25 maggio 2024

Il mistero delle incisioni sulle mire di avvistamento del Torrazzo e il sistema di difesa della città. Le mappe di Giulio Grimozzi, "Magister del Torrazzo"

E' molto raro che in una singola persona, seppur di rigoroso studio, si uniscano più profili di conoscenza e competenze. Nel caso del 'Magister del Torrazzo' ci troviamo di fronte non solo a un conoscitore di aridi documenti e pergamene, ma a un'artista, artigiano e estimatore della materia di cui sono fatti i beni culturali, progettista e soprattutto topografo. E' questo e molto altro ancora l'87enne geometra Giulio Grimozzi, uno dei protagonisti viventi più importanti della cultura cremonese. Fresco realizzatore con la sua associazione 'Centro studi laboratorio del cotto' (laboratoriodelcotto.wordpress.comlaboratoriodelcotto7@gmail.com, sede in Largo donatori del tempo scuola Anna Frank) della interessante mostra sulle sculture del Duomo di Cremona, su calchi da lui realizzati con delle gomme speciali realizzati nel 1989 su autorizzazione della Soprintendenza in occasione dei lavori di ristrutturazione della facciata. L'occasione di conoscerlo è ancora più preziosa in quanto sono rimasti inediti tutti i suoi lavori, un tesoro di bibliografia che aspetta solo di essere divulgato ai cremonesi.

Intervistare il magister è come calarsi nelle più profonde radici della storia cremonese, così che una chiacchierata che non doveva durare che 10 minuti si è protratta per un'ora tra i misteri della fondazione del Torrazzo e la città del vescovo, per scoprire la 'vera' facciata del Duomo su largo Boccaccino e salire sulle mensole in marmo di botticino della prima torre cremonese quella di avvistamento alta poco più di 70 metri, edificata decine d'anni prima dell'attuale, su una più antica affacciata sull'orlo orientale del terrazzo fluviale della fondazione della città. 

Nonostante sia stata scavata sino a -8 m dal piano di calpestio attuale, e l'enorme peso che dovrebbe essere sostenuto da una piattaforma di fondazione di almeno 30mx30m, nessuno ha mai intercettato le fondamenta del torrazzo, che si presenta come una sorta di palificazione di mattoni dentro la sabbia. Quattro milioni di mattoni, costruita da più generazioni di cremonesi, anche se la data di fondazione della torre è sconosciuta. E' nel cuore del simbolo della città che nel 1984 in occasione del restauro dell'orologio astronomico, Grimozzi viene chiamato a dirimere un dilemma che si ritrovano a trattare i restauratori. Le lastre di marmo della torre del X secolo, un massiccio torrione di avvistamento che verrà rialzato e munito dell'attuale ghirlandina a fine Duecento, conservano delle scritte illeggibili. E delle linee a raggiera che sembrano indicare dei punti di avvistamento sul territorio sotto il controllo di Cremona. Molto diverso dall'attuale provincia e che comprende località legate da sempre a Cremona ma oggi ricomprese nel lodigiano, nella bassa bresciana e nell'Oltrepò Cremonese oggi ricompreso tra le provincie di Parma e Piacenza ma sino al 1700 di proprietà della diocesi e delle famiglie nobiliari cremonesi. Le località presenti sulle lastre di marmo del Torrazzo, oggi indicate da delle targhe metalliche, comprendono cuirosamente quelle comunità longobarde cremonesi studiate lungamente dal Gualazzini nelle sue ricerche, stanziatesi nell'attuale provincia di Parma tra Polesine, Zibello, Soarza, Villanova d'Arda e Pieve Ottoville.

Decine di segni, nomi, lettere molte delle quali abrase dal tempo: la mappa di difesa della città e le torri di avvistamento del suo contado di qua e al di là dal Po, per secoli. Sono le mire, i segni da dove dirigere l'osservazione per chi aveva il compito di sorvegliare il territorio e lanciare l'allarme in caso di attacco, "Un'eventualità che studiando la storia di Cremona del Campi ho annotato con una media di circa due anni. Cremona era una città potentissima e sempre in guerra coi vicini", spiega Grimozzi, "Ai tempi di Federico II, l'imperatore che era di casa a Cremona, la storica nemica di Cremona, Milano aveva 16.000 abitanti mentre Cremona arrivava a 60.000. "Cremona in quei secoli si ergeva a baluardo sul Po, circondata da decine di nemici bramosi di sottrarle la sua fonte di ricchezza, il commercio. Si hanno notizie di mercanti che dalla Scandinavia giungevano a Cremona per comprare i broccati e i tessuti di lino", esordisce Grimozzi. "Così, servendomi di un goniometro costruito per l'occasione, visto che la ghirlanda costruita a fine del Duecento aveva chiuso la vista che si poteva ammirare nell'alto medioevo, ho riprodotto fedelmente i nomi dei paesi delle 'mire': i punti di riferimento di un grandioso sistema difensivo che utilizzava specchi e altri strumenti, che poteva essere attivo già dall'età romana e alto medioevale".

"Il territorio intorno alla città, infatti, solo in tempi recenti è diventato 'pelato' (senza alberature), come lo vediamo noi oggi. Sino almeno alla prima metà dell'ottocento boschi e piante che superavano i 40 metri di altezza nascondevano i movimenti delle truppe nemiche. Dal Torrazzo partivano una serie di punti di avvistamento, torri, poi campanili, diffusi su tutto il territorio sia cremonese che fuori dalla giurisdizione dei suoi confini, utili in caso di attacco."

I nomi che i nostri milites avevano inciso sul marmo del primitivo Torrazzo sono gli stessi che conosciamo dalle cronache ma con qualche sorpresa. Alle nemiche Placensa, Crema e Brisia si aggiungono località cremonesi dell'Oltrepò oggi in provincia di Piacenza e Parma (l'antico confine di Cremona era sul Taro) come Pieve Ottoville e Polesine (plebs Aldes Villarum, stanziamenti di longobardi cremonesi al di là del Po) a ulteriore riprova del controllo cremonese di entrambe le sponde del fiume. E poi ancora le cave di Botticino, Rumanengo e Soresina, Seniga Gambara e Ostiano, Pice  e Castel Lione. San Rocco al Porto, Castelnuovo Bocca d'Adda e Caselle Landi, oggi parte della provincia di Lodi ma storicamente afferenti a Cremona, e poi ancora Zibello, Soarza, Villanova, San Giuliano oggi piacentino, Soarza, Pieve San Jacobi e Borgolieto (Burgis Letorum) di Gussola il punto più orientale (40 km) in cui è attestata storicamente una torre, oggi inglobata nel palazzo Ala Ponzone.

Località che formavano una sorta di corona difensiva di Cremona in diretto collegamento con la città attraverso segnalazioni e simboli che potevano comprendere anche l'accensione di cataste di legna, fumo e fuochi notturni. 2040 anni dopo la sua fondazione, più ci si addentra nella sua storia, più se ne percorrono a piedi le strade che sovrastano le centuriazioni romane, più si percorrono i sentieri rimasti allineati a campanili e pievi per millenni, più emerge il grandioso disegno della colonia di Roma, più se ne comprendono a fondo le caratteristiche strategiche e militari alla base della sua longevità.

Cremona, un tesoro di cultura e civiltà che non smette di stupirci. Il professore non ha trascritto in digitale, né pubblicato alcuno dei suoi esimi studi. Come salvaguardarli per lasciarle in testamento a nuove generazioni di studiosi e appassionati di storia di Cremona che possano contribuire a diffondere e renderne immortale la storia?

Le foto delle mire e del Torrazzo sono tutte di Antonio Leoni, quella di Giulio Grimozzi è di "Riflessi Magazine", 

Stefo Mansi


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commenti


Primo Luigi Pistoni

25 maggio 2024 08:50

Stupendo !!!

Anna L Maramotti Politi

25 maggio 2024 23:51

Ecco perché Cremona non è semplice città, ma capoluogo di provincia. Questo ruolo oggi deve recuperarlo perché l'identità della Città è strettamente connessa al suo territorio .