"Quelle bombe giorno e notte, la vita nel bunker, la fuga, il treno strapieno". Alona, 16 anni rifugiata a Crema, racconta la sua odissea in Ucraina
La guerra tra Ucraina e Russia non è più solo televisiva, o un affaire trattato ogni giorno sui quotidiani. Ormai la guerra si tocca con mano.
A Cremona, Crema e negli altri centri della provincia ogni giorno arrivano profughi di ogni età e, i giovani vengono accolti nelle scuole. Questi adolescenti hanno gli occhi pieni di lacrime. Sono occhi tristi, occhi sofferenti. Vengono accolti nelle classi con affetto dagli altri giovani che cercano di condividere con loro questa sofferenza e offrono agli stessi conforto e solidarietà. E’ positivo vedere questo all’interno delle classi e, capire come tra i giovani si crei quasi da subito quell’empatia che porta lontano.
E’ il caso della giovane Alona, di sedici anni che è stata accolta dalla sua classe con affetto e gioia. Alona racconta la sua esperienza di guerra.
”Era il 24 Febbraio, mi sono alzata alle 7,00 dovevo andare a scuola ma mia madre mi disse che la guerra era arrivata in città. Incredula ho aperto il telefono e ho iniziato a leggere le notizie. Non potevo crederci”. Sì la guerra era scoppiata anche nella cittadina di Alona a duecento kilometri da Kiev e la giovane continua il suo racconto.
”Era iniziate le bombe. Piangevo. Ho chiamato gli amici. Non potevo crederci. Bombe su tutta la città ogni minuto. Avevo tanta paura, panico, non potevo sapere cosa sarebbe accaduto. Nel cielo si vedevano sono aerei militari e si sentivano solo bombe. Quando gli aerei sorvolano su casa mia, la stessa quasi splendeva e il rumore era fortissimo. Temevo che una bomba di lì a poco sarebbe stata sganciata e la mia casa sarebbe stata distrutta. Poi le sirene, di corsa nel bunker e qui giù a piangere. Volevamo vivere. Incontravo nel bunker i miei amici e mi aggrappavo a loro”.
La guerra descritta dalla giovane sedicenne ucraina è crudele, così come traspare dalle sue parole ancora non metabolizzate. Poi la speranza di fuggire:”Sono rimasta in Ucraina per dodici giorni durante la guerra. Ho passato quel periodo nel bunker, con le sirene che suonavano sempre, senza mai dormire. Mangiavo velocemente con la mia famiglia perché eravamo consapevoli che le sirene sarebbero suonate subito. La mia città era completamente bombardata e allora solo la speranza di partire ci dava la forza di resistere. Giunti alla stazione con mia madre e mia sorella il treno la prima volta era troppo pieno e. allora il giorno seguente abbiamo deciso di andare in un’altra stazione”.
Il treno della speranza, quel treno che passa e può portare via dall’inferno che stava vivendo Alona e la sua famiglia. “Finalmente siamo riuscite a prenderlo e poi una volta arrivati al confine grazie a un bus siamo giunte in Polonia. Sedevo vicino a una donna sconosciuta con un bambino in braccio, chilometro dopo chilometro la paura passava. Forse eravamo salvi? Dopo parecchi chilometri una macchina ci aspettava e siamo arrivate a Milano”.
Alona pensava a quel punto che forse ce l’avevano fatta, forse erano salve ma il suo cuore e quello della sua famiglia ancora lacrima:”Mio padre è ancora in Ucraina. Combatte. Resiste contro un nemico che per motivi futili ci ha tolto tutto, compresa la voglia di vivere. Prego per lui e, spero che questa guerra finisca presto”.
Sì Alona spera, come speriamo tutti noi che le diplomazie possono far cessare le armi e perché per chi crede la speranza possa ancora accompagnare i nostri giorni? La testimonianza della giovane Alona che ora vive a Crema da alcuni parenti dimostra ancora una volta l’ingiustizia di una guerra che strappa ai giovani la voglia di vivere sereni e il diritto a farlo. Ancora una volta nella storia ci appaiono le loro lacrime, come quelle dei giovani ebrei deportati nei campi di concentramento e strappati ai loro genitori. Credevamo non fosse più possibile tutto ciò, purtroppo non è stato così!
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