Grande festa per i 50 anni di carriera di Massimo Spigaroli, re della cucina gastrofluviale. Storia, ricordi e piatti unici tra il cremonese e Polesine
E’ stata una grande serata di festa quella che lunedì sera ha animato quella straordinaria “cattedrale” del gusto, dei saperi e dei sapori, che si estende tra le rive del Grande fiume ed abbraccia anche il territorio cremonese, ed è quella che vede uniti il ristorante “Al Cavallino Bianco”, l’Antica Corte Pallavicina e l’Hosteria del Maiale di Polesine, vale a dire il regno della famiglia Spigaroli. Luogo la cui storia si è sempre intrecciata, nel tempo, per ovvi motivi di vicinanza, col cremonese e nel quale sono passati, cresciuti ed hanno trovato lavoro tanti giovani cremonesi.
Ieri sera sono stati festeggiati i 65 anni del Cavallino Bianco, i 50 di carriera di Massimo Spigaroli ed i 15 anni dell’Antica Corte Pallavicina. Luogo, questo, che per altro è l’unica testimonianza integra e più che mai vivente della vecchia Polesine di San Vito, antico borgo “divorato” dal Grande fiume i cui resti oggi, in buona parte, sono conservati sulla riva del Po a Stagno Lombardo. Il palazzo delle Due Torri (così si chiamava l’odierna Antica Corte Pallavicina) era ridotta ad un rudere; ci sono voluti vent’anni di lavoro per sistemarla, restaurarla e portarla al suo antico splendore. Ma i fratelli Massimo e Luciano, con Antonia e Benedetta, ci sono riusciti. Quello è il luogo in cui il bisnonno degli Spigaroli diventò affittuario dopo essere stato a lungo mezzadro del maestro Giuseppe Verdi nell’immenso podere Piantador che si estendeva anche nel territorio di Stagno Lombardo. Qui il bisnonno degli Spigaroli, con la sua famiglia iniziò a lavorare facendo tesoro di tutti quei saperi e di quell’esperienza acquisita al Piantador, da dipendente del maestro Verdi. Allevavano maiali, polli, tacchini, oche, anatre e bachi da seta. Mungevano mucche, piantavano i pioppi, facevano fascine e crescevano i cocomeri, il grano, la melica, gli ortaggi. D’inverno facevano i salumi secondo le antiche usanze. Poi presero l’appalto per lo sgombero della neve dalle strade, si inventarono il traghetto sul Po verso il cremonese, iniziarono anche a fare blocchi di cemento.
“Quando finalmente siamo riusciti ad acquistarla, nel 1990, era quasi da rudere – ricordano Massimo e Luciano Spigaroli - l’unico intervento di restauro davvero sostanziale risaliva al 1550, alla fine del 1700 Maria Luigia duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla (nonché moglie di Napoleone) vi insediò la sua guardia di frontiera, i “Dragoni” a salvaguardia dei traffici fluviali allora fiorenti e abbassando le torri di un piano”. Dal 1850 la Corte fu suddivisa in piccole abitazioni e utilizzata da contadini, pescatori, carrettieri ed artigiani. Nessuno ci aveva più creduto, il Po si era spostato e se ne era impadronito: era rimasta dentro il fiume, che la inondava periodicamente. Quella cantine uniche dove i marchesi Pallavicino stagionavano i salumi sono ritornate a riempirsi di culatelli, la vecchia sala di stagionatura del formaggio ha ripreso la sua antica funzione, la ghiacciaia e la prigione sono riemerse dal fango e gli affreschi son tornati al loro splendore, i camini bruciano legna di pioppo e al primo piano le stanze calde e confortevoli sono pronte ad ospitare ospiti esigenti. Ma la storia non finisce certo qui. Nel 1920 la famiglia Spigaroli originaria di Polesine possedeva il traghetto e trasportava passeggeri e merci da una sponda all’altra del fiume. Poichè per passare con il traghetto il Po richiedeva parecchio tempo, vennero creati su entrambe le sponde del fiume, tra Polesine e Stagno Lombardo, locali di fortuna, costruiti con legno e lamiere per tenere al coperto i viaggiatori in attesa del traghetto. Attorno vennero piantati pioppi e gelsi le cui ombre in estate procuravano refrigerio ai passeggeri. Fu subito un Successo, arrivava gente non solo per passare il fiume (Polesine era di fatto passaggio obbligato per Cremona) ma anche per incontrarsi nelle due baracche osteria che venivano chiamate “Lido”. Si cominciarono a friggere anguille, carpe, tinche, ambolina, affettare buon culatello, salami, a produrre i primi gelati della zona. Venne poi costruita una pista da ballo in cemento dove d’estate arrivavano le orchestrine campagnole ad allietare le serate. In poco tempo la fama del “Lido” arrivò alle città vicine, durante l’estate arrivava gente con il tram a vapore da Parma, in bicicletta da Fidenza, altri con il calesse, anche da Cremona e dintorni, era un successo. Arrivò poi la guerra 1940/45 e le baracche osteria vennero occupate dai tedeschi a guardia del fiume. Gli uomini delle famiglia Spigaroli erano al fronte, il traghetto venne affondato e sembrava che tutto ormai fosse perso. Ma una tenace forza di volontà (riconosciuta a questa famiglia sempre intraprendente) li spronò a non desistere, risistemarono il vecchio “Lido” sulla sponda parmigiana e ricominciarono da capo. Tutto sembrava arridere finalmente a questa gente laboriosa quando nell’autunno del 1951 una spaventosa alluvione del Po distrusse ogni cosa. Nella primavera del 1952 venne di nuovo ricostruito il “Lido”, sempre in legno e lamiere, ma con una cucina a lato dove alla domenica venivano cucinati tortelli d’erbette (grande specialità della cucina parmigiana), pesci del Po, torte casalinghe e gelati. E da allora i turisti si fecero sempre più numerosi anche dalle città vicine, attratti dalla buona cucina degli Spigaroli e dalla vicinanza dei luoghi Verdiani. Intanto erano nati tre figli (Pierluigi, Massimo e Luciano); siamo nel 1960 e papà Marcello, la mamma Enrica la zia Emilia, cuoca eccellente, decidono di gettare le fondamenta in muratura attrezzando una vera e propria trattoria con alloggio. Non aveva ancora un nome; ci pensò il pittore Walter Madoi originario di Pieveottoville e amico di famiglia, affrescando il bar e la saletta ristorante con cavalli bianchi in corsa in giovani pioppeti lungo il Po e così venne battezzato “Al Cavallino Bianco”. Al quale, dopo i restauri, si è aggiunta appunto l’Antica Corte Pallavicina, inaugurata 15 anni fa; poi è arrivata l’Hosteria del Maiale e la storia continua così tutti i giorni, ogni giorno, sempre.
Per quanto riguarda i collegamenti via fiume, molto attiva è sempre stata la “linea” tra Stagno Lombardo e Polesine Parmense. La storia stessa conferma che uno degli ultimi porti rimasto in attività è stato quello che collegava appunto le due località. Qui erano attivi, soprattutto, Luigi e Dante Spigaroli, padre e figlio, per tutti semplicemente “Vigion”. Perché i soprannomi sono sempre stati in voga, in ogni tempo e, specie in passato, arrivavano talvolta ad avere più importanza, o comunque più notorietà, del nome ufficiale. Luigi Spigaroli era il nonno di Luciano e Massimo Spigaroli. Evidentemente l’eredità del nonno Luigi e dello zio Dante (quest’ultimo il traghettatore lo faceva di professione) si è incuneata profondamente (ed è bene che sia stato così) nelle vene e nella testa di Massimo e Luciano, che da anni portano avanti i saperi ereditari dai genitori, dai nonni, dagli zii: tutti legati, intimamente, al fiume. Dante, in particolare, nella sua professione si avvaleva della collaborazione, più che preziosa, di Marass: altro vero e proprio nome d’arte, al punto che praticamente nessuno ricorda come facesse di nome, ed è giusto così. A questa ulteriore mitica figura di fiume è legato un aneddoto davvero “gustoso”. Un giorno si presentò infatti, sul traghetto, un’auto di lusso che doveva essere trasportata a Stagno Lombardo. All’arrivo, quando l’autista scese per dare la mancia a “Marass”, questi nel vedere che a bordo dell’auto si trovava una bella donna chiese chi fosse. “Chi ela cla bela siura le?” domandò in rigoroso vernacolo (tradotto: “chi è quella bella signora lì?”) all’autista che subito gli rispose che si trattava della regina Margherita di Savoia. “Marass” a quel punto disse: “Cla’ scusa siura regina. Sa sava ch’l’era li a’m saress mess almeno li mudandi” (traduzione per chi non mastica il vernacolo: “Scusi signora regina, se sapevo che era lei mi sarei messo almeno le mutande”). “Cosi Marass, in una giornata torrida degli anni Venti, rivolgeva le sue scuse alla regina Margherita di Savoia, che doveva traghettare dall’altra parte. Marass, come tutti i barcaioli, portava una camicia lunga, una cinturetta di corda in vita, senza braghe e senza mutande, perché quelle lunghe dell’epoca gli avrebbero impedito la libertà dei movimenti, e la libertà, si sa, è condizione irrinunciabile per gli indigeni di qui. Anche se il vento faceva svolazzare la camicia, nessuno ci badava. Non si conosce la reazione della regina, ma la storia è vera. Una storia padana che l’acqua fece rimbalzare di bocca in bocca, di casa in casa, di paese in paese, una storia delle tante che rivelano lo spirito terragno e anarcoide, geniale e pazzoide della gente di Po”.
Storie nella storia, si potrebbe dire. Storia che prosegue ogni giorno, tra le rive del fiume, dove Massimo Spigaroli, chef stellato, da alcuni anni anche sindaco di Polesine Zibello, ideatore, “stratega” e iniziatore di tante iniziative che hanno fatto e fanno la fortuna del territorio, è arrivato appunto a tagliare il traguardo del mezzo secolo di cucina e porta continuamente avanti, tra le altre cose, la sua idea legata, come lui stesso la definisce, alla cucina gastrofluviale. Progetto, questo, già avviato, con l’idea di coinvolgere e legare, sempre di più, e sempre meglio, i diversi locali dell’una e dell’altra riva che legano la loro cucina, ed i loro prodotti, alle terre ed ai saperi del Po. Una sfida, questa, che coinvolge anche il territorio ed il locali cremonesi. La festa per i suoi 50 anni di carriera, unita ai 65 del Cavallino Bianco ed ai 15 dell’Antica Corte Pallavicina, ha richiamato numerose personalità, tra cui il grande chef ed imprenditore Alain Ducasse (che vanta qualcosa come 32 ristoranti in 9 Paesi del mondo, 17 stelle Michelin e più di duemila collaboratori), il giornalista, gastronomo e conduttore televisivo Edoardo Raspelli (spesso ospite di Cremona e dei suoi avanti) e tanti altri. Una festa nel corso della quale, attorno a Massimo Spigaroli e alla sua famiglia si sono stretti tanti suoi allievi. Perché in mezzo secolo di carriera ha formato centinaia di cuochi, camerieri, contadini ed imprenditori. Tra questi anche i cremonesi Simone Bonvini, attuale sous chef a Cà Barbieri di Levata e Michele Bosio, già allievo all’Iis “Luigi Einaudi” di Cremona e attuale chef dell’Hosteria del maiale. Ultima arrivata, del plotone cremonese, a casa Spigaroli, è la 25enne Alice Scotti, che vive a Cremona ed attraversa con entusiasmo il fiume per raggiungere le secolari mura del Relais, un luogo che ha imparato ad amare e dove lavora come receptionist. La giovane studia Scienze del Turismo, coltivando un sogno che si lega indissolubilmente alla sua più grande passione, i viaggi. Il suo cuore batte forte al pensiero di due mete che sogna di raggiungere: il Brasile, con la sua energia travolgente, e Panama, dove la aspettano parenti lontani e calde promesse di abbracci. “Questo lavoro mi affascina per le persone che incontro - racconta È incredibile scambiare esperienze con chi arriva da mondi lontanissimi, parlare inglese, spagnolo, e sentirmi dire un sincero ‘grazie’. È una ricompensa che riempie il cuore”. Tutti insieme, cremonesi e non, in un caloroso e grande abbraccio, si sono stretti attorno ad un emozionatissimo Massimo Spigaroli per dirgli, in coro, “Grazie”.
Eremita del Po
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti