27 giugno 2025

Ercole, un eroe quasi romantico, ama follemente nel voler meravigliare. Successo per l’opera Ercole Amante di Francesco Cavalli al teatro Ponchielli per il Monteverdi Festival

Fantastico. Aggettivo paradigmatico per interpretare. Leggere. Spiegare quel movimento di musica e di arte, chiamato comunemente ‘barocco’. Parola chiave per capire come l’uomo moderno può ripercorrere quegli stessi sentieri estetici del passato all’insegna del ‘voler’ o, meglio, del ‘dover’ stupire con tutti gli strumenti possibili. Meravigliare in via assoluta.

Ed è con questo spirito che Andrea Bernard ha affrontato, in cabina di regia, la riproposizione di Ercole Amante, tragedia di un prologo e cinque atti su musica di Francesco Cavalli (Libretto di Francesco Buti - Prima rappresentazione Teatro delle Tuileries, Parigi, 7 febbraio 1662. Prima rappresentazione italiana Teatro La Fenice, Venezia, 17 febbraio 1961). Qui in un nuovo allestimento e produzione del Monteverdi Festival, Fondazione Teatro Ponchielli. 

Bernard si è trovato difronte ad un’opera che rispecchia pienamente questi fondamenti del barocchismo, nel pieno del suo fulgore. A partire dalla sua fabulazione ambientata tra: Dei, semi dei e uomini. Tra le alte vette dell’Olimpo e le oscure ‘stanze d’amore’ terrene. Uno specchio continuo tra il matrimonio di Re Luigi XIV ( il Re Sole) , per cui l’opera è stata scritta, e le vicende narrate amorose del mitico eroe. Un intreccio di passioni, spalmate su più livelli. In questo caso di Ercole innamorato di una donna già promessa sposa al figlio. Perseguitato dalla gelosia della moglie. Punito poi, ma solo in parte, dall’ira vendicativa degli dei che poi, bontà loro, lo assolvono in via definitiva. Ha provato a stupire giocando sul doppio binario del contemporaneo e dell’antico. Ha provato a stupire con un Cupido di colore al cui arco ha sostituito una clava. Ha inserito un palcoscenico nel palcoscenico. Ha fatto emergere, da mattoni di un muro, volti di uomini e donne con tanto di parrucca ben degna di Versailles. Ha provato a meravigliare con biciclette che apparivano tra i cieli dell’Olimpo. Ha proposto coreografie assolutamente degne del teatro danza moderno. Se voleva stupire, in parte c’è riuscito: ovvio. In questo gran milieu di variazioni sulla fantasia si è perso quello che era lo stupore antico che qualche amante del genere pensava di ritrovare stasera, come in un ricordo filologico del teatro barocco.  

In questa lettura hanno contribuito: le scene di Alberto Beltrame, i costumi di Elena Beccaro, le luci di Marco Alba e le coreografie di Giulia Tornarolli coadiuvati da Tecla Gucci Ludolf, assistente regia; Giulia Turconi, assistente alle  scene; Emilia Zagnoli, assistente ai costumi.  

Antonio Greco, ecclettico musico cremonese nel senso rinascimentale del termine, ha guidato l’Orchestra e Coro Monteverdi Festival – Cremona Antiqua.  Ensemble per altro che si sta guadagnando medaglie e riconoscimenti nei più importanti festival di musica antica in giro per l’Europa. Quella di Greco è stata una concertazione impeccabile. Ha dato linfa nuova alla già corroborata vitalità della musica di Cavalli. Non senza ardimento e fantasia ha organizzato mille piani sonori per far transitare, piacevolmente, anche le parti più monodiche e meno spettacolari della narrazione. Ha giostrato con preparazione accurata in tutte le forme che il compositore, allievo di Monteverdi, è riuscito ad inserire nell’opera dalla ‘canzonetta’ al ‘lamento’ . Dal ‘recitativo arioso’ ai grandi cori. Ha mantenuto un livello di musicalità altissimo. Meravigliosa l’esecuzione della commovente ‘ninnananna’.

Poi le voci Renato Dolcini è stato Ercole. Cinzia Paola Valentina Molinari Venere/Bellezza/Hilary Aeschliman, la bella e dolce IoleTheodora Raftis, GiunoneJorge Navarro Colorado, Hyllo.

Difficile fare dei distinguo. Tutti hanno dimostrato una grande vocalità che affonda nelle radici nella pratica seicentesca. Dolcini è stato però, anche per il ruolo, un passionale e applaudittismo Ercole; un eroe quasi romantico. 

Poi il resto del cast:  Shaked Bar, Deianira; Federico Domenico Eraldo Sacchi, Nettuno/Ombra di Eutyro ; Chiara Nicastro, Pasithea; Danilo Pastore, Licco; Maximiliano Danta, Paggio; Matteo Straffi, Mercurio; Arrigo Liverani Minzoni, Tevere e Benedetta Zanotto, Giorgia Sorichetti, Isabella Di Pietro: le Tre Grazie. 

Il pubblico del Festival ha gradito. Applausi sentiti e ‘graditi’. 

Si replica domenica 29 giugno alle ore 17.

Le foto sono di Lorenzo Gorini

Roberto Fiorentini


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