24 luglio 2025

Estate di 450 anni fa. Quella memorabile visita pastorale di San Carlo Borromeo durata tre mesi: la soppressione della Festa del Toro. Ottomila comunioni in Cattedrale

Nell'estate di 450 anni vi fu la storica visita pastorale del cardinale Carlo Borromeo nella nostra diocesi. La visita durò tre mesi con un lavoro incessante durato giorno e notte. Per quanto riguarda i rapporti con Cremona è da ricordare la sua azione risoluta nei confronti dell'Ordine degli Umiliati di cui era protettore e che a Cremona aveva uno dei centri più importanti. L'Ordine cresciuto a dismisura in beni e rendite era attraversato da polemiche, ambizioni e indiscipline, vide l'intervento di Carlo Borromeo nel capitolo generale di Sant'Abbondio per dettare nuove rigide regole a cui seguì la soppressione dell'Ordine con Bolla pontificia l'8 febbraio 1571.  Così don Carlo Pedretti in un articolo su "La Cronaca" di alcuni anni fa ricordava quella visita pastorale durata dai primi di giugno fino a settembre. Una marea di popolo lo accolse. Nel primo giorno della sua presenza in Cattedrale distribuì la comunione a 8mila fedeli arrivati anche dalla campagna attirati dalla fama di santià di cui il cardinale godeva.

Una esemplare amicizia ha sempre unito l’allora vescovo cremonese Niccolò Sfondrati (1561-91) al metropolita milanese Carlo Borromeo. 

Una splendida rievocazione di questa santa amicizia è stata detta da Natale Mosconi nel volume collettivo “Studi e saggi raccolti in onore dell’arcivescovo Giovanni Cazzani” edito da “la Favilla” di Milano nel 1944, l’anno più crudo e crudele dell’ultima guerra mondiale. Quella rievocazione è stata intitolata “Il principe dei pastori”, perchè l’oratore ha desiderato rifarsi oltre che alla storia di cui era ammirato docente sulla cattedra del seminario diocesano, anche alla liturgia che il 4 novembre commemora questo insigne arcivescovo di Milano definito autorevolmente “un altro Ambrogio”, come significativamente lo Sfondrati era stato detto “il primogenito del Concilio di Trento”.

Memorabile è la visita pastorale del metropolita Carlo Borromeo a Cremona nel 1575. Con sei persone soltanto: lavorò giorno e notte per tre mesi, nel colmo dell’estate. Durante e dopo la visita alle parrocchie cittadine, egli trovò il tempo per i conventi dei religiosi e i monasteri femminili. In città, il Seminario, fondato da pochi anni, il 1 dicembre 1566. Una indagine pastorale minuziosa fino alla pedanteria, tanto che il timido vescovo Sfondrati disse: “Il Cardinale Borromeo non fu soltanto il visitatore della mia Chiesa, ma fu anche il padre”. Il seminario era allora nelle mani del rettore don Evangelista Dorati di Piadena, un sant’uomo, al quale però il Borromeo impose di studiare la teologia dogmatica. Il clero non era poi ignorante nè bislacco. Mentre il Capitolo dei canonici della cattedrale era in pieno contrasto con il vescovo Sfondrati troppo mite. Il metropolita Borromeo era giustamente severo: e lo dimostrò apertamente infliggendo pesanti multe. Nell’archivio vescovile di Cremona sono conservai solamente tre volumi, ma tutti parlano chiaro; gli altri diciassette sono raccolti nell’archivio arcivescovile di Milano. Carte che cantano. 

La Festa del Toro

Durante la sua visita apostolica, Carlo Borromeo sopprime la festa del toro e il palio dell'oca, perchè “provocano dissolutezza e sviamento del popolo dalla devozione e disisturbo dei divini uffici” come si legge nella splendida monografia del salesiano don Luigi Castamo, “Gregorio XVI” (Sei, Torino, 1957, p.188). “Verso la fine di luglio, il Visitatore s'intendeva anche coi membri della ‘comunità’ perchè ‘in via amorevole’ venisse eliminata la festa del toro che si celebrava il giorno dell’Assunta, titolare del duomo. E fu esaudito”.  Si trattava della festa in piazza del Duomo con la quale si ricordava la storica vittoria sui parmensi nel 1250.

Alla solerte indagine del Borromeo non sfuggirono neppure gli ospedali e gli altri luoghi pii: diciassette in tutto. 

Fu visitata anche la diocesi? 

Certamente anche una breve sosta a Casalmaggiore. Scrive l’infaticabile abate Giovanni Romani, in uno die cinque volumi dedicati alla storia della sua città: “Nel 1575 fu rallegrato Casalmaggiore dalla gradita visita dell’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo”. Una visita lampo, poichè altre diocesi sollecitavano la sua presenza. Infatti, scrive all’arcivescovo di Bologna: “M trovo verso la fine di questa città di Crema, che mi ha portato innanzi più di quel che da principio mi ero immaginato”. Oltre la città, anche altri centri maggiori della diocesi, quali Sabbioneta, Viadana, Soncino, Soresina e Bordolano (?) furono visitati da alcuni suoi collaboratori e ne resta memoria negli Atti. Da sottolineare un suo equilibrato giudizio sul vescovo Sfondrati: “Il Borromeo (si confermò) nell’opinione che era un uomo di pietà e di integrità non comuni, e che non aveva trascurato il dovere pastorale, quantunque forse con un temperamento più virile si sarebbe potuto fare di più”. Nonostante questo rilievo marginale, il Borromeo gli fu sempre tenero amico, tanto da volerlo come celebrante principale nel suo funerale come metropolita della regione lombarda. La morte colse il Borromeo la sera del 3 novembre 1584. A soli quarantasei anni. “Una santità che ha riscosso fino all’ultimo spicciolo tutto ciò che era possibile trarre da quella sua vita fisica stremata” (Natale Mosconi)

Fu anche obiettivo di un fallito attentato 

Nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, sul Lago Maggiore, San Carlo Borromeo era il secondo figlio del Conte Giberto e quindi, secondo l'uso delle famiglie nobiliari, fu tonsurato a 12 anni. Studente brillante a Pavia, venne poi chiamato a Roma, dove venne creato cardinale a 22 anni. Fondò a Roma un'Accademia secondo l'uso del tempo, detta delle «Notti Vaticane». Inviato al Concilio di Trento, nel 1563 fu consacrato vescovo e inviato sulla Cattedra di sant'Ambrogio di Milano. Un territorio che il giovane vescovo visitò in ogni angolo, preoccupato della formazione del clero e delle condizioni dei fedeli. Fondò seminari, edificò ospedali e ospizi. Impose ordine all'interno delle strutture ecclesiastiche, difendendole dalle ingerenze dei potenti locali. Un'opera per la quale fu obiettivo di un fallito attentato organizzato dai vertici degli Umiliati che voleva riformare: l'attentato andò a vuoto "per manifesta protezione divina".

Durante la peste del 1576 assistì personalmente i malati. Appoggiò la nascita di istituti e fondazioni e si de- dicò con tutte le forze al ministero episcopale guidato dal suo motto: «Humilitas». Morì a 46 anni, consumato dalla malattia il 3 novembre 1584. 

Carlo Pedretti


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