17 giugno 2023

Bruno De Sá strega il Museo del Violino con “Roma Travestita”. Standing ovation per il sopranista e per Il Pomo d’Oro di Francesco Corti

E’ il 1588, a Roma il pontefice Papa Sisto V decide di proibire alle donne di prodursi nel teatro e nel canto. Papi e cardinali frequentavano spesso seducenti cortigiane o giovani efebi, ma le donne non potevano né recitare né cantare. In teatro e neppure nelle chiese. La proibizione ecclesiastica si rifaceva ad un passo di San Paolo interpretato in modo manicheo: “Mulieres in Ecclesiis taceant”. In teatro, anche come spettatrici, potevano entrare soltanto se accompagnate da un uomo. Ed è proprio in questo periodo, dove molti giovani venivano avviati all’evirazione per cristallizzare la propria voce bianca e sostituire così quella femminile, che nacque il repertorio proposto al Museo del Violino nel primo concerto in programma al Monteverdi Festival dopo la prima de L'Incoronazione di Poppea. Il sopranista Bruno De Sá insieme all’ensemble Il Pomo d’Oro guidato da Francesco Corti, ha portato il pubblico per mano in un programma composto da arie tratte dalle opere di Monteverdi, Vivaldi, Scarlatti, Galuppi, Corelli, Porpora e Piccinni, e di autori meno frequentati come Arena, Bononcini, Hasse.

Ad aprire il concerto, neanche a dirlo, l’immediato omaggio al Divin Claudio con il solenne prologo dell’Orfeo (quasi ad anticipare l’edizione 2024).

E poi via via tra Frondi tenere…Ombra mai fu musicata da Giovanni Bononcini, incantevole seppur meno nota della celebre versione handeliana.

L’alternanza fra repertorio strumentale e quello vocale ha donato al programma uno slancio equilibrato, trovando vette di splendore. Il Pomo d’Oro in forma smagliante si dimostra ancora una volta fra le migliori orchestre del globo, portando la platea in una climax di emozioni sempre più intense che sono culminate su Furie di donna irata da La donna irata di Niccoló Piccinni. Bruno De Sà sconvolge per le sue qualità vocali che lo portano ad essere quasi alieno. L’uso delle colorature e della messa di voce ha letteralmente sconvolto anche il pubblico più esigente sfociando in una vera e propria ovazione da stadio. Dal canto suo, Francesco Corti è genio e sregolatezza. Impone tempi frenetici con elegante sfacciataggine, convincendo in ogni appoggiatura, ogni accento, ogni piano improvviso. Alla fine del concerto l’applauso (e le grida “Bravo!”) è stato quasi una liberazione dalle tantissime emozioni scaturite dall’incalzare del ritmo del programma. Generoso, infuocato e travolgente il bis, la celebre Son qual nave dall’Artaserse di Riccardo Broschi e Johann Adolf Hasse.

Un concerto come non se ne sentivano da tempo, che ha confermato ancora una volta il valore e la qualità del nostro Monteverdi Festival. 

Fotoservizio Gianpaolo Guarneri/Studio B12

Loris Braga


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commenti


Primo Luigi Pistoni

18 giugno 2023 07:05

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