Dismissione della centrale nucleare di Caorso, iniziato oggi l'attacco al cuore della centrale. Inaugurato nel 1981, l'impianto è fermo dal 1990
Nella centrale di Caorso Sogin ha iniziato le attivita' di smantellamento dei sistemi e componenti all'interno dell'edificio reattore. Questo progetto rappresenta un passaggio cruciale nel programma di dismissione dell'impianto emiliano, poichè segna l'attacco al cuore della centrale. Era il 1°dicembre 1981 quando venne avviata formalmente la centrale nucleare di Caorso, a metà strada tra Cremona e Piacenza. Dopo il taglio del nastro, tutto funzionò per 5 anni, durante i quali sembrava che l'avventura italiana nel campo del nucleare avesse preso il largo. Poi quel 26 aprile 1986 il mondo si fermò alla notizia dell'incidente alla centrale di Chernobyl e l'argomento energia nucleare iniziò ad assumere tutto un altro significato, intriso di dubbi e paure. Il referendum del 1987 mise definitivamente la parola fine all'era del nucleare in Italia. L'impianto è fermo dal 1990.
L'investimento dello Stato ammontava a oltre 468 miliardi delle vecchie lire per mettere a terra e rendere operativo il progetto commissionato da Enel (che all'epoca era ancora un ente pubblico monopolista del settore elettricità) ed affidato ad Ansaldo, che si strutturava sulla tecnologia americana di General Electric. Doveva essere la centra del futuro, è rimasta in funzione poco più di un lustro e ora è diventata il simbolo del passato dell'energia nucleare.
In particolare, si legge in una nota, oggi sono cominciate le operazioni di 'spooling' in cui i tecnici stanno tracciando i punti di taglio per smontare i sistemi e componenti in pezzi (spool). Tale lavoro e' necessario per garantire che ogni elemento possa essere facilmente identificato e raggruppato in base al sistema di impianto di provenienza e alla sua eventuale contaminazione. Le attivita' condotte finora hanno incluso la realizzazione dell'impianto elettrico di cantiere e proseguiranno con l'installazione dei mezzi per la movimentazione dei materiali smantellati e con l'allestimento dell'impianto per eseguire tagli a caldo, specificatamente progettato per affrontare i componenti piu' complessi per dimensione e spessore.
Saranno smantellate complessivamente 3.400 tonnellate di materiale, di cui circa l'88% sarà rilasciabile dopo le operazioni di trattamento e decontaminazione necessarie, mentre il restante 12% sarà gestito come rifiuto radioattivo e stoccato nei depositi temporanei del sito in attesa di essere trasferito al Deposito Nazionale, una volta disponibile
I numeri ci danno meglio l'idea del tipo di impegno che comportò la sua realizzazione: sono state calcolate qualcosa come 10 milioni di ore di lavoro, durante le quali intervennero 350 tecnici; per la costruzione furono utilizzate 30mila tonnellate di ferro e settemila di macchinari, edifici capaci di resistere ai terremoti ed ai venti più impetuosi, che insieme diedero vita ad un impianto in grado di fornire a regime 840 megawatt di potenza, tradotti in 5 miliardi di Kilowatt all’anno. Il più grande d'Italia.
Ventisei anni fa Sogin, l’azienda pubblica che in Italia si occupa dei progetti di decommissioning degli impianti nuceari e di gestirne le scorie, ha iniziato i lavori di smontaggio del reattore di Caorso, che da sempre tutti chiamano Arturo. Ne serviranno altri 7 di anni per arrivare alla fase “brown field“, quella che per i tecnici è il campo di terra, lo smantellamento di tutte le strutture.
Nel frattempo Arturo rimane -ormai da oltre 30 anni- nella campagna tra Cremona e Piacenza come emblema di un passato che non è mai riuscito a diventare quel futuro per cui era stato progettato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti