9 aprile 2024

Così funzionava la censura americana. Il ruolo del professor F.A, poi il controllo di Sylvester. La richiesta della Cremonese per stampare "Grigio Rosso". Bloccati persino i bollettini parrocchiali

Ancora una puntata sui documenti straordinari sulla storia di Cremona dai file desecretati del Comando Americano in Italia nel 1945. Questa volta raccontiamo come funzionava la censura con l'attività di un professore cremonese F.A. per i primi mesi (fino ad agosto), poi la revoca e il controllo diretto da parte del capitano Sylvester. Il blocco "per carenza di carta" dei bollettini parrocchiali. La ricerca è di Marco Bragazzi.

E', da sempre, lo strumento più idoneo da utilizzare per poter controllare, sia durante una guerra che nei momenti di pace, con relativa tranquillità molti passaggi della società civile. E' uno strumento dotato di un taglio chirurgico, pulito, essenziale secondo coloro che la applicano ma feroce verso coloro che la subiscono e può trasformarsi, nel giro di pochi minuti o con un paio di firme, da un passaggio necessario ed opportuno ad una oppressione immotivata.

Agli inizi di agosto del 1945 il professor F. A., figura nota a Cremona, venne liquidato, sia come ruolo professionale che a livello economico, da una breve velina del Comando Alleato. Poche righe e il responsabile dell'ufficio legale cittadino, il capitano L.A. Sylvester, colui che in città seguiva e voleva conoscere ogni singola cosa, chiude il rapporto di lavoro con un cittadino il quale, a tutti gli effetti, grazie al suo ruolo poteva prendere visione di ogni singola cosa che veniva scritta o descritta nella città del Torrazzo.

La velina è chiara: F. A. doveva restituire anche il timbro personale con il quale, dagli uffici destinati alla censura post bellica, timbrava o controfirmava ogni singola notizia che poteva essere diffusa in città.

Da quel 10 agosto 1945 gli uffici della censura sarebbero stati gestiti direttamente dal Governo Alleato, senza che qualche cittadino cremonese potesse incappare in veline o denunce per poi, magari, farsi scappare qualche informazione al bar o allo stadio. Il silenzio è oro, è uno dei motti più importanti nella storia della informazione.

Sylvester non si prende nemmeno la briga di chiudere la lettera con “Distinti saluti” anche se, nell'ultima riga, sembra trasparire il dispiacere immenso, si fa per dire, con cui il Governo Alleato si era liberato del lavoro del professore cremonese.

F. A. faceva un lavoro particolare, dal maggio 1945 decideva cosa e come censurare le notizie in città; decideva è una parola grossa, fin dalla fine aprile dello stesso anno aveva ricevuto direttive secche e precise dagli Alleati sul trattamento riservato ad ogni pubblicazione o notizia che coinvolgesse la città di Cremona. Qualsiasi cosa andava visionata, sezionata, rivista e, di solito, censurata, sia che fossero notizie o informazioni, opinioni, pubblicità di serramenti o matite gli Alleati erano stati chiari: la libertà d'informazione va bene fino a quando noi non decideremo il contrario.

F. A. aveva preso appunti e aveva applicato il mandato imposto da Sylvester; la censura degli Alleati, in materia di attualità o percorsi storici, era tremenda, risultava completamente rivolta alla prevenzione o, in alcuni casi, anche alla repressione di qualsiasi cosa non fosse prevista come di libero dominio. Il vero potere gestionale, e la capacità di poter disporre liberamente di esso, non è mai legato ad una posizione di forza, ma al fatto di poter disporre delle informazioni e delle opinioni a proprio piacimento, realtà che è presente fin dai tempi dei Sumeri e che gli Alleati sapevano bene come gestire.

Per i cremonesi non vi era scampo; ogni singola pubblicazione, di qualsiasi natura, doveva passare dagli uffici Alleati, in pratica era vietato accendere una rotativa o usare un microfono senza il benestare del Comando Alleato. A farne le spese non erano soltanto le notizie post belliche filtrate, rimescolate e poi distribuite alla popolazione, ma dentro il calderone, in maniera quasi immotivata, ci finivano tutti. E' il caso della U.S. Cremonese nella persona dello storico vice presidente Feraboli il quale, ben conscio di queste regole ferree, a novembre del 1945 deve chiedere il permesso all'ufficio censura per una pubblicazione, un numero unico chiamato semplicemente “Grigio Rosso”, destinato a coinvolgere la cittadinanza sui risultati della squadra nel campionato. La lettera è chiara, il numero de “Grigio Rosso” avrà una impostazione prettamente sportiva, esulando da ogni contesto politico, in caso contrario L.A. Sylvester avrebbe bloccato tutto distribuendo sanzioni che di certo non erano solo una semplice tirata di orecchie.

Se la censura non fosse stata sufficiente il controllo della stampa poteva svilupparsi con altri strumenti arrivando fino a paradossi quasi paranoici, basti pensare che il 25 maggio 1945, con una città che voleva tornare alla normalità, la tipografia “La Buona Stampa” si vide rifiutare il permesso per la stampa e la pubblicazioni di bollettini parrocchiali. Per farlo gli uffici della censura si appellarono alla “carenza di carta” per la stampa, rendendo solo un po' più elegante, ma comunque netto e preciso, il taglio delle informazioni che potevano essere distribuite dopo una messa o in un oratorio.

La china censoria voluta dal Governo Alleato aveva una doppia funzionalità, evitare notizie o opinioni contrastati con quelle decise a livello nazionale ma, soprattutto, far emergere persone o pubblicazioni che potessero essere in contrasto con quel periodo di gestione del potere esecutivo non solo a Cremona ma in tutta Italia. Per ovviare al meglio a questi due passaggi la migliore strategia era, oltre a quella della censura, quella di dirigere l'informazione, realtà ancora tutta da scoprire. (4-continua)

Marco Bragazzi


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