Il fondotinta "Cremona" che piaceva alle donne danesi d'inizio '900 e quelle porcellane "Cremona" nel museo di Gustavberg
Esistono infiniti modi per fare una dedica a qualcuno. Negli anni '80 era usanza chiamare una radio locale e, vincendo la timidezza, parlare con un addetto per lanciare nell'etere una piccola frase insieme ad una canzone. Un piccolo momento che doveva rappresentare il piatto forte di una dedica nella speranza, o con la convinzione, che quei pochi secondi venissero condivisi anche dal destinatario del messaggio. Nel 2023 una dedica è solo una questione di fantasia o possibilità, se già nel secolo scorso erano innumerevoli le possibilità per rendere un tributo a qualcuno o a qualcosa, nel nord Europa, a cavallo tra le due guerre, una dedica doveva essere qualcosa di piacevole ed utile allo stesso tempo, ma spesso anche di duraturo. La storia che proveremo a raccontare oggi raccoglie due dediche che un secolo fa erano teoricamente distanti ma che, da qualche lustro, sono collegate dal ponte di Oresund. La profumeria Noma aveva sede in Danimarca, nella capitale Copenaghen, e aveva tutte le caratteristiche per incontrare i gusti dei clienti, sia in materia di profumi che di prodotti per il trucco.
La Prima guerra Mondiale era appena finita, anche il paese che si prolunga verso il mare del Nord aveva bisogno di tornare a quella tranquillità che cercavano un po' tutti. Nelle vetrine del centro cominciò a fare capolino la città di Cremona, perché la rinomata profumeria di allora, tanto conosciuta sia per le fragranze che per il design dei suoi contenitori, cominciò ad esporre due confezioni di prodotti con il nome della città italiana. Cremona ai tempi era una sorta di meta conosciuta sia per i violini ma, soprattutto, anche per quel colore del cotto e dei coppi sui tetti che riusciva a dare un enorme piacere alla vista e alla più acuta sete di storia. Se le fragranze dedicate alla città del Torrazzo cominciavano a farsi notare sopratutto oltreoceano la Noma di Copenaghen decise di rendere omaggio ai violini e al cotto cremonese con due tipologie di fondotinta per le numerose clienti. Con due confezioni eleganti ma studiate in maniera ben differente le signore avrebbero potuto scegliere tra due colori Cremona diversi, uno leggermente più scuro che doveva ricordare i violini tanto famosi in tutto il mondo, l'altro con una colorazione più chiara che avrebbe riportato quella sfumature, altrettanto famose, dei mattoni color cotto. Una particolare e quanto mai apprezzabile visione di una città che era distante centinaia di chilometri dalle vetrine della profumeria Noma, città che veniva presentata con una confezione più formale bianca e marrone, con tre strisce che dovevano ricordare le quattro corde di un violino, per quel colore più scuro che avrebbe richiamato la liuteria. Le clienti più esigenti avrebbero avuto quindi la possibilità di scegliere un colore più chiaro, grazie al vasetto ricoperto con quella elegante carta che richiamava la reale colorazione del fondotinta quasi senza la necessità di aprire la scatola per confrontare le tonalità di vari prodotti. Le due linee si rivelarono un successo enorme tanto da finire nel Museo della Cultura danese, perché davano alle clienti una opportunità notevole; in base alla stagione più o meno soleggiata avrebbero trovato il colore più adatto alla loro epidermide indossando comunque la linea Cremona.
Attraversiamo il ponte di Oresund e, con qualche ora di macchina, arriviamo nella zona più esterna dell'area di Stoccolma, precisamente a Gustavberg. La macchina la parcheggiamo direttamente davanti al Museo Svedese della porcellana il quale, edificato sulla punta di un lembo di terra circondato dall'acqua, offre ai visitatori la storia secolare dell'artigianato svedese in materia di porcellana. La Gustavberg AB non era una semplice azienda di porcellane ma, dal 1826, era il sinonimo della eleganza svedese nei piatti di portata, settore produttivo che richiamava l'intera città sia nella produzione di piatti, brocche o terrine che in qualità di attività legate all'indotto. All'inizio degli anni '20 la Gustavberg AB decise di chiamare uno dei più famosi disegnatori svedesi, Wilhelm Kage, per dare origine a nuove linee di prodotto che comprendessero tutte le tipologie di piatti possibili. Il design di Kage doveva essere riconoscibile e delicato, per mantenere la tradizione di porcellane di prestigio che la Gustavberg AB produceva ormai da un secolo. Kage decise di chiamare una linea di prodotti Cremona, per omaggiare una città dai profili gentili e senza stonature e dai colori unici. Sui piatti sarebbe comparsa una felce incrociata con un fiore, mentre il logo diventava ben identificabile per chiarire una sorta di “rinascita” delle porcellane prodotte su quel lembo di terra. Su ogni pezzo compariva il nome dell'azienda accompagnato dalla famosa ancora che racchiudeva la secolare storia della Gustavberg, sotto al logo la scritta Cremona avrebbe identificato la linea di prodotto dedicata alla città del Torrazzo, non erano necessarie altre spiegazioni, Kage non ne avrebbe offerte. In quel museo oggi è possibile trovare i vari prodotti che compongono la linea Cremona, ma quella storia secolare finì, senza alcun preavviso, con la liquidazione della Gustaberg AB a metà degli anni '90, fatto che gettò l'intera cittadina nel panico, così come finirono le bellissime e timidissime dediche via radio degli anni '80.
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