Domenica sulla Rai docufiction su Walter Bonatti. Sul Po tra Cremona e Monticelli è nata la sua passione per l'avventura
Domenica andrà in onda su Rai 1 in prima visione assoluta lo sceneggiato su Walter Bonatti a dieci anni dalla sua morte (13 settembre 2011). "Sul tetto del mondo – Walter Bonatti e Rossana Podestà”, docufiction prodotta da Stand by me in collaborazione con Rai Fiction. È un evento televisivo che arriva a dieci anni dalla scomparsa del Re delle Alpi: Walter Bonatti (Alessio Boni). Lo omaggia in un modo inedito, raccontando la sua vita e la storia d’amore con Rossana Podestà (Nicole Grimaudo). Bonatti è una leggenda dell'alpinismo. Scalatore, viaggiatore, giornalista e scrittore Bonatti amava Cremona e il suo fiume. In tutti gli incontri pubblici e in una intervista pubblicata da "Mondo Padano" agli inizi degli anni Ottanta e in un incontro al Cittanova qualche anno fa organizzato dal Cai cremonese, ricordava sempre come la passione per i viaggi, per le scoperte e la natura gli era venuta proprio qui, sul Po. Era ospite di una zia a Monticelli d'Ongina (il papà era originario di Fiorenzuola d'Arda) e passava i pomeriggi sul grande fiume, con passaggi anche sulla sponda cremonese sognando Salgari, Sandokan la tigre di Mompracem e i suoi tigrotti. Ricordava anche quel suo passaggio sul fiume, quando il ponte tra Cremona e Castelvetro era stato bombardato e lui lo aveva attraversato tra materiali bellici abbandonati e cadaveri insepolti ("Montagne di una vita", Audisio 2000).
Ecco come raccontava la sua esperienza sul fiume Po tra Cremona e Monticelli nel libro "In terre lontane" edito da Baldini e Castoldi.
"Posso dire di aver passato gran parte della mia vita a contatto con le più genuine e forti manifestazioni della natura. Nel clima dell’azione, affrontata il più delle volte in solitudine, sempre comunque restando fuori dalla caotica e ottenebrante quotidianità del sociale, ho sentito spesso il bisogno di interrogarmi, di meditare su varie cose. Prima di tutto sull’estremo bisogno che l’uomo ha di ritornare alla propria dimensione di essere umano, essendone uscito in qualche misura, e sulla necessità che tutti abbiamo di assumere un rispettoso, giusto atteggiamento di fronte alla grandezza e unicità della natura. Questo vorrei riuscire a comunicare attraverso il racconto delle mie esperienze. Quando si è molto giovani capita di non sapere bene chi si è e che cosa si vuole dalla vita. Indubbiamente però noi tutti disponiamo di un misterioso filo conduttore che prima o poi finirà per farci scegliere ciò che per indole è già latente in noi, e servirà a costruire la nostra personalità. Ero ragazzo e dalla Pianura Padana dove per qualche anno ho vissuto, guardavo la linea azzurrina dei monti lontani sull’orizzonte. E sognavo. Per me quelle cime rappresentavano l’«insormontabile», e tuttavia erano di modesta altezza. Amavo molto starmene per ore intere a fantasticare sulle rive del Po. Là c’erano distese di sabbia e la grande corrente. Nella mia testa ne facevo dei deserti e degli oceani. Quando si è piccoli queste cose sembrano talmente vaste. Abitavo dunque sulla riva emiliana del fiume, e ricordo che per gioco andavo a nuoto con i miei amici sull’altra sponda, quella lombarda, attraverso le difficoltà della grande corrente. Per noi era l’avventura. Seduto su quelle rive sabbiose viaggiavo con il pensiero a cavallo di un pezzo di legno portato dal fiume. Arrivavo così ai mari, all’Est e all’Ovest, e fino agli oceani. Sì, su quelle sabbie sono cresciuto, sognando. Il Po era il mio mare, le sue boscaglie le grandi foreste, e le secche i miei vasti deserti"
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commenti
Daniro
6 settembre 2021 12:47
Se ben ricordo Bonatti tornò sul Po che tanto amava per l'idea di natura selvaggia che gli ricordava, prendendo una casetta in quel di Spinadesco. Me lo fece conoscere Giuseppe Spadari che aveva una casetta lungo il Fiume proprio a Spinadesco. La frequentavo per remare alla veneta andando all'Isola Serafini ai tempi ancora ricca di boschi e zone umide. Altri tempi, ora al massimo si nuota nel mais.