Cremona e Venezia, due città unite dalla musica ma anche dalla carità, a confronto al Museo del Violino
Cremona e Venezia, due città che hanno in comune l'elemento acqua, tradizione musicale e istituzioni caritatevoli. Uno sguardo insolito sui legami tra le due realtà è stato offerto sabato mattina al Museo del Violino a margine della mostra i Violini di Vivaldi e le Figlie di Choro e della festa della Fondazione Città di Cremona. Ospiti speciali Filippo Battistelli, presidente dell'istituto provinciale Santa Maria della Pietà del capoluogo lagunare e il conservatore dello stesso Debora Pase, che hanno dialogato in un incontro – confronto con Uliana Garoli, presidente Fondazione Città di Cremona e Fausto Cacciatori, conservatore dell'MdV.
Introdotti dalla direttrice MdV Virginia Villa e dall'assessore alla Cultura Luca Burgazzi, i due presidenti hanno tracciato le vicende essenziali di nascita e scopi delle rispettive istituzioni. A Cremona il Consorzio della Donna venne fondato nel periodo di piena espansione mercantile della città, quando nobildonne e mercantesse misero a disposizione i loro averi per la cura di orfani, vedove e fanciulle sole. La loro sede era proprio nel palazzo della Carità, che oggi ospita la Fondazione Città di Cremona: nella stessa piazzetta, accanto alla chiesa di santa Maria della Pietà, era sorto l’orfanotrofio che accoglieva i bambini abbandonati nelle ruote degli esposti di chiese e conventi.
A Venezia fu l’ospedale della Pietà, fondato dal frate francescano Pietro da Assisi, ad accogliere gli infanti e, attraverso le questue, a suscitare la generosità dei cittadini più facoltosi: nel Trecento non era insolito che i bambini indesiderati venissero lasciati morire nelle calli, ma con l’andare dei decenni e poi dei secoli, alla Pietà vennero depositati bambini provenienti anche da fuori Venezia, fino dall’Istria, semplicemente perché le famiglie d’origine desideravano per loro un futuro migliore.
Un legame tra Venezia e Cremona, sul fronte della carità, è fornito poi da Gerolamo Maini, nobile veneziano che dopo essere scampato alla morte nelle vicende belliche del 1531, si spogliò di tutte le sue ricchezze per dedicarsi alla vita degli orfani: divenuto santo nel 1766, si spostò da Venezia in varie sedi lombarde e fondò l’ordine dei Somaschi, che vennero in auto degli orfani cremonesi attraverso la messa a disposizione della chiesa di san Vitale, che divenne appunto orfanotrofio.
Dalle vicende antiche a quelle più recenti, attraverso la musica: l’ospedale della Pietà veneziano fu culla di ragazze divenute poi virtuose cantanti, sotto la guida di Antonio Vivaldi: proprio per la scuola di musica e canto vennero realizzati quegli strumenti che oggi e fino al 31 ottobre sono in mostra all’MdV dopo il restauro da parte dell’università di Pavia e di CrForma, attraverso i corsi svolti nelle aule di palazzo Fodri, gioiello architettonico entrato a far parte del patrimonio di Fondazione Città di Cremona una decina di anni fa.
Quella stessa musica praticata anche dagli "artigianelli" dell’orfanotrofio cremonese nelle ore libere dall’apprendistato di arti e mestieri. Le bande degli orfanotrofi venivano chiamate in varie occasioni, religiose e laiche, ed oggi a portare avanti la loro memoria è l’associazione ex allievi Lazzaro Chiappari, conservando gelosamente quegli strumenti nella sede presso la Fondazione.
“Oggi l’assistenza cremonese poggia sulla triade Fondazione – azienda Cremona Solidale – Comune”, ha aggiunto Garoli. “Ci rendiamo conto del grande patrimonio che abbiamo, che non è solo fatto di beni immobili e ricchezze, ma di rapporti sociali e delle opere in risposta ai bisogni che cambiano. Non ci sono più gli orfanotrofi ma è ancora necessario sostenere i giovani abbandonati, tra i quali i bambini che arrivano qui soli a seguito delle ondate migratorie. La Fondazione offre a Cremona Solidale il comodato gratuito di tutti gli immobili utilizzati e ha aiutato l’azienda stessa a superare il momento di grave difficoltà economica dovuta alla pandemia”.
“Sono contento di essere qui – ha aggiunto Battistelli - perchè la Pietà è conosciuta spesso come la scuola di Vivaldi, ma la musica era in realtà uno strumento per l’emancipazione.
Non dobbiamo incorrere nell'errore di fermarci alle necessità primarie delle persone, non dobbiamo dare solo un tetto ai ragazzi che ospitiamo, ma offrire una prospettiva. La Pietà è un ente ricco, ma oggi l'obiettivo è alzare l'asticella: aprirci sempre più alle necessità dei nostri contesti, come stiamo facendo ad esempio con un nuovo centro diurno per ragazzi che vengono allontanati dalle famiglie. Abbiamo la fortuna di non doverci inventare nulla, ma solo proseguire nel solco già tracciato”.
A chiudere l’interessante incontro, il conservatore del Museo Fausto Cacciatori ha parlato dell'importanza dei liutai a Venezia e del loro ruolo sociale, il cui lavoro diventa sempre più richiesto nella Repubblica proprio per l’abbondanza di istituti di assistenza che facevano della musica uno strumento di emancipazione. Non è un caso che la famiglia Guarneri nel 700 si sia spostata da Cremona a Venezia ritagliandosi un ruolo nelle corporazioni.
Citando la monografia su Stradivari di Elia Santoro, Cacciatori ha evidenziato il rapporto tra i liutai cremonesi e il Consorzio della donna, di cui il 28 dicembre 1691 Antonio Stradivari venne eletto per un anno reggente. Un segnale forte della funzione sociale attribuita ai liutai e che ci dice come il maestro appartenesse ad un ambito abbiente. Antonio tuttavia non pare avesse più di tanto il desiderio di partecipare alle riunioni, facendosi piuttosto sostituire dal figlio Omobono, protagonista anche di altre confraternite.
La vicinanza ai problemi sociali dei liutai è testimoniata anche dalla figura di Carlo Bergonzi, che fece parte tra l’altro della confraternita del ss Sacramento di san Luca, dove conobbe forse Omobono.
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