13 ottobre 2024

Gradito ritorno de Gli Archi di Cremona: esecuzione diligente e puntuale per un’orchestra che potrebbe dare di più

Grazie a una felice intuizione del direttore artistico dello STRADIVARI festival Roberto Codazzi, le matinées del Museo del Violino si trasformano occasionalmente da audizioni in “audizioni speciali”. Un upgrade molto apprezzato dal pubblico che è accorso numeroso all’esibizione del gruppo Gli Archi di Cremona. Un ensemble nato e tenuto a battesimo proprio al Museo del Violino nel 2021, per volere del violinista casalasco Giacomo Invernizzi, con l’intento di “creare un gruppo di soli archi, costituito da valenti professionisti, cremonesi di origine o di formazione. Un’orchestra da camera rappresentativa della città di Cremona, che colma il vuoto esistente in quella che è considerata la capitale mondiale della musica e della liuteria.”

Grandi obiettivi dunque, che si sono di fatto concretizzati in un bell’esordio ancora in occasione di una precedente edizione dello STRADIVARI festival e che abbiamo riascoltato oggi, a distanza di tre anni, diretti dal giovane Aram Khacheh, con un programma di facile presa, contenente due brani di repertorio tra i più gettonati di ogni orchestra d’archi, la Serenata di Edward Elgar e la Simple Symphony di Benjamin Britten, introdotti da una delle tredici Sinfonie per archi di Felix Mendelssohn, la n.5 in si b maggiore. 

Giacomo Invernizzi ha suonato per l’occasione lo Stradivari “Golden bell”, datato 1668, di proprietà della fondazione tedesca Alago Familienstiftung, presente nella collezione del Museo del Violino grazie al network Friends of Stradivari, salito agli onori delle cronache cremonesi proprio in questi giorni per la vicenda delle dimissioni del suo storico presidente, Paolo Bodini. In attesa di conoscere le sorti dei preziosi violini, che – ricordiamolo - si trovano in prestito a Cremona grazie alla generosità dei partecipanti internazionali alla rete, creata nel 2009 per volontà della fondazione Stradivari, abbiamo potuto gustare le sonorità morbide e intense del bellissimo strumento, restituite nei frammenti di assoli presenti nelle partiture eseguite.

L’orchestra ha affrontato la sinfonia iniziale, opera giovanile di Mendelssohn, evidenziando compattezza tra le sezioni, suono omogeneo e intonazione precisa. La ‘compresenza’ di veterani del mestiere a fare da “nave scuola” alle giovani leve, come ci ha raccontato il direttore artistico Roberto Codazzi a proposito del concerto introduttivo della rassegna, ha sicuramente influito sulla resa interpretativa del concerto. È una formula, questa, che rappresenta uno scambio proficuo tra generazioni, ma per funzionare ha bisogno di lavoro costante e meticoloso. Le singole individualità devono farsi da parte, e sollevare gli occhi dalla parte, per convergere in unitaria consapevolezza del fare musica insieme, nello spirito di una nobile e devota partecipazione all’ideazione espressiva dei testi musicali.  

Se questo non avviene l’interpretazione viaggia sui binari di una sostanziale correttezza e piacevolezza, ma all’insegna di una prudenza che può nuocere al libero fluire del discorso musicale.

Nell’avvicendarsi dei tempi della sinfonia l’equilibrio formale della scrittura è stato enunciato con chiarezza, grazie anche al gesto misurato del giovane direttore ospite, che ha guidato l’orchestra con gesti fluidi e poco invasivi.

Nella Serenata di Elgar, brano di esemplare raffinatezza e cantabilità, l’ensemble ha mostrato varietà dinamiche e grande pulizia di suono. La piacevolezza dell’Allegro iniziale è stata sostenuta da una encomiabile sezione di viole e bassi, che ha innestato un pilota automatico tale da far quasi risultare superflua la presenza del direttore, così come l’apprezzabile fila dei secondi violini, guidata con mano sicura da Antonio De Lorenzi, uno dei due cremonesi doc presenti a giustificare il nome, forse un po’ arbitrario vista la scarsa rappresentanza cremonese, dell’ensemble. Il Larghetto, che è celeberrimo per la melodia di intenso lirismo, ha purtroppo risentito di isolate iniziative personali che, in un gruppo dai numeri così ridotti, possono pregiudicare il risultato globale. Diteggiature disomogenee, punti d’arco non allineati e discordanti intenzioni timbriche (vibrato presente a macchia di leopardo), non hanno aiutato a rendere al meglio un brano che per la sua bellezza è veramente da pelle d’oca se eseguito lasciando scorrere liberamente il lirismo di cui è intriso.

Anche lo stacco del tempo dell’Allegretto, un po’ più tranquillo di quanto ci si sarebbe aspettati, ha lasciato qualche perplessità.

La Simple Symphony di Britten non ha bisogno di presentazioni: banco di prova e cavallo di battaglia di ogni orchestra d’archi che si rispetti, è un gioiello insuperato del repertorio. Gli Archi di Cremona hanno affrontato la prova con dedizione e impegno, ricavando un’esecuzione convincente ma che non ha osato. Come è noto Britten ha rimaneggiato temi di sue composizioni giovanili, desunti in parte da temi popolari, per elaborare questo potpourri trascinante e coinvolgente nel ricchissimo intreccio dei motivi semplici e incisivi. Il secondo tema del primo tempo, la Boisterous Bourrée, avrebbe richiesto più fuoco. Il Playful Pizzicato, che si esegue interamente posando l’arco e suonando le note con la mano destra, è stato staccato dal direttore a un tempo forse troppo veloce da sostenere, provocando qualche diffusa sporcatura e un andamento “nervous” piuttosto che “playful”.

Il tema della struggente Sentimental Sarabanda è stato proposto con un delicato e suggestivo suono fisso, privo di vibrato, ma ancora una volta la fila dei primi violini non è stata coesa nel rispettare le scelte interpretative del direttore, con una perdita di pathos evidente, che è stato recuperato nel farsi dello sviluppo melodico dalla morbida e ricercata resa sonora del resto dell’orchestra. 

Il pubblico ha gradito ed è stato ricompensato con due bis, estratti dal programma già eseguito.

Un gradito diversivo domenicale per un gruppo che può sicuramente dare molto alla città, investendo su una maggiore presenza sulle scene e una più costante stabilità dell’organico. 

Prossimo appuntamento, assolutamente da non perdere, Venerdì 18 Ottobre con la Camerata Bern; solista la carismatica violinista tedesca Antje Weithaas.

 

Angela Alessi


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