28 settembre 2022

25 aprile 1954, quando 150 milioni di americani scoprirono Stradivari "Il genio di Cremona" alla radio con Lionell Barrymore

La famiglia Barrymore rappresenta, nel mondo non sempre dorato di Hollywood, ciò che i Medici furono per Firenze. Il paragone attualmente non regge più, i Medici hanno visto sciogliersi progressivamente, con il passare dei secoli, il loro Granducato fino a quando non è diventato parte della Repubblica Italiana, in una sorta di consapevole ma inesorabile declino. Entrando a Firenze ed osservando le strutture della città gigliata, però, il loro dominio e la loro capacità di creare una realtà che avesse la forza di influenzare la storia del Rinascimento si possono notare in ogni angolo, così come lo scudo con le sei palle appare in alcune tra i più eleganti edifici della città appoggiata sull'Arno.

I Barrymore ad Hollywood ci sono ancora, la memoria a breve chiama in causa quella Drew Barrymore che, fin da bambina, mostrava il suo talento in film come E.T. L'extraterrestre, ma la biondissima Drew è solo una parte della enorme ed articolata genealogia familiare che ha contribuito a creare la storia del cinema, anche senza uno scudo dorato intarsiato da sei palle ma con diverse di quelle statuette, sempre dorate, che dovrebbero rappresentare i pilastri in grado di sostenere il mondo della celluloide. Lionel Barrymore è stato uno di quei pilastri, con tanto di statuetta, che ha dato un enorme contributo alla storia del cinema e della radio, uno di quelli che si ritrova con due stelle sulla celebrata Hollywood Walk of Fame; luogo professionalmente proibito, sogno spesso infranto o incubo ricorrente di molti attori che si avvicinano al mondo proposto da quella scritta immobile sulle colline californiane. Lionel su quella strada è ricordato con due stelle, come si diceva prima, una per il cinema e una per la radio, un po' come stabilire che per lui che il mondo dello spettacolo era tutto, un po' come garantire che il talento era tanto.

La sera del 25 aprile 1954 in molte delle case degli Stati Uniti si potevano sentire le stazioni radio proporre quei programmi di intrattenimento che avevano il duro compito di alleviare la temporanea carenza di televisioni, se lo strumento visivo cominciava a velocemente a prendere piede in quel periodo gli statunitensi avevano come punto fermo del dopo cena la radio e, se si ascoltava la radio, dalla costa est a quella ovest le orecchie erano incollate sul programma Hallmark, proposto in ogni angolo del paese. La serie Hallmark è un punto fermo della cultura statunitense ma non solo, oltre ad essere il programma più longevo della storia, il battesimo avvenne nel 1951 e ancora oggi la programmazione continua, disponeva di un palinsesto molto intelligente e interpretato da grandi attori ed artisti, via radio o tramite il tubo catodico. Nei 30 minuti di ascolto di solito veniva presentato un personaggio legato alla collettività di allora oppure si ripercorreva la storia di persone che avevano segnato un punto fermo nella società americana ma non solo. Il periplo storico di Hallmark era molto interessante perché, invece di concentrarsi solo sui grandi nomi di personaggi famosi, si confrontava anche con le grandi storie di persone molto meno conosciute ma che furono in grado di dare vita ad importanti passaggi culturali, scientifici e storici. Quel 25 aprile del 1954 Hallmark in apertura proponeva a quasi 150 milioni di persone la voce di Lionel e del suo enorme talento descrivendo la vita di un cittadino cremonese, Antonio Stradivari, dotato di capacità tanto quanto il premio Oscar. Quella puntata Hallmark prese il nome di “The genius of Cremona”, ovvero il genio di Cremona, perché van bene i grandi attori, ma il genio di un artigiano che crea opere d'arte è qualcosa di difficilmente ripetibile.

Era una domenica quel 25 aprile e la voce narrante di Barrymore raccontava agli ascoltatori il lavoro del liutaio cremonese, lo descriveva con tre semplici parole “Linguaggio delle emozioni”, sarà poi lo stesso Lionel ad entrare nella parte di Stradivari diventando l'Antonio di Cremona del XVII secolo. Lo sviluppo della puntata è molto diverso dal solito programma dedicato al Maestro cremonese, Antonio parla e interagisce con un ragazzino che altri non è che il figlio del liutaio, Francesco. In sottofondo il rumore del legno che viene lavorato accompagna Lionel mentre spiega a quel ragazzino l'importanza di saper trattare e lavorare il legno secondo una precisa tradizione e con molta cura; i violini hanno un loro linguaggio, linguaggio che può trasmettere emozioni in base a come si crea uno strumento. Il suono di un violino deve ricordare la musica che produce il volo di piccolo uccello, quella musica che potresti ascoltare per ore. La voce di Antonio è quella tranquillizzante di un padre che cerca di trasmettere dei valori al proprio figlio, così come da sempre nella storia dell'umanità. Lo sviluppo della narrazione della puntata è frutto di ricerche molto ben studiate e scritte altrettanto meglio, Antonio ha ricevuto la richiesta di un violino da parte di Giuseppe Tartini, uno dei massimi violinisti di allora, e informa Francesco dell'importanza legata a quel lavoro, perché Tartini era un virtuoso ma anche l'autore di una delle suonate più impegnative per un violinista, quella conosciuta come “Il trillo del diavolo”. Barrymore si getta a capofitto nella narrazione usando riferimenti storici precisi, Tartini suonava realmente uno Stradivari del 1711 e, di conseguenza, gli autori di Hallamark avevano creato una puntata basata su come Il Genio di Cremona era in grado di creare strumenti tra i più sofisticati. Via radio il rapporto tra padre e figlio passa attraverso il lavoro necessario per creare uno strumento dotato di un tale da poter affrontare una delle suonate per violino tra le più difficili mai scritte, è un lavoro duro e di talento, perché il talento di Tartini doveva essere amplificato dal talento di Stradivari tramite il suono del suo strumento. “Il Genio di Cremona” raccontava, nel 1954, la storia di un rapporto tra padre e figlio che ha come tramite il lavoro in una bottega, ma, ascoltando bene, tutto ciò che poteva essere descritto in quella puntata è racchiuso nel titolo della puntata stessa. 

Marco Bragazzi


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