A un mese dall'ictus torna in reparto per ringraziare i sanitari: "Non pensavo potesse accadere a me"
Per Omar, 53 anni, impiegato tecnico, l'Ictus era l'ultimo pensiero. «È strano come nella vita tutto possa cambiare in un attimo, un normale venerdì mattina», spiega commosso. Da quel giorno è trascorso appena un mese e ripercorrere l'accaduto non è semplice. «Ricordo che erano le dieci, ero in ufficio, come sempre seduto alla mia scrivania, tranquillo. Ho allungato un braccio per prendere un documento e sono caduto dalla sedia». Il tonfo improvviso ha allarmato i colleghi: capiscono subito che si tratta di qualcosa di grave e chiamano il 112, «sentivo le loro voci ma non riuscivo a muovermi e a parlare»
La memoria di Omar si interrompe per qualche ora; alle tredici si sveglia in un letto della Stroke Unit della Neurologia di Cremona, ma non sa perché. I sanitari gli dicono di provare a non chiudere mai gli occhi e lui ci prova. La consapevolezza arriva il giorno successivo quando chiede a un'infermiera cosa è successo? «Ha avuto un Ictus. Se la sente di alzarsi»? «Ho contato sino a dieci e mi sono ritrovato in piedi».
«Oggi posso dire di stare bene. Non smetterò mai di ringraziare i miei colleghi, i volontari della Croce rossa, i medici e gli infermieri dell'ospedale di Cremona: ho capito che la somma delle azioni di tutti mi ha salvato la vita».
Essere di nuovo in reparto nella Giornata mondiale contro l'Ictus, vuole essere un gesto di riconoscenza e speranza, «ho molto apprezzato la capacità dei sanitari di intervenire, spiegarmi cosa stava succedendo e di stare accanto a me e a mia moglie Mariagrazia in un momento così difficile, non era scontato» - conclude Omar. «Ogni minuto che passa dal momento dell'evento acuto si perdono 1.900mila neuroni – spiega Alessia Giossi (neurologa referente della Stoke Unit di Cremona). Il fattore tempo è fondamentale e la storia di Omar lo dimostra». Il paziente è arrivato in ospedale da un paese del lodigiano con sintomi riconoscibili: bocca storta, non parlava e non muoveva la parte sinistra del corpo. «Le sue condizioni erano molto serie. La Tac ha evidenziato subito la complessità: due vasi chiusi, una dissecazione alla carotide e un embolo nell'arteria cerebrale media destra. L'équipe di neuroradiologia - diretta da Claudia Ambrosi - ha praticato una trombectomia, disostruendo i vasi e inserendo uno stent carotideo per ripristinare il flusso del sangue.
Il Codice Ictus è specie di parola d'ordine, una di chiave che apre le porte al paziente e garantisce l'attivazione a catena di una corsia preferenziale dentro l'ospedale: «quello che si deve fare lo si fa subito – aggiunge Giossi. I sanitari di Areu inviano dal territorio una pre-notifica in ospedale, così anche il tempo di trasporto in ambulanza serve a prepararsi per agire in fretta».
È vero, Insieme siamo più forti dell'Ictus perché a mettere in pratica il Codice Ictus sono diversi specialisti e infermieri: «dal personale del 112 (Areu) e del pronto soccorso, agli operatori di neurologia, neuroradiologia, anestesia e di fisioterapia». Un percorso multidisciplinare consolidato che vede la Neurologia diretta da Stefano Gipponi centro di riferimento per il sud della Lombardia. «Non sempre è necessario ricorrere all'intervento di trombectomia – aggiunge Giossi. In genere, appena il paziente arriva in ospedale, si procede con la trombolisi, ossia con l'iniezione in vena di un farmaco che scioglie il trombo. Ogni anno i pazienti trattati a Cremona con questa metodica sono circa 60».
L'Ictus è un evento improvviso, si può prevenire attraverso un corretto stile di vita, alimentazione, movimento. Ipertensione, obesità, diabete, fumo e abuso di alcool sono fra i principali fattori di rischio, ma ci può essere anche una predisposizione genetica. Ogni anno in Italia oltre 185 mila persone vengono colpite da ictus, l'80% sono nuovi casi mentre il resto è costituito da recidive.
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