16 gennaio 2025

A Carettolo alla scoperta della chiesa campestre di Cascina Palazzo, tra storia e devozione. La località ha origini antichissime, legate al corso del Po e nel XVII secolo venne risparmiata dalla peste

La 'grande' Storia ha toccato le nostre terre, dando vita alle ‘piccole’ storie che hanno pian piano costruito il nostro territorio, le nostre tradizioni, la nostra cultura.

Ecco che allora passiamo da Carettolo, località silente che si compone oggi di un pugno di cascine ad un paio di chilometri fuori da Bonemerse, con pochi abitanti e molti ruderi. Qui sono tre gli ingredienti chiave della ‘nostra’ storia: una chiesetta campestre, una località dalle antichissime origini e la terribile peste del XVII secolo. 

Un luogo di antichissime origini, un nome legato al Grande Fiume

Partiamo dal toponimo che, come sempre, ci riporta all’origine della località: “carectolum" o anche "caric(e)tulum” derivato dal termine latino carectum, che a sua volta si lega al lemma latino carex, ossia il càrice, una specie di canna palustre. Quindi questa zona col nome Carectolum indicava un “luogo popolato da càrici”, perchè in effetti in antichità era sicuramente un’area acquitrinosa, caratterizzata da anse e bracci morti derivati dall’antico corso del Grande Fiume, zone umide in cui crescevano in abbondanza canne e càrici.

La prima attestazione scritta di questa località si trova su una pergamena del 983 che tratta di una permuta di terre tra il vescovo di Cremona, Olderico, e un certo Bonizo liberomo “in loco qui dicitur Caretolo e in loco Conciliolo”, ossia nel luogo chiamato Carettolo e nel luogo (chiamato) Conziolo”, -altra località nel comune di Bonemerse: due piccoli insediamenti abitativi di case sparse e senza fortificazioni, tanto che anche nel 1059 Carettolo è indicato ancora come "vico Caretolo".

Frugando ancora un po’ nei documenti, appare evidente che Carettolo ha origini ben più antiche di Bonemerse, di cui si inizia a trovar traccia scritta in una pergamena del 15 ottobre 1271: “ad Sanctam Mariam de Bonemercis sive ad Caretulum”. Era quindi ancora Carettolo la località principale alla fine del XIII secolo, ma poi perderà la sua centralità man mano che Bonemerse crescerà come borgo, attorno alla chiesa di Santa Maria voluta dal vescovo Sicardo nel 1195, e più prossima alla città di Cremona, guadagnando interesse e importanza nei commerci.

La peste manzoniana e l’isolamento che salva Carettolo

Passano i decenni e arriviamo al XVII secolo: Carettolo è comune autonomo e popoloso. Ma in quegli anni un’epidemia sconvolge tutto il territorio: parliamo della peste del 1630, quella raccontata da Manzoni nei Promessi Sposi, scoppiata dopo il passaggio dei Lanzichenecchi anche nel cremonese ed a seguito di un periodo di carestia e guerre che peggiorò le già precarie condizioni igieniche delle città e preparò terreno fertile al morbo portato dalla soldataglia straniera. 

Tutto il territorio cremonese venne investito dalla pestilenza: sorsero lazzaretti nelle aree più lontane dai centri abitati per isolare e curare i malati, ma la peste causò migliaia di vittime ovunque. 

Carettolo invece risulta essere rimasto esente da tale morbo, probabilmente proprio perché isolato nella campagna e rimasto poco esposto al contagio, chiuso rispetto ai paesi limitrofi. Per questo a Carettolo la peste non si insinuò mai tra gli abitanti e il piccolo comune ne uscì praticamente indenne.

La chiesa antica e quella attuale

C’era una chiesa già negli anni in cui infuriava la peste? Sicuramente sì, ma non è quella chiesetta di cui abbiamo parlato all’inizio di queste righe: nella cascina Carettolo (detta anche Cascina Palazzo) infatti si trovava una sorta di oratorio, inglobato nella parte produttiva del fabbricato e diventato nel tempo un locale di servizio. Ma in passato, prima che venisse costruita l’attuale chiesetta, questo era un umile luogo di culto; risulta infatti improbabile che in un comune con quasi 200 anime, situato in mezzo alla campagna, non ci fosse almeno un oratorio o una chiesa. Non se ne trovano tracce scritte, forse era una cappella privata al servizio dei signori della cascina, ma ce lo confermano i proprietari attuali, che parlano di una vecchia chiesetta che sorgeva nel complesso architettonico e che poi venne abbandonata quando venne costruita la nuova chiesetta nel 1721, per volere dell’Arcidiacono della Cattedrale di Cremona, Pietro Maria Cesaris (la famiglia Cesaris fu proprietaria della cascina nel XVIII secolo), come si legge nel documento dello stesso anno: “copia d’un istromento di fondazione d’un Beneficio eretto e instituito dal nobile don Pietro Cesaris canonico Archidiacono della Cattedrale di Cremona nell'oratorio di Carettolo”. Inizialmente venne dedicata a Sant’Antonio e San Carlo, per poi essere successivamente dedicata alla Beata Vergine e San Carlo, come si trova ancora oggi scritto sulla facciata “B. Mariae V et S. Charolo”.

Passarono ancora alcuni anni e nel marzo 1823 il Comune di Carettolo con Casazza venne aggregato a quello di Bonemerse, divenuto sempre più importante. In quegli anni la proprietà della cascina passò alla famiglia Magio Pallavicino; nella notte del 21 agosto 1828 l’oratorio venne distrutto da un incendio: “A flammis destructa nocti XXI augusti 1828” come è riportato sulla lapide ancora presente nella sacrestia, ma venne poi fatto ricostruire da “Fulvia M. Magio Pallavicino loci domina praestantissima” nel 1829. 

In seguito la proprietà passò ancora di mano e dalla fine dell’Ottocento fino ai primi anni del 1900 la chiesa venne trascurata al punto che nel 1913 venne celebrata l’ultima messa prima che l’oratorio venisse chiuso. A quel punto divenne un magazzino, un ricovero per ogni scarto dell’azienda; i paramenti sacri e le suppellettili furono regalate ad altre chiese e per oltre 10 anni quell’oratorio venne dimenticato, sepolto sotto le masserizie ed i rifiuti, trattato come una stalla.

La rinascita

Nel 1923 la Cascina Palazzo venne acquistata dalla famiglia Soldi, che al contrario dei precedenti proprietari, si prese a cuore la storia e la sorte di quella chiesetta, decidendo di prendersene cura e a ristrutturarla per ridarle una dignità: ecco che allora venne svuotata, il pavimento di cotto ripulito, riposizionati i banchi e un confessionale, si provvide a realizzare un impianto elettrico, venne posizionata una balaustra in ferro davanti all’altare e nella nicchia trovò collocazione una statua della Madonna mentre sui muri furono affisse le stazioni della Via Crucis. 

Da allora questa chiesetta ha ripreso vita, vi sono state celebrate le messe, ma anche le cerimonie, dai battesimi alle nozze.

Mamma, mamma, ho visto la madonna. Era bellissima, tutta vestita di bianco e con un velo in testa” raccontò un giorno una bimbetta alla madre: la piccola non aveva assistito ad un’apparizione, bensì aveva visto una sposa entrare in chiesa illuminata dal sole all’esterno. Era una delle prime ragazze che si sposava in abito bianco e quella visione doveva essere sembrata qualcosa di miracoloso per la bambina.

E proprio le bambine in estate si riparavano nella chiesetta per giocare con le loro bambole in un luogo tranquillo e al fresco, reso magico dalla luce colorata che filtra all’interno dell’edificio attraverso il grande rosone che ne caratterizza la facciata. Ancora oggi, nonostante l’oratorio non venga più utilizzato regolarmente, quella luce calda che nei giorni di sole entra dal portone aperto e dal rosone, rende l’ambiente un luogo accogliente e caldo, nonostante le pareti spoglie e le poche decorazioni. Eppure quella porta che si apre su una stradina di campagna e quindi sui campi restituisce una sensazione di pace e di tranquillità che invitano alla preghiera o quantomeno regalano un momento di riflessione e intimità. Forse la stessa sensazione che ha regalato alla bambina la visione della Madonna in quella giovane sposa che si avvicinava all’altare.

Chissà quante persone sono entrate a pregare in quella chiesetta oggi vuota, ma composta e dignitosa; chissà quanti ragazzini si sono sbucciati le ginocchia correndo e giocando su quella stradina ghiaiosa davanti alla cascina, quante giovani coppie si sono scambiate la promessa di amore in quella chiesa, forse le stesse ragazze che da bambine giocavano tra quei banchi e gli stessi marmocchi che facevano i chierichetti e poi correvano a dare una mano nella stalla o nei campi.

Ora la chiesetta resta silenziosa a guardare la sua campagna, orgogliosamente, con la sua facciata giallina che spicca sui mattoni rossi della cascina e quel rosone colorato che anche nei giorni grigi invernali regala un tocco di vitalità tra i rami spogli degli alberi.

Nella gallery, le foto degli interni ed esterni della chiesa, sacrestia, la lapide che ricorda l'incendio e uno dei documenti di istituzione del beneficio

 

Michela Garatti


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commenti


Michele de Crecchio

16 gennaio 2025 16:23

Il prezioso, dotto e paziente lavoro con il quale l'ottima Michela Garatti va "spigolando" queste emozionanti residue tracce edilizie della fede religiosa che nei secoli (e non di rado anche nei millenni ) passati, molto aiutò sicuramente gli abitanti della nostra campagna a meglio sopportare i disagi di una vita laboriosa che, certamente, implicava molta fatica, tanti dolori e poche gratificazioni. Questa diffusa rete di chiese, chiesette, cappelle e semplici edicole, nonché di immagini di santi e madonne (queste ultime spesso semplicemente dipinte su muraglie intonacate e, non di rado, anche poco protette dai disagi atmosferici) testimonia il forte valore che avevano tali presenze nel garantire la coesione culturale e sociale degli abitanti nei territori interessati.
Augurandomi che non venga giudicato "blasfemo" quanto di seguito scrivo e nel solo intento di testimoniare un'altra diffusa presenza funzionale avente, a modo suo, una analoga funzione di "coesione sociale", mi permetto di ricordare la rete di "osterie", non di rado collegate con campi da bocce e piste da ballo, che, in passato, era presente nelle nostre campagne.
All'inizio della mia attività di "urbanista condotto", cioè di redattore dei piani regolatori dei tanti piccoli comuni che affollano la campagna cremonese, ebbi l'idea di farmi accompagnare dal locale cantoniere a visitare il primo territorio che era stato affidato alle mie cure. La scelta si rivelò azzeccata sotto il profilo informativo, ma mi mise in imbarazzo lo zelo con il quale la mia pur ottima "guida" decise di farmi visitare tutto il territorio attraverso varie "tappe", ognuna delle quali era, per l'appunto, caratterizzata da una osteria, circostanza che avrebbe imposto l'assunzione di un buon bicchiere di "bianchèen", cerimoniale al quale, pur lieto di offrirglielo, non ritenni però, da astemio quale in sostanza ero e sono, opportuno partecipare!
Era purtroppo già da tempo iniziato il biblico esodo dei contadini dalle campagne e, di conseguenza, il cantoniere si vide costretto, in un paio di casi, a segnalarmi, con palese dispiacere, solo una vecchia serranda ormai da qualche tempo non più aperta.

Lilluccio Bartoli

16 gennaio 2025 20:40

Mi sto spellando le mani nell'applaudire la chiosa sulle osterie. Vorrei tanto farlo con in mezzo la testa di chi, seguendo la propria cupidigia, ne ha favorito l'estinzione. Auspico a costoro che le pulci di mille cammelli gli si posino là dove la schiena cambia nome e le loro braccia si accorcino così tanto da non potersi grattare.

Lilluccio Bartoli

16 gennaio 2025 20:27

Nel pulviscolo della nostra storia, la giornalista sa prendere un granello da quella spera, ingrandirlo e descriverlo andando a "sgariare" nella memoria, trovandone le minute tracce, ingrandirle, renderle leggibili e divulgarle a chi non ne sa niente. Io ad esempio. Chapeau prima e grazie dopo.

Sandra Piccioni

17 gennaio 2025 07:17

Buongiorno,
Ho letto l’interessante articolo di Michela Garatti in cui descrive la storia della Cascina Carettolo. Con piacevole sorpresa mi sono riconosciuta nella bimba che “ ha visto la Madonna”, episodio che ho raccontato nel libro “Via Gioconda” da poco pubblicato e in vendita alla Feltrinelli, al Convegno e nelle edicole: Ballardini, Stazione, via Giuseppina, via Ippocastani, via Aselli, Cambonino.
Sono contenta d’aver contribuito, seppure con la mia modesta testimonianza, a ricordare la cascina Carettolo e la sua chiesetta.


Baldrighi Marco

17 gennaio 2025 09:21

Questo interessante articolo che rende onore alla storia rurale del nostro territorio mi ricorda la conoscenza della famiglia Soldi da parte di mio padre e la cascina dei miei nonni, denominata anch'essa "Palazzo", sita in Regona di Pizzighettone.