2 agosto 2021

Cinquant'anni fa la costruzione del nuovo ospedale a tempo di record. Prima pietra nel 1965 con tre ministri, e 5 anni dopo i primi malati

Lo scorso 26 luglio è arrivato dalla Giunta regionale il via libera alla costruzione del nuovo ospedale di Cremona. A poco più di 50 anni di distanza dal trasferimento dei primi pazienti, nel settembre 1970, nel complesso che ora verrà completamente riaggiornato. Al momento in cui fu costruito, il nosocomio cremonese era decisamente all'avanguardia e pertanto fu memorabile quella giornata dell’11 aprile del 1965, quando due ministri arrivarono a Cremona per la posa della prima pietra. In un primo momento sembrò che i ministri destinati al rendez-vous cremonese fossero addirittura tre: il ministro Giacomo Mancini, quello per i rapporti con il Parlamento Giovanni Battista Scaglia e dell’agricoltura Mario Ferrari Aggradi.

Venne Scaglia accompagnato dal ministro alla sanità Luigi Mariotti, ma fu un giorno indimenticabile e irripetibile. Di cui non era sfuggita l’importanza: “Questo ci sembra essere il momento buono per lo sblocco di talune situazioni di disagio che da tanto tempo andiamo denunciando – scriveva il giornale “La Provincia” - che si dica una volta per tutte che Cremona non deve ancora restare il ‘Meridione della Lombardia’ e che devono anzi essere risolte tutte le pregiudiziali per una rinascita che proprio dagli organi centrali della burocrazia statale deve avere l’avvio ed il consenso”. Un gruppo di mattoni dell’antico ospedale di San Facio è stato posto nelle fondamenta del nuovo nosocomio sorto in via Giuseppina. Nel grandissimo cantiere era stato deposto il plastico che raffigurava il progetto ed il momento veniva definito “storico”.

A ricevere quella mattina i due ministri il presidente del consiglio di amministrazione degli Istituti Ospedalieri Emilio Priori.

Priori aveva fatto presente le difficoltà della realizzazione: se ne era iniziato a parlare ottant’anni prima, nel 1883, quando risultò chiaro il problema di ampliare e ricostruire il vecchio ospedale di Santa Maria della Pietà, ma le varie fasi di riforma del vecchio stabile si erano concluse solo due anni prima, il 9 maggio 1963, quando il consiglio di amministrazione aveva approvato il progetto esecutivo e l’8 giugno del 1964 aveva consegnato i lavori all’impresa che avrebbe realizzato il primo lotto. 

In un primo tempo non venne presa in considerazione l’ipotesi di utilizzare una parte del patrimonio dell’ente, ma poi, essendosi ridotti gli oneri dell’assistenza sanitaria a carico del Comune, poteva “essere preso in considerazione il ricorso al patrimonio o meglio una trasformazione del patrimonio stesso che da capitale scarsamente fruttifero si sarebbe trasformato in un patrimonio tanto cospicuo nella sostanza quanto estremamente necessario nella forma: il complesso del nuovo ospedale generale”. Poi aveva accennato al fatto che il piano di finanziamento era stato superato dall’aumento dei costi, per cui era era stato revisionato e aggiornato, ecco perchè si chiedeva alle autorità centrali di venire incontro alle difficoltà con un aiuto che doveva essere “diluito nel tempo, per il rimborso, e con tasso minimo di interesse o addirittura senza interessi” per venire incontro “alle difficoltà che si sono create, ponendo in dubbio la possibilità dell’Ente per una completa copertura della spesa, contrariamente alla ritenuta sufficienza di ieri”.

Il ministro Mariotti, da parte sua, aveva assicurato l’interesse del governo: “L’impegno del Governo è pesante e grave, ma non si mancherà di passare dalla fase caritativa, che ha luminose tradizioni che continueranno, all’obbligo dello Stato”.

La gigantesca gru prese allora la prima pietra e la collocò nel punto prestabilito, “cioè subito oltre quello che sarà il grande atrio al piano di sotto del primo tratto del corpo intermedio”. Il cantiere del nuovo ospedale dovette suscitare grande impressione: “L’opera è veramente grandiosa e per capirne la portata basterà recarsi nell’area che gli stessi istituti hanno acquistato nei pressi di S. Sigismondo. Siamo ancora al primo lotto, per complessivi tre miliardi, ma l’imponenza dei lavori di fondazione, le opere in calcestruzzo già effettuate danno, anche al profano, una esatta idea della maestosità dell’edificio che sorgerà fra quattro anni. Un edificio modernamente concepito a forma di ‘x’, immerso in un grandissimo parco e in amene zone a verde che sono già state create per cui al momento del funzionamento dell’Ospedale, le piante potranno già dare ombra. L’Ospedale sorgerà su oltre 290 mila metri quadrati, con 1.250 posti letto. Sarà il più moderno d’Italia continuando così l’opera veramente benemerita della stessa comunità cremonese che volle, verso la metà del XV secolo, riunire in un unico organismo, tanti piccoli enti ospedalieri che adempivano, in misura frammentaria, alla loro funzione. Così nel 1452 l’ospedale ha potuto, grazie alla generosità dei cittadini, subire notevolissimi ampliamenti. Oggi l’opera è quindi il coronamento di secolari attività benefiche”.

La redazione del progetto era stata affidata agli ingegneri milanesi Arturo Braga ed Enrico Ronzani, esperti di edilizia ospedaliera impegnati entrambi nella costruzione, pochi anni prima, dell'ospedale di Niguarda, che in poco tempo redassero il progetto di massima, approvato dal Ministero della Sanità. Il progetto, in verità, derivava da uno schema tipo ampiamente collaudato ed adattato anche per altre città come Ancona, ed in seguito Crema, partendo da un corpo centrale con ali che si diramano alle estremità. Una volta approvato, il progetto venne rielaborato ed aggiornato nel dettaglio nel corso della stesura esecutiva dei singoli reparti, dei vari servizi, e degli impianti tecnologici affidando la direzione dei lavori all'ingegnere Romano Sora, con la collaborazione della Direzione sanitaria e dei sanitari responsabili dei vari reparti. Per cui, pur rispettandone le caratteristiche planimetriche, il progetto di massima venne adeguato nel numero dei piani, nella distribuzione dei vari reparti, nella tipologia dei servizi, inserendo nuovi reparti e servizi non previsti nel progetto iniziale, ma entrati ormai nella realtà sanitaria e nella tecnica ospedaliera. Ogni variazione e modifica apportata è sempre stata preceduta da riunioni tra tecnici e sanitari e per determinati servizi ed impianti che presentassero problematiche più complesse e delicate, sono state effettuate frequenti visite ad altri ospedali di recente costruzione. Nel giro di due o tre anni furono visitati, tra gli altri, gli ospedali di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Roma, Firenze, Treviso, Milano, Verona, ed all'estero quelli di Zurigo, Berna, Basilea, Sion in Svizzera, Monaco, Stoccarda, Francoforte, Amburgo, Brema, Heidelberg, Stoccolma e Uppsala. Tra gli elementi nuovi introdotti, non previsti dal progetto iniziale, vi furono l'edificio per la scuola del personale paramedico vicino all'edificio dell'amministrazione; lo spostamento del convitto degli infermieri sul lato est verso via Cà del Ferro, adiacente al nuovo edificio adibito ad alloggio delle Suore, allora numerose, che operavano nell'ospedale; e la destinazione di vaste aree a parcheggio sia all'esterno, per i visitatori, che all'interno per le auto del personale. Un'iniziativa, però, che non trovò d'accordo l'amministrazione comunale, che aveva già organizzato una serie di linee di trasporti urbani diretti all'ospedale. Per quanto riguarda il monoblocco venne creato un nuovo piano interrato per ospitare le sottocentrali impiantistiche, magazzini, archivi, le tubazioni dei vari impianti, e la sopraelevazione di un piano di tutto l'edificio ospedaliero, che veniva così ad essere costituito da dieci piani, ottenendo deroghe ministeriali all'altezza, che superava i limiti ammessi dai regolamenti comunali vigenti. Nel 1970 vennero realizzati ex novo la nuova clinica Sanitas in due sezioni, una sezione di nuova cardiologia, una di nuova terapia intensiva, la fisiokinesiterapia, il centro immaturi, l'emoteca, la medicina nucleare con i servizi annessi. 

L'ospedale è sorto su un'area di 205.000 metri quadrati, di cui 85.000 di superficie abitabile esclusi i magazzini al piano interrato, ha un volume di circa 300.000 metri cubi e, al momento dell'apertura aveva 1500 posti letto, compresi gli infettivi, ma, essendo le degenze a quattro letti attrezzate per ospitarne un quinto, la capienza massima poteva arrivare a 1700 letti. La costruzione è stata realizzata in tre differenti lotti: il primo di gran lunga il più consistente, prevedeva l'esecuzione del monoblocco principale, con ingresso, portineria, centrale termica, lavanderia, stireria e guardaroba, anatomia patologica, camere mortuarie, la cappella religiosa, viabilità, parcheggi esterni ed interni. Il secondo lotto era costituito dal padiglione degli infettivi, ed il terzo, infine, comprendeva l'amministrazione, la scuola infermiere, l'alloggio per il personale religioso e il convitto delle infermiere. La consegna dei lavori ebbe luogo il 1 agosto 1964 ed il trasloco dei primi malati dal Vecchio Ospedale avvenne nel settembre 1970. 

Se confrontati con altri ospedali di dimensioni simili, come il San Carlo di Milano, i tempi di esecuzione del primo lotto furono davvero rapidi, con la presenza continua in cantiere mediamente di 230 operai, con oltre un centinaio di imprese impegnate tra opere edili, impiantistiche, forniture di attrezzature, impianti speciali ed arredi. Anche il costo di costruzione, se raffrontato a quello di altre costruzioni ospedaliere del tempo, fu notevolmente contenuto al punto da destare nell'ambiente dell'edilizia sanitaria una certa sorpresa, soprattutto in relazione all'alto livello delle finiture dell'edificio, della notevole area a disposizione, della qualità delle attrezzature, delle apparecchiature sanitarie e degli arredi. Il costo a tutto il 1973, compreso l'acquisto dell'area, gli arredi e le attrezzature, fu di 11 miliardi e 700 milioni di lire, pari a meno di 8 milioni per ogni posto letto. Nei successivi venticinque anni dal momento dell'inaugurazione sono stati effettuati vari interventi di aggiornamento e ampliamento sulle parti esterne al monoblocco, che hanno compreso, tra le altre cose, il nuovo padiglione per gli uffici edi depositi di farmacia e la mensa del personale interno; il nuovo fabbricato per la rimessa delle autolettighe e degli automezzi ospedalieri; l'ampliamento dell'ingresso principale per la nuova farmacia comunale; la piattaforma attrezzata per l'eliporto; i nuovi locali per i prelievi, ricavati in parte nella portineria esterna; il nuovo padiglione per il servizio psichiatrico di diagnosi e cura; il nuovo ingresso degli ambulatori nonché l'allacciamento dell'ospedale alla rete del teleriscaldamento. Per quanto riguarda il monoblocco, al 7° piano si è ristrutturato il reparto di ostetricia e ginecologia riutilizzando gli spazi della clinica Sanitas. Negli spazi lasciati liberi nei corpi chirurgici hanno trovato collocazione il nuovo reparto di terapia intensiva con rianimazione neurochirurgica, un gruppo di locali e uffici necessari per il coordinamento del servizio generale di anestesia e del personale addetto ai gruppi operatori in genere, nonché lo spostamento del nuovo Utin, L'unità di terapia intensiva neonatale. Nel sesto piano si è realizzato il nuovo reparto di Neurochirurgia, nel quinto il nuovo Centro trapianti midollo osseo, nel terzo l'ampliamento di cardiologia, nel primo il nuovo servizio di senologia e il nuovo servizio di angiografia digitalizzata con emodinamica e raggruppamento e potenziamento delle dotazioni di ecotomografia. “L'ospedale non è mai da intendere -scriveva l'ingegnere Romano Sora in occasione del 25° anniversario del Nuovo Ospedale – come un intervento completo, compiuto e chiuso ma piuttosto un organismo sempre vivo e e che necessita, finanziamenti purtroppo permettendo, di continue 'cure' per salvaguardarne la 'salute' e la valida funzionalità”.

 

Fabrizio Loffi


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commenti


Gianluigi Stagnati

2 agosto 2021 15:43

"L’opera richiese 12,5 miliardi di lire (circa 80 milioni di euro oggi), quasi interamente autofinanziati, e venne portata a termine sotto il consiglio degli Istituti ospitalieri composto da Emilio Priori (presidente), Maria Galliani (vice presidente), Fausto Rossini, Nicola Meazzi, Luigi Bonezzi, Ezio Benna e Angiolino Davò (consiglieri). La struttura amministrativa dell’ospedale vedeva al suo vertice il segretario generale Celeste Cottarelli, coadiuvato dal vice Felice Majori e dal direttore sanitario Gianfranco Lanzarini. Direttore dei lavori l’ingegner Romano Sora."

Gianluigi Stagnati

2 agosto 2021 15:45

Celeste Cottarelli, il papà di Carlo, era direttore generale.

Michele de Crecchio

3 agosto 2021 22:17

L'area per la costruzione nel nuovo ospedale cittadino era già stata individuata, sin dall'inizio del secolo scorso, a lato della via Giusppina, interessando il podere di una piccola cascina che portava il curioso nome di "Cà de Guai", denominazione che, almeno per quanto riguarda la vita del cantiere, ebbe, evidentemente, un effetto "apotropaico"! Porzione della antica cascinetta credo sia conservata ancora, anche se in cattive condizioni, nei pressi della attuale portineria del complesso ospedaliero. Osservata da una particolare posizione, tale cascinetta si sovrapponeva (e forse si sovrappone ancora oggi) in modo suggestivo all'immagine della non lontana splendida basilica di San Sigismondo.

Anna Maramotti

30 ottobre 2023 21:53

Grazie. La ricostruzione della storia dell'ospedale fa ben comprendere la sua identità rispetto alle funzioni del nosocomio , l'importanza rispetto alla città e la sua attualità.