17 marzo 2024

Il Cinema Zaccaria. La prossima settimana visita per le Giornate del Fai, i ricordi di un giovane zaccarino tra gli anni Sessanta e Settanta

«Mille volte benedetta, o dolcissima Maria…». Quando padre Antonio Ponzoni intonava tutto compreso questo canto, era ormai fatta, si era proprio al termine. Nella cappella dell’Oratorio, situata al primo piano del convento dei padri Barnabiti, la domenica pomeriggio alle ore 15:30 si teneva “la funzione”, così veniva chiamata, vale a dire la benedizione eucaristica per tutti i ragazzi dell’oratorio di San Luca. Io andavo con i miei fratelli ed ero un bambino che ancora restava confuso da quelle parole che in alcuni momenti del rito mi sfuggivano e non riuscivo mai a ripetere. Col latino infatti ci avrei litigato con maggiore consapevolezza più avanti negli anni; a quel tempo, con molti altri, mi limitavo ad ascoltare e a biascicare frammenti di Tantum ergo o di Salve regina, frequentemente in libero adattamento e assimilazione all’italiano. 

Padre Ponzoni era il confessore istituzionale dell’Oratorio; per decenni al sabato pomeriggio ha lasciato il suo tradizionale confessionale in chiesa e si è trasferito in uno di quelli collocati prima della sacrestia per guidare generazioni di bambini e di ragazzi ai primi passi nell’ascolto della loro coscienza. Quando nella benedizione domenicale attaccava con la ripetizione finale del ritornello “O Maria consolatrice”, s’infervorava particolarmente lungo quella scala ascendente che culminava con la nota da lui protratta enfaticamente sul “noi”. E con lui tutti quanti, ma con trasporto ben più prosaico: subito dopo, quando la melodia avrebbe trovato riposo su “t’offriamo i nostri cuor”, egli avrebbe fatto la genuflessione e se ne sarebbe tornato in sacrestia coi due chierichetti che lo assistevano. Al che, una parte dei presenti sarebbe uscita alla spicciolata dai banchi e, abbozzata un’irriconoscibile genuflessione, si sarebbe precipitata all’uscita della Cappella perché lì, giù dai tre gradini, ci sarebbe stato ad attenderli il fido Mauro Leoni. Era uno dei “grandi” che vendeva con la necessaria autorevolezza i biglietti per il  film ad una banda di ragazzetti che gli si accalcava attorno brontolando o spintonando per guadagnarsi la precedenza.

Al Cinema Zaccaria il primo spettacolo cominciava infatti alle 16, il che rendeva le operazioni di compravendita piuttosto frenetiche perché, terminata la funzione, si era sul filo del rasoio quanto ai tempi che separavano dall’inizio della proiezione. Conquistato ed acquistato il biglietto al prezzo di favore per i ragazzi dell’Oratorio di 80 lire, si percorreva di corsa quella ventina di metri di inceratissimo corridoio in leggera discesa che conduceva alla scaletta di accesso alla terrazza del cinema. Da lì si sarebbe potuto raggiungere l’atrio e la sala del cinema, ma ai ragazzi dell’oratorio non era permesso, non solo per via dello sconto ma soprattutto per il disturbo che avrebbe arrecato il ripetuto ingresso di agitati gruppetti a proiezione ormai avviata. Pertanto, una volta raggiunta la terrazza, il traffico veniva deviato su una ripida scala esposta all’aperto che portava alla “galleria” del cinema, posta proprio al di sotto della cabina di proiezione. La sistemazione di questo palchetto che teneva tutta la dimensione della sala, era piuttosto rustica, con la collocazione alcune file di panche in legno disposte su una gradinata. 

In quel recinto saggiamente isolato dalla platea, data la vivacità un po’ selvatica dei suoi giovanissimi frequentatori, tra apprensivi silenzi, grasse risate, grida di incitamento, delusioni collettive, commenti spassosi ho visto buona parte dei “filmoni” che circolavano nel passaggio dagli anni Sessanta ai Settanta: i grandi western americani, ma anche quelli del filone italiano, allora di grande successo, i film comici con Luis de Funes, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e più avanti con Bud Spencer e Terence Hill, i film musicali con Gianni Morandi, Al Bano e Romina Power e tanti altri cantanti in voga all’epoca, i film di guerra, i polizieschi italiani… Sopra di noi, in cabina, l’operatore era “Mattonella”, anzi “Madunéla”, che abitava in via Garibotti, vicino alla Chiesa di Sant’Ilario. Mi pare di ricordare si chiamasse Giuseppe Speroni, assiduo frequentatore del bar dell’Oratorio e dei suoi bianchini. La dose veniva integrata in qualche altro bar una volta uscito (e in qualche occasione non senza difficoltà) da San Luca. A volte, difettando di lucidità, proponeva al pubblico in sala i suoi peraltro risaputi difetti di proiezione, il fuori fuoco e il fuori quadro. Ma dalla platea e dalla nostra aristocratica galleria partiva prontamente a squarciagola una raffica di richiami: «Madunéla, el quàader!!!», compendiati da ulteriori indicazioni di irripetibile eleganza.

La platea era dotata di sedili in legno con la seduta ribaltabile ed era suddivisa in due settori da un divisorio in legno che la attraversava per intero bloccando il corridoio centrale e consentendo il passaggio solo lungo i due corridoi laterali; era la distinzione tra i primi e i secondi posti. Si trattava di un adattamento di una sala nata invece come teatro. Dietro il tendaggio in velluto rosso che faceva da sfondo allo schermo, c’era infatti un ampio palcoscenico in legno attrezzato con quinte, argani e magnifici scenari. Veniva usato per le commedie rappresentate dalla compagnia teatrale che nella storia dell’Oratorio sviluppò una pregevole tradizione di portata cittadina fin dal suo nascere negli anni ’20. Dalle sue fila negli anni ’60 uscirono alcuni tra i fondatori del GST, il Gruppo di Studio di Teatro; tra essi non si può non menzionare l’indimenticabile Flores Fracassi. Ai miei tempi il teatro funzionava soprattutto in occasione dell’8 dicembre, festa dell’Oratorio di San Luca, dedicato appunto all’Immacolata; ho ancora vivi ricordi di quei lunghi e bellissimi pomeriggi trascorsi in teatro con una sala gremitissima di ragazzi e genitori. 

Ma la particolarità del Cinema Zaccaria stava senza dubbio nel suo accesso. Una imponente scalinata a due rampe con una copertura sostenuta da colonne in pietra si sviluppava di fronte al bugigattolo della biglietteria e toglieva il fiato in tutti i sensi. Ma lo spassoso padre Natalino Molteni, per anni superiore della comunità dei Padri, aveva una sua strategia di approccio che difendeva ad ogni nostra bonaria derisione: saliva con ampi zig zag da una balaustra all’altra della scala sostenendo che in questo modo si facesse meno fatica. Comunque rosso come un peperone, saliva a passo cadenzato come su un sentiero di montagna, tenendo raccolta su un fianco con una mano la nera veste barnabitica e serrando in una guancia il suo immancabile Chupa Chups, verso il quale, dopo molteplici fluttuazioni di pronuncia, si era alfine e con soddisfazione stabilizzato nell’identificarlo come “sciopasció”. Il che contribuì inevitabilmente e simpaticamente nell’essere indicato da tutti gli zaccarini come padre Sciopasció.

A parte la programmazione e i rapporti con la SIAE, la gestione concreta della sala era in gran parte affidata ai ragazzi grandicelli, guidati da altri ancora più grandi, a loro volta coordinati dal padre Assistente, come veniva chiamato il responsabile dell’Oratorio. Ci si occupava anzitutto delle locandine del film da esporre ad inizio settimana; con la graffatrice a pistola si fissavano, su una grande asse in legno tagliata in misura, i due fogli in cui era suddiviso il cartellone principale. Veniva appeso ad una sbarra piantata tra i mattoni della nicchia ricavata nell’ultima lesena della facciata della chiesa, proprio contigua all’ingresso dell’oratorio. È ancora là, e chi la smuove più? La locandina più piccola era invece graffettata su un espositore in legno verniciato e dotato di uno sportello con grata in rete metallica che veniva chiusa a chiave. Era stabilmente fisso proprio all’angolo della piazzetta dove c’era lo storico negozio di vimini di Poli, il cui figlio, manco a dirlo, era uno zaccarino. Sul quotidiano La Provincia, comunque, la programmazione del cinema Zaccaria compariva con pari dignità insieme a quella del Politeama, dell’Italia, del Roxy, del Padus e del Supercinema.

Ero arrivato in oratorio al tempo di padre Landoni, mi ci portava mia nonna Paolina che voleva che i suoi nipoti, al pari dei suoi tre figli maschi, andassero all’Oratorio dei padri “Bernabiti”. Ma ero proprio un bambinetto, per cui fui ritenuto abile per entrare in azione nel periodo di padre Luigi Villa, che succedette a padre Luciano quando egli partì missionario per il Congo. Cominciai come venditore. C’erano due squadre con compiti distinti di vendita, prima della proiezione e nell’intervallo. Quella fissa dietro ai tavoli collocati sul lato destro dello spazio tra la prima fila e lo schermo rimaneva in attesa dei clienti. Quella mobile, invece, andava a cercarli girando per la sala con una cassetta in legno sostenuta da una cinghia portata sul collo e suddivisa in scompartimenti entro i quali era collocate le diverse tipologie di prodotti da piazzare. Vendevamo le patatine e i pop corn a 50 lire il sacchetto, 30 lire era il costo delle bibite, tutte in bottigliette di vetro che dovevamo aprire col cavatappi. E poi caramelle Charms e gigiulìin di ogni tipo; richiestissime erano le stringhe di liquirizia nera, ma poi comparvero anche quelle rosse e poi anche di altri colori. Le vendevamo a 5 lire l’una, gli si mordevano le due estremità ed ecco che, essendo vuote all’interno erano pronte per essere utilizzate come cannuccia per le bibite. Nei 15 minuti di intervallo lavoravamo come matti e ci sedevamo per il secondo tempo che eravamo stracotti. Mio padre dava a me e ai miei tre fratelli 100 lire di paghetta domenicale; con una gazzosa, due stringhe (perché i duri bevevano “in stereo”) e un sacchetto di patatine ero bell’e che alla canna del gas.

Ma in seguito passai anche alla vendita dei biglietti nell’angusto stanzino alla base dello scalone. Si era sempre in coppia. Alla domenica, oltre che allo spettacolo delle 16, c’erano quelli delle 18 e delle 20, quest’ultimo però è per me sempre stato fuori concessione familiare. Veniva gente di ogni tipo, famiglie, coppiette, piccoli gruppi di ragazzi, anche i militari, spesso da soli. Per loro c’era lo sconto.

Nel Cinema Zaccaria si tenevano anche cicli di cineforum cittadini, che nei primi anni ‘70 andavano tremendamente di moda. In quegli anni il cinema venne completamente rimodernato, facendo scempio, purtroppo, di tutto l’apparato e le strutture teatrali. Io ero ormai alle superiori e potevo ottenere il permesso di uscita post cena. Il nuovo Assistente dell’Oratorio, padre Gianni Gasparelli, insisteva perchè il nostro gruppo di giovani partecipasse al ciclo annualmente organizzato dal padre barnabita Tommaso Bonfanti, del Centro Cattolico Cinematografico. E noi ci andavamo. Bonfanti veniva da Milano e in quelle settimane invernali proponeva delle autentiche “palate” di film; eppure noi li seguivamo con inspiegabile attenzione e interesse, compreso il dibattito conclusivo. Davvero ancora mi chiedo come sia stato possibile che un anno un gruppo di quindicenni e sedicenni si sia sorbito senza batter ciglio tutto un ciclo di film di Andrej Tarkowskij. Ma si verificò una circostanza davvero singolare ogni venerdì sera per tutto quel mese di febbraio: usciti dal cinema trovavamo sistematicamente la piazzetta imbiancata da una corposa nevicata che poi durava per tutta la notte, consegnando abbondante materiale bellico per le crude battaglie studentesche del successivo sabato mattina. Ma noi, a San Luca, in quelle battaglie ci eravamo spontaneamente infradiciati in anticipo, da subito, come per purificarci da ogni eccesso d’intellettualismo, e ripristinare immediatamente un’intaccata normalità. Con buona pace di Tarkowskij. 

Nelle foto l'accesso al cinema dallo scalone e la nicchia con il chiodo dove venivano appese le locandine dei cinema

Maurizio Cariani


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commenti


harry

17 marzo 2024 07:45

Nei primi anni sessanta ricordo alcune domeniche pomeriggio passate al Zaccaria e mi sembra di ricordare i film di Maciste.

Marco Tanzi

17 marzo 2024 08:50

Mi emoziona il ricordo di Maurizio Cariani, che investe dieci anni della mia infanzia e adolescenza, dai 4 ai 14, con due grandi figure di sacerdoti come Padre Landoni e Padre Villa. Grazie alle "gare di catechismo" (avevo una memoria prodigiosa, tanto che se mi fanno una domanda, nella maggior parte dei casi l'azzecco ancora) vincevo il "Primo premio con lode": un diploma e una medaglia che finivano nel cassetto, e soprattutto l'abbonamento gratuito per tutta la stagione del cinema. San Luca e i "bernabiti" sono stati una parte fondamentale della mia formazione alla vita.

Massimo

17 marzo 2024 09:16

Io, valligiano del nord lombardo per non dire quasi Svizzero, ho passato tre bellissimi anni della mia vita in quel di Cremona ed in particolare nei locali all'interno di quel cancello in foto che, alla vista, ancora mi riempie di emozione. Non ho mai varcato la porta del cinema Zaccaria (nel fine settimana si tornava in valle) ma ricordo con affetto e stima, tanta stima, la piccola comunità (ragazzini e adulti) che mi hanno accolto come fossi davvero uno di loro. Nei paesi di montagna le persone sono mentalmente meno aperte rispetto ai "cittadini" e peccano un poco di convivialità con gli "stranieri". Ne è derivata la mia comprensibile sorpresa nel percepire quell'mmediata integrazione. Una citazione particolare va a Padre Gasparelli col quale mi ero più volte soffermato a disquisire sulle varie tematiche della vita. Con i 4 fratelli Cariani poi, Paolo in particolare essendo anche compagno di studi, ho instaurato un legame particolare che ancora oggi (sono passati 44 anni) perdura. Saranno state le parole del prete, saranno stati gli amici dell'oratorio o forse solo la con "giuntura astrale" del periodo, sta di fatto che sempre sarò grato per quei magnifici tre anni trascorsi in quel luogo.
Massimo

Fabio (Capo)

17 marzo 2024 12:53

Io ho vissuto tutti gli anni di giovinezza e di adolescenza insieme al caro amico Mau con cui abbiamo condiviso tutto, anche con tutti gli amici di quella fortunata generazione degli anni 60 70 e anche un po' di 80. Ricordo anche che, per tutti noi, c'era anche la vacanza estiva a Campo Franscia che per tutti noi era come essere a Cortina o Courmayeur o a Cervinia. Quella esperienza ci ha formato molto più di ogni altra che avremmo potuto immaginare.

Francesco Capodieci

17 marzo 2024 21:04

Mi stupisce che Maurizio Cariani, autore del volume "Il Circolo Zaccaria 1988-2011", non abbia neppure accennato, in questo bell'articolo, alla ricostituzione del Circolo, avvenuta nel 1988 su iniziativa di un gruppo di "zaccarini" storici, guidati dal prof. Piervincenzo Gabbani. Per oltre venti anni il rinnovato sodalizio di San Luca si mantenne in vita svolgendo diverse attività - incontri formativi mensili su tematiche socio-politiche o religiose, visite guidate, gite sociali e pellegrinaggi - ben documentate dal periodico "Il Ventino"; senza dimenticare il consistente contributo economico al progetto "Scuola di pace", attuato in Afghanistan dai Padri Barnabiti. Il continuo calo dei soci, ormai quasi tutti anziani, determinerà nel 2012 la chiusura definitiva del glorioso Circolo Zaccaria, una lunga e significativa presenza nel variegato mondo dell'associazionismo cattolico cremonese.

Michele de Crecchio

18 marzo 2024 00:23

Ritengo inutile aggiungere anche le mie personali memorie al simpatico ricordo che già Cariani ha fatto del particolare mondo che gravava attorno al cinema-teatro Zaccaria costruito dai Padri Barnabiti ad integrazione
del loro complesso educativo di San Luca. In argomento esistono peraltro già ben due informatissimi e ben scritti volumi: il testo base scritto dalla Regis e l'integrazione fattane, una decina di anni dopo, dallo stesso Cariani.
A chi volesse, in qualche modo, rivivere la particolare atmosfera dei cinemini di un tempo, consiglio di rivedere il formidabile film "Nuovo Cinema Paradiso" (regista Tornatore, mi pare), uscito non moltissimi anni orsono.
Di contro, temo che ben poco sia stato sinora scritto, a Cremona, a proposito del progettista dell'edificio (il tardo eclettico e non abilissimo Arborio Mella), salvo le poche righe riservategli dal compianto mons. Franco Voltini. Spero pertanto che la visita organizzata dal FAI mi consenta di saperne di più.

Maurizio Cariani

18 marzo 2024 23:00

Mi permetto di correggere la svista dell’amico De Crecchio. Il primo magnifico volume della storia del Circolo Zaccaria è stato redatto dalla vivace penna di Giovanna Maris.

Manuela mancosu

18 marzo 2024 19:31

Ho passato gli anni dell’adolescenza al circolo Zaccaria e anch’io ho partecipato ai cineforum e alla vendita dei biglietti del cinema , quanti ricordi ! Ma il mio ricordo più struggente va a padre Gasparelli che purtroppo ci ha lasciato troppo presto ! Per noi è stata una guida molto importante.

Daniele Poli

19 marzo 2024 20:03

Ho vissuto la mia giovinezza praticamente nell'oratorio, visto che abitavo a 3 metri dall'ingresso. Padre Landoni padre Villa padre Ponzoni ,il mio confessore preferito, me la cavavo al massimo con tre ave marie. Sono tre educatori eccezionali. Poi il cinema. Ho fatto di tutto. Il bigliettaio il venditore di stringhe e patatine e infine promosso in sala proiezione. Per non parlare del teatro con il grande Flores Fracassi. Poi fratel Tobia che realizzò il restauro completo del cinema teatro. Ma poi chiuso definitivamente per mancanza di uscite di sicurezza a norma . Gli anni 60 e 70 sono stati a mia memoria indimenticabili. Ci sarebbero da raccontare mille storie ma mi fermo qui. Ciao a tutti