Classici e danze folkloristiche. Vardai e la Franz Liszt Academy stregano i cremonesi. Lo Stradivari Du Pré torna a casa dopo 350 anni
Scintillante debutto cremonese per il violoncellista Istvan Vardai e la Franz Liszt Chamber Orchestra: ieri sera nell’auditorium cremonese sono risuonate melodie classiche e rusticissime danze boeme, ungheresi e ceche.
Già vincitore di numerosi premi (tra cui l’ARD Competition di Monaco), Vardai si è cimentato nella duplice veste di solista e direttore d’orchestra guidando la storica compagine magiara e proponendo un programma austroungarico nel senso più stretto del termine. La prima parte della serata è stata dedicata alla Eine kleine Nachtmusik K 525 di Wolfgang Amadeus Mozart e al Concerto per violoncello e orchestra in do maggiore HobVIIb:1 di Franz Joseph Haydn, mentre la seconda metà ha rispolverato brani di ispirazione folkloristica di autori più o meno noti quali Franz Liszt, David Popper e Leó Weiner.
Meraviglioso vedere un’Ungheria autentica e festante, nettamente in controtendenza rispetto all’attuale periodo storico. Un programma all’insegna di una spumeggiante leggerezza che è trasparsa dai volti sempre sorridenti dei professori d’orchestra.
Si spera di poter risentire presto questo ensemble anche in un repertorio più impegnato.
In apertura un brano che si può definire il “classico dei classici”, ovvero la Serenata K 525 del genio salisburghese. Questo evergreen è stato letto con incredibile fantasia e intelligenza, sono stati riportati alla luce con garbo stilemi tipici delle esecuzioni storicamente informate. Le idee musicali si sono susseguite con spontaneità, il lavoro costante di questi professionisti ha dato vita a una serie di prodotti raffinatissimi.
Il timbro sfavillante degli archi ben si è adattato alle tinte festose dei movimenti estremi, ammorbidendosi tuttavia nei brani centrali. La duttilità di questo gruppo di virtuosi è emersa sin dalle primissime note, l’orchestra ha mantenuto nell’arco della serata un timbro compatto, quasi materico, senza scadere in stucchevoli eccessi. L’equilibrio delle dinamiche è stato ammirevole, il piani sonori sempre ben definiti hanno fatto emergere con chiarezza ogni particolare dell’interpretazione.
A proposito di serenate mozartiane, interessante notare come recentissimamente al catalogo dell’autore sia stato aggiunto un nuovo numero, il K 648, ovvero una Ganze kleine Nachtmusik, chissà che non entri presto nel repertorio di questo ensemble.
I concerti per violoncello di Haydn sono diventati negli anni un must delle stagioni musicali cremonesi: da Dindo a Vardai, passando per Isserlis, le esecuzioni di questi pezzi quasi si sprecano nella nostra città. La scelta di quest’anno è ricaduta sul primo dei due concerti, un brano dalle molteplici sfaccettature e dagli artifici tecnici raffinati. Il solista ha interpretato brillantemente questo brano e con evidente facilità seppur non trascurando lo spessore musicale insito nei tre movimenti.
Il timbro dello Stradivari “Du Pré” (1673) ha stregato il pubblico: chiarezza e opulenza sono andati a braccetto con la trasparenza della scrittura haydniana. Rispetto alla serenata precedente è risultata evidente la piega baroccheggiante di questo concerto (messe di voce, abbellimenti, forma a ritornelli ecc…) che ancora oggi colpisce per la vivacità dei toni. Il marziale Allegro iniziale e l’umoristico Finale hanno incorniciato l’Adagio in cui l’interprete ha saputo muovere gli animi dispiegando pacate melodie, dimostrando inoltre grande cura anche dal punto di vista del controllo della timbrica.
Decisamente più istrionica la seconda parte della serata, cominciando dalla Seconda Rapsodia Ungherese di Liszt, pezzo di bravura originariamente scritto per pianoforte solo riproposto nella sua versione orchestrale. La classica bipartizione (Lassú e Friss) del genere della rapsodia combacia con l’alternanza di una prima parte moderata e lirica che sfocia successivamente in sfrenate danze. I celebri gesti musicali della prima metà sono stati sapientemente valorizzati dall’orchestra il cui piglio deciso ha restituito alla prima metà del brano tutta la nobiltà che lo contraddistingue. Un graduale accelerando ha introdotto la sezione danzante i cui ritmi folkloristici hanno indotto una scarica di adrenalina nel pubblico. La padronanza dell’elemento ritmico che scorre da sempre nei grandi musicisti ungheresi si è manifestata continuamente durante la performance, quasi invitando il pubblico ad alzarsi ed unirsi in balli popolari.
Il primo divertimento di Weiner è stata una boccata d’aria fresca grazie alla sua originale successione di danze. Paragonabile dal punto di vista compositivo al Liszt più romantico e patriottico, la sua musica è stata spesso adombrata da quella dei suoi più celebrati contemporanei e predecessori, fortunatamente negli ultimi decenni la sua produzione ha avuto fuori dall’Italia una graduale riscoperta.
L’attaccamento alla propria Patria da parte di questi compositori (soggiogati all’epoca dall’Impero Austriaco) si è manifestato nelle loro opere con risultati ottimi come nel caso di Weiner, il cui divertimento ha ricreato scorci di vita quotidiana delle campagne magiare tra feste, balli e tradizioni popolari grazie alla fenomenale esecuzione dell’Academy.
Vardai ha infine chiuso il concerto con la Rapsodia Ungherese Op. 68 del compositore e violoncellista boemo Popper, brano dalla forma più libera rispetto all’omonimo lisztiano seguito in precedenza ma ugualmente brillante (agli intenditori non sarà passata inosservata la citazione finale dalla sesta rapsodia di Liszt per pianoforte).
Il violoncellista si è districato con grande charme tra i diabolici artifici tecnici che gli si sono via via presentati. Estro e fantasia hanno costellato la performance sia nei momenti più languidi sia in quelli più brillanti. Da segnalare la perfetta condotta dell’arco e l’impressionante tecnica del sautillé, prova di maestria per ogni strumentista ad arco. Due fuoriprogramma gentilmenti concessi prima dal solista e poi dall’intero ensemble: la Sarabanda dalla prima suite per violoncello solo di Bach e una danza di Pavel Fischer trascritta dall’originale per quartetto.
Esultanti acclamazioni hanno chiuso questa festosa serata. Prossimo appuntamento stamattina alle 12 con l’audizione speciale de Gli Archi di Cremona, guidati da Giacomo Invernizzi e diretti da Aram Khacheh.
Le foto sono di Gianpaolo Guarneri (FotoStudio B12)
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