Ivalda Stanga. Ebbene, per quel momento poetico-musicale, coinvolsi il chitarrista Giulio Molinari, altro allievo di Sterzati.

Da Giulio venni a sapere che Sterzati scrisse pure delle commedie che poi musicava, e che il maestro si era reso attivo nell’organizzare concerti e spettacoli di varietà sia al Politeama Verdi sia al Filo. Venni pure a sapere da Giulio che Sterzati era un componente dell’ orchestrina che accompagnò i primi passi di Ugo Tognazzi nell’attività di avanspettacolo. Ho letto pure le pagine di alcuni estimatori del maestro, da Gianfranco Taglietti a Renzo Bodana, passando per Mario Mu- ner. Ed ho avuto pure il piacere di confrontarmi con un articolo di Ines Brambati, pubblicato da Maspero Gatti su Colloqui Cremonesi, dove ho avuto la conferma di come Sterzati fosse un vero eclettico, e non solo nella vita, ma anche nell’uso della proprie canzoni.

Scritto lo spartito per uno dei complessi musicali da lui guidati, Sterzati lo modificava di continuo, ponendolo in relazione ai bisogni e agli effetti d’ascolto che si volevano suscitare nelle diverse località della provincia.

Così facendo egli teneva vivo l’interesse per la musica popolare in città e nel contado. Sterzati svolgeva, nel suo amare Cremona, il ruolo di promotore turistico ad ampio raggio. Tant’è che in una variante della stesse Stornellate, funzionale ad alcune rime di facile richiamo, aveva scritto e cantato:

Che vedùta, Signùur...l’è pràan bèla!

...vizitèe piàsa Padella, via dell’Oca...muntàgne

del Lugo,
- ricurdèe - tudìi sö ‘l califùugo!

Gh’è ne Londra, Parigi o Milàan

che cunfróonta ‘l riòon
san Basàan!

Che veduta, Signore..., è molto bella
...visitate piazza Padella, via dell’Oca...montagne

del Lugo, ricordate, prendete con voi

il callifugo!
Non c’è Londra, Parigi o Milano che paragoni il rione san Bassano!

Così come, nel 1940, il maestro aveva scritto una ‘satiretta valzerata’ dal titolo Turismo cremonese, dove si invitavano tutti i forestieri a visitare Olmeneta, Drizzona, Ossolaro, Castagnino, Gabbioneta, Vescovato e molte altre località, e con due ritornelli diversi, nel primo dei quali egli diceva:

Vizitèe Perserghél
Stàgn Lumbàard, el Furcél

Picenèeng ‘l è mìia luntàan

el sumìilia ‘n pòo a Milàan.

Visitate Persichello
Stagno Lombardo, il Forcello

Picenengo non è lontano assomiglia un poco a Milano.

Nel secondo ritornello, inserito nella canzone il 2 agosto 1941, Sterzati ampliava ancor di più l’orizzonte e l’attenzione verso altri luoghi conosciuti ed amati del Cre- monese, e proponeva a gran voce, con un vero e proprio programma di marketing territoriale:

Vizitèe Pescaróol,

Rumperzàgn, Sigugnóol,

San Felìis e Cùurt d’i Fràat:

che vedùte!...Che pecàat
che sìa pòst desmentegàat!

Malagnìin, Spinadèsch,
Cà de’l Bìs o Cà d’i Gàt

j è di pòst che ‘ndìit e fàt
i ne fàava diventàa màt;

San Daniéel, la Levàada,

cun Fèeng
o Piéef d’Ulmi, Capéla, Pulèng:

che delìsia, che véera cücàgna

vegnìi töti a Cremùna

in campàgna!

Visitate Pescarolo, Romprezzagno,

Cicognolo, San Felice e Corte de’ Frati:

che vedute!... Che peccato che siano posti dimenticati!

Malagnino, Spinadesco

Cà del Bìs o Cà de’ Gatti
sono posti che detto fatto
ci fanno diventare matti;
San Daniele, Levata con Fengo,

Pieve d’Olmi, Cappella, Polengo:

che delizia, che vera cuccagna

venite tutti a Cremona

in campagna!

Le Stornellate cremonesi sono state rivisitate dall’autore nel ’58 e nel ’64, e comprendono pure due sezioni finali dove si canta la città dagli antichi selciati medievali e della polemica, allora viva, di salvarli oppure no; argomento, come si sa, ancora attuale.

Sterzati cantò pure la vicenda della Torre del Capitano, oggetto, nei primi anni ’60, di un vivace dibattito circa la sua possibile demolizione.

Ricordo ancora le accalorate discussioni presso il ‘mio’ barbiere, Nino Ferrari, in via Sauro e Filzi, nel rione di sant’Ambrogio, dove erano in molti a dire: «Ficùmela zó! ‘Sa ‘n de fùm? Buttiamola giù! Cosa ne facciamo?»

La parole della lunga canzone ci parlano pure delle folle richiamate dagli apparecchi televisivi installati per la prima volta nei bar, così come del caldo tropicale dell’estate cremonese, il cui rimedio non poteva essere che quello di ricorrere al Po, gràan bèl fiöm piturèsch, gran bel fiume pittoresco, dove...

Ghe nìna ‘n muciòon de pütéle
de spusìne...stantìide e nuvéle,

che a’l sulòon, che j à scòta fìs fìs,

le se càambia la pél cùme i bìs.

Vi dondola un gran mucchio di ragazze

di sposine...attempate e novelle, che al gran sole, che le scotta

molto e tanto, mutano la pelle come le bisce.

Ho commentato con Luigi Zeri, allievo di Sterzati, queste righe nelle quali il maestro sottolinea, senza riserve, il fascino su di lui esercitato dall’altra parte del cielo, quella colorata di rosa, ed un luogo, le spiagge del Po, ‘ndùa fàa bèl de galèti, dove poter ‘raccogliere frutti maturi o meno’.

Zeri mi sorride, e mi dice con simpatica ammissione: «Sterzati ‘ l éera ‘n pòo ‘n scapös», era un poco birichino! Al di là di quello per le femmine, comunque, l’amore messo in maggiore evidenza dagli scritti di Sterzati è quello tipico di chi ha vissuto lontano dalla propria terra, di chi si emoziona nel sentir pronunciare il nome evocativo del ceppo da cui è venuto, da cui è partito. Questo è il sentimento prevalente che vibra dalle pagine del già emigrato Umberto Sterzati. ‘Il grande maestro’ – così l’ha definito l’avvocato e liutaio, costruttore di chitarre e chitarrista Cesare Gualazzini, che lo frequentò, - era nato all’estero, il 16 agosto 1909, a Caratinga, nello Stato brasiliano di Minas Gereas. Sterzati fu molto rispettato in vita e non fu mai considerato né ‘oriundo’ né tantomeno straniero.

Egli era nato così lontano da Cremona perché il padre, Primo Sterzati, nativo di Casalbuttano, era emigrato giovanissimo, in America del Sud, per ragioni di lavoro, insieme agli altri ventisette milioni di emigrati che dovettero sradicarsi per continuare a vivere al meglio.

Nell’Italia liberty del tempo, nell’Italietta, il padre di Umberto, non aveva trovato, come milioni di propri simili, il pane per mantenere se stesso e la propria famiglia con dignità, e fu quindi obbligato ad abbandonare la casa avita e ad espatriare.

E’ caratteristico e tipico dell’emigrante, dell’Italiano nel mondo, amare sopra ogni cosa la Patria, la terra natia lontana, e gli avi che là riposano per sempre, anche se la stessa Patria la si è dovuta lasciare per ragioni di lavoro o per contrasto politico. E’ conseguente a questa logica affettiva che il ricordo di quell’espatrio della famiglia Sterzati, abbia poi prodotto in Umberto, ritornato dal Brasile, il desiderio di accentuare, nella sua produzione artistica, i sentimenti comuni della collettività cremonese, elaborando, come scrive Mario Muner, «ad accompagnamento di alcune sue pagine poetiche, le musiche che intendono permettere alla pagine stesse di assumere il carattere di ‘canzoni popolari’». Non a caso sul frontespizio della raccolta di testi del 1964, dal titolo Quatèr rìme e dò cansòon...(ma in sustàansa pòoch de bòon), Umberto Sterzati, alla stregua di Nunzio Filogamo, mitico presentatore dei primi festival di san Remo, volle che fosse stampata la dedica ‘A tutti i cremonesi vicini e lontani’.

Vi si ravvisano in quella raccolta, comprensiva di testi in dialetto e in italiano, il desiderio di esprimere in forma corale l’amore dei cremonesi per la loro città e, in particolare, per il ‘gràan Turàs’ e l’esigenza d’un loro affratellamento sulla base della comune fedeltà ai valori e alle bellezze cittadine. «Tali sentimenti soprattutto – scrive ancora Muner - sono dominanti in Vìva Cremùna, vera canzone a ballo, che ricorda, in particolare e sotto certi aspetti, i canti carnascialeschi del Rinascimento, ma senza affioramenti di quelle note malinconiche da cui talora quelli erano accompagnati».

Il mai dimenticato critico letterario Muner, la cui origine ladina non fu d’impedimento perché egli potesse scrivere l’opera fondamentale ed insuperata "Cento e un anno di poesia Cremonese", ha inoltre precisato: «Qui il piacere del vivere in una città festosa e cordiale si associa all’invito a bere e al danzare. Si potrebbe aggiungere: impetuosamente ma senza eccessi. Infatti libagioni e avvicinamenti alla bellezza femminile appaiono, in questa pagina, contenuti entro i limiti che possono ammettersi in un’animata festa popolare, come, in special modo, è dimostrato dalla conclusione della canzone che, facendo riferimento alla fontana del Giardino di Piazza Roma, circondata di fiori e illuminata nelle notti estive, sottolinea, senza equivoci, i ritegni che la coralità cremonese dello Sterzati ha voluto imporsi».

Nelle foto il maestro Umberto Sterzati con Tognazzi e altri cultori del dialetto cremonese, in quella occasione a Ugo piacque molto "Cara el me bel Turasson" sempre di Sterzati

Agostino Melega


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commenti


Paolo Generali

26 dicembre 2023 08:56

Caro Agostino sei sempre il +grande/// come passa il te mpo meno male che ci sei tu che ci fai rivivere quie bei tempi passati/ ciao grazie

Paolo Generali

26 dicembre 2023 09:27

Grande sempre /ci fai rivivire le cose belle del passato/ grazie

Arturo negrin

26 dicembre 2023 10:09

A proposito di proverbi su Cremona, da noi si usano le tre T : TURON,TURAS E TETAS......
AUGURI.......