1 marzo 2023

A Mantova secondo il progetto Sentieri il 35% in più di malformazioni dovute all'inquinamento, a Cremona resta al palo lo studio epidemiologico sulle fonti inquinanti

Mantova ci surclassa anche nelle indagini epidemiologiche, pur presentando situazioni di rischio ambientale molto simil alle nostre  Lo dimostra l’ultimo aggiornamento del progetto Sentieri, acronimo che indica lo “Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio di inquinamento”, con cui fin dal 2007 l’Istituto superiore di sanità punta la sua lente sui residenti dei trecentosedici comuni dei quarantuno siti d’interesse nazionali intossicati dai veleni dell’industria del passato lontano e di quello più recente. L’aggiornamento è stato presentato ieri a Roma da Paolo Ricci, già responsabile dell’Osservatorio epidemiologico dell’Ats ValPadana, che continua a collaborare con l’Istituto superiore di Sanità, e che a Mantova è riuscito a realizzare quanto invece non ha potuto concludere a Cremona, sull'identificazione dell'inquinamento proveniente dall'ex raffineria Tamoil. Si è osservato che nei comuni interessati dal Sin, nel confronto con l’intera provincia mantovana, si registra un eccesso del 35% delle malformazioni congenite, con particolare riferimento a quella cardiache, del sistema nervoso, dell’apparato digerente, dei genitali. Lo studio, iniziato tra il 2001 e 2002, tiene conto delle matrici che trattengono l’inquinamento ambientale, non solo aria dunque, ma anche l’acqua ed il terreno, e delle patologie che è lecito attendersi. Da questo studio epidemiologico, che ha identificato 46 siti particolarmente critici in vista della loro bonifica, come sappiamo è assente Cremona, che pure presenta criticità decisamente importanti. Questo perché, all’epoca della classificazione, Cremona non presentava ufficialmente una criticità, nonostante la presenza di insediamenti industriali a rilevante rischio ambientale, come poi si è verificato essere la Tamoil. Solo nel 2016 si è presentato un progetto, con grande ritardo, che poi ha subito un ulteriore rallentamento. Così che mentre Mantova possiede ormai un quadro completo sull’incidenza dell’inquinamento ambientale in relazione al diffondersi di determinate patologie, a Cremona siamo ancora fermi al calcolo dei decessi dovuti alle polveri sottili, senza che sia stata attribuita la fonte dell’inquinamento. In altre parole ai soggetti in studio viene attribuita solo l'esposizione cumulativa e non specifica delle fonti inquinanti e industriali e di conseguenza è impossibile valutare il differenziale di mortalità e quindi i casi prevenibili. Siamo dunque fermi ai 724 decessi attribuibili alle polveri sottili, di cui 319 nel comune di Cremona evidenziati dalle analisi dell’Ats Valpadana. “L’iniziale fase dello studio epidemiologico, già nel 2018 aveva chiarito come tra Cremona e i comuni limitrofi ci sia stato un incremento delle ospedalizzazioni a causa di patologie respiratorie. Parliamo di un +14 % su Cremona e di un +33 % per i comuni limitrofi. Altresì era stata evidenziata un’incidenza maggiore del +17% per quanto riguarda la mortalità da tumore dei polmoni e un incremento di leucemie pari al +23% a Cremona e ad un +81% nei comuni limitrofi. Oggi - ha evidenziato qualche mese fa il l’ex consigliere regionale del M5S Marco Degli Angeli - le nuove analisi di Ats Valpadana attestano come l’eccesso di PM2,5 sia il responsabile di almeno il 5% sul totale dei decessi per cause cardiovascolari, per cause respiratorie e per tumore al polmone”. Ovviamente manca tutto il resto: l’aria è solo una delle matrici, ma ci sono anche il suolo e l’acqua, dove l’inquinamento prodotto sembra non essere stato ancora risolto.

Fabrizio Loffi


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