Ancora deserta l'asta per il Politeama ma c'è chi ha chiesto informazioni. Prossima chiamata il 27 giugno. E il prezzo è sceso a 225mila euro. Cremona dorme ancora?
Politeama, ancora nessun acquirente. Il vecchio glorioso teatro cremonese tra via Arisi e via Cesare Battisti, a venti metri dal corso Campi, è restato ancora invenduto anche alla terza chiamata. A differenza delle prime due, questa volta qualche timido tentativo e richiesta di notizie in più allo studio Valcarenghi e Donida di Crema, curatori fallimentari al Tribunale di Lodi, in verità ci sono stati anche provenienti dalla città del Torrazzo. Ma poi tutto è stato lasciato cadere. Così una nuova asta è già stata indetta per il prossimo 27 giugno con un ulteriore ribasso a 225mila euro. Basterà a convincere al recupero di quel che resta dell'antico teatro una cifra pari al costo di un appartamento da 100 metri neppure nel cuore di Cremona come il Politeama?
E' vero del vecchio cinema, e ancor prima glorioso teatro, non è rimasto molto: il grande vuoto della platea è stato solo colmato dai detriti. Le porte traballanti delle uscite di sicurezza permettono di scrutare al-l'interno. Lo spazio della platea del teatro c'è ancora. Mancano gli arredi, mancano gli stucchi ma quella che la Soprintendenza definisce "spazialità" c'è ancora tutta. Purtroppo sono spariti i palchi, il loggione, le gallerie. Il tutto per ricavarvi degli ialloggi recuperati anche nei locali accessori. Un'operazione sciagurata che ha privato la città di un gioiello, restituendo, una sala vuota. Anche perchè la "salvaguardia della spazialità" voluta dalla Soprintendenza, che invece ha permesso gli altri interventi, impedisce la realizzazione di una soletta che dimezzi l'altezza tra l'ex platea ed il vertice del cupolone: una ventina di metri almeno.
Dal 1969, anno della sua chiusura, vennero proposti numerosi progetti di riutilizzo con la demolizione parziale o totale, tra i quali anche un progetto della Banca Popolare di Cremona che voleva farne un proprio auditorium a cui la Soprintendenza si oppose. Ma le discussioni si sprecavano, così il 21 settembre 1981 venne imposto alla società proprietaria (Capelli-Camurri e Baldaro) dal sindaco Renzo Zaffanella, l'asportazione della copertura in piombo della cupola, per ragioni di pubblica incolumità. Una decisione assurda. La copertura in piombo venne venduta e da allora pioggia, vento e neve entrarono nel teatro rovinando stucchi, decorazioni ed arredi. Perfino il sipario del Rizzi venne rimosso e messo a far da quinta ad un cantiere che stava operando in via Cesare Battisti.
Il Ministero dei Beni Culturali, con Decreto del 20 novembre 1983, dichiarò il teatro "di interesse particoarmente importante". La proprietà fece ricorso al Tar di Brescia che il 4 maggio 1984 annullò il provvedimento. Poi si diede vita allo sciagurato progetto di smantellamento. Ma la sala è rimasta.
Nel 1993 un progetto redatto dall'architetto Sergio Carboni, che riprendeva in buona sostanza un'analoga idea dell'architetto Gentilini del 1986, quando il Comune sembrava intenzionato a realizzarne il recupero, prevedeva la destinazione a teatro della grande sala con 426 posti a sedere di cui 318 in platea e 108 nel primo ordine di palchi. "Estrema rilevanza - osservava Carboni - assumerà l'aspetto del recupero delle decorazioni a gesso all'interno di tutto lo storico edificio caratterizzato dalla presenza di ornamenti rilevanti e fregi con figure. Purtroppo l'incuria dell'uomo, dieci anni di rassegnata, desolante giacenza alle intemperie, la fragilità del materiale stesso con cui sono composti hanno danneggiato irrimediabilmente le decorazioni e determinato una accelerazione del degrado di tutto il fabbricato. Le presenze più tangibili sono state necessariamente rimosse nell'opera di consolidamento dei solai e saranno ripristinate ed integrate nell'invaso della sala e nel foyer. Per quanto inerente l'aspetto acustico essendo mutate le proporzioni spaziali saranno predisposte perizie specialistiche fonometriche che individueranno in funzione dell'uso della sala l'adozione di materiali specifici e soluzioni d'arredo atte a garantire il perfetto isolamento con gli appartamenti circostanti e la percezione ottimale dei tempi di riverbero ed in rapporto alle alte, medie e basse frequenze". E Carboni concludeva: "Questo sarà il nuovo Politeama restituito alla città del prossimo millennio, senz'altro l'immagine di una nuova cultura urbana". Credeva molto nella nuova vita del Politeama l'architetto Massimo Terzi che ha custodito quel progetto di Carboni. Chissà se alla prossima asta qualcuno vorrà acquistare il Politeama (assente l'ente pubblico locale nonostante esistano fior di finanziamenti di Regione Lombardia per il recupero delle sale storiche) magari riprendendo il progetto di Sergio Carboni.
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commenti
Marco
1 giugno 2024 05:38
Considerando che la Sovraintendenza ai Beni Artistici e Culturali metterà dei vincoli strettissimi quanto sarebbe il costo per la ristrutturazione?
Provate a pensare che bello sarebbe creare miniappartamenti per anziani soli che potrebbero vivere il centro città.
Oppure un piccolo centro di piccole botteghe di liuteria da dare ai giovani.
Ma credo che andrà a finire in mano a una società che ne ricaverà appartamenti bad& breakfast ,appartamenti esclusivi per chi potrà permetterseli o un mega ristorante giappo.
Spero di sbagliarmi
François
1 giugno 2024 09:21
Purtroppo non si sbaglia: quello che lei paventa, altro non è che l'orientamento della "folla" che va a votare, da non confondere con il Popolo Sovrano, ahimè, ridotto al lumicino.